martedì 3 dicembre 2024

Bar Giuseppe – Giulio Base

Ivano Marescotti è un barista, vedovo con due figli.

è un tipo silenzioso e triste, fino a che inizia a ospitare una ragazza africana, che lavora al bar, e poi la sposa.

intanto la sposa aspetta un bambino, senza precedenti rapporti sessuali, una storia già letta, no?

non consigliato a chi ama il ritmo dei film di Tarantino o dei fratelli Safdie.

non è un capolavoro, ma merita...

buona (giuseppina) visione - Ismaele


 

 

QUI si può vedere il film completo, su Raiplay

 

 

…Migrante da poco arrivata in Italia – i suoi genitori sono stati uccisi dal Governo ed è riuscita a compiere il “viaggio della speranza” grazie ai genitori adottivi – Bikira è una giovane con grande forza e grande bontà d’animo. Una ragazza di una bellezza pura, senza filtri, con un sorriso che nasconde un passato di difficoltà ed un presente ricco di speranza. Il primo incontro con Giuseppe è a dir poco intenso: nonostante il suo essere silenzioso, Bikira riesce a vedere in lui un mondo.

Nonostante l’apparente distanza, Giuseppe e Bikira si comprendono e si amano di un amore puro: loro dimostrano che con il sentimento più forte che esista è possibile superare tanti ostacoli è possibile mettere da parte diversità razziali, generazionali, di classe e quant’altro. Il fulcro di Bar Giuseppe è certamente l’accettazione dell’altro: il film è ambientato ai giorni nostri e si svolge in un momento particolare della storia dell’umanità, con il dramma dei migranti vissuto quotidianamente.

Negli ultimi anni la catastrofe umanitaria è degenerata esponenzialmente, con il Paese che sembra incapace di aprire le braccia a gente in difficoltà che fugge da stati di miseria. Bikira è una giovane africana sbarcata da poco, una profuga come lo sono stati Giuseppe e Maria. Cosa non ci consente di scavalcare i muri, fisici e non? Perché non riusciamo a mettere da parte le differenze razziali e generazionali così da abbracciare la fratellanza? Bar Giuseppe non vuole dare un giudizio politico, Giulio Base sembra piuttosto intenzionato a spingere lo spettatore a porsi delle domande.

La sceneggiatura di Bar Giuseppe rispecchia il suo protagonista, è semplice e volutamente scarna: il lavoro di sottrazione riesce infatti a far crescere esponenzialmente l’intensità del film. La regia è variegata, con un occhio di riguardo per droni e movimenti di macchina. E – ancora – Base dimostra una particolare attenzione per i campi lunghi, una sorta di sguardo divino, nonché per i dettagli particolari ed i tagli dell’immagine.

Bar Giuseppe è certamente un film ardimentoso, delicato e tremendamente attuale. Una storia che ha diverse possibilità di lettura e che non è “riservata” solo ai credenti: è un’opera dalla grande sensibilità umanistica – pregio raro.

da qui

 

Base rivisita in chiave moderna e sconcertantemente verosimile la storia della Sacra Famiglia: di certo la giovane Bikira (che, non a caso, in lingua swahili significa "vergine") non si ritrova incinta per grazia divina, ma il fatto che neghi il tradimento lascia pensare a qualcosa di terrificante dietro (se davvero si vuol credere alla sua buona fede) e il finale sembra confermare questa teoria. Marescotti davvero bravo nel suo essere espressivo pur restandosene spesso in silenzio, stile narrativo instabile (procede ora lentamente, ora frettolosamente). Comunque, non male.

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lunedì 2 dicembre 2024

Piccole cose come queste - Tim Mielants

sapevamo di quelle diavolesse travestite da suore, abusavano delle ragazze e dei loro bambini, se nascevano vivi, suore aguzzine per un secolo, fino all'altro giorno.

Bill (l'immenso Cillian Murphy) sa tutto quello che succede, come tutti, ma quelle suore sono potenti, se parli te la fanno pagare.

Bill incontra una ragazza (sua madre sarebbe stata una di loro), buttata al freddo in un deposito di carbone, viene minacciato come sanno fare le suore, Bill, che ha 5 figli/e, sta male, la notte di natale va in quel deposito, prende quella ragazza scalza e morta di freddo e la porta a casa sua.

Bill è un eroe dei nostri giorni!

in pochissime sale (una quarantina) non perdetevi Piccole cose come queste, se vi volete bene.

buona visione - Ismaele

 

 

Il volto nell’ombra di Cillian Murphy. Il suo drammatico silenzio mentre è inquadrato di spalle. Come Robert Oppenheimer nel film di Christopher Nolan si porta addosso il peso della Storia e sembra un fantasma, quasi un personaggio esterno che anche in questo caso racconta, anzi fa vedere la vicenda attraverso i suoi occhi. L’attore irlandese interpreta Bill Furlong che lavora come commerciante di carbone in una piccola città nella contea di Wexford, in Irlanda, per mantenere la moglie e le cinque figlie. Una mattina, mentre va al convento locale per fare una consegna, fa una drammatica scoperta che lo costringe a confrontarsi con il suo passato. In una cittadina controllata dalla Chiesa deve così scegliere cosa fare. Restare in silenzio o agire?...

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Small Things Like These”, tratto dall’omonimo romanzo di Claire Keegan, è il controcampo iper-intimista di “Magdalene”. La pellicola racconta di Bill Furlog (Cillian Murphy), un carbonaio di New Ross che lavora, tra le altre cose, per una “Magdalene Laundries” della zona, caricando e scaricando ogni giorno enormi sacchi di torba, antracite, carbonella e legna. Un pomeriggio assiste a un litigio: una madre sta costringendo la figlia a entrare nel convento, mentre quest’ultima prega il padre di fermarla. È l’innesco narrativo di un lungo moto analettico: la madre dello stesso Furlog, abbandonata dal marito, è scampata alle violenze delle “Magdalene Laundries” solo grazie all’aiuto di Mrs Wilson, per la quale lavorava come domestica – una “delle poche donne che all’epoca poteva permettersi di fare ciò che voleva” dice in una scena Eileen (Eileen Walsh), la moglie con cui Bill ha cinque figlie.

L’azione emotiva della pellicola è chiusa in una fotografia cupa, tra offuscamenti, non-fuoco e primissimi piani che inglobano e raccordano la luce domestica (immagine sotto). Oltre l’abitazione di Bill, oltre il convento, a fare da protagonista, è la neve, la nemesi di ogni scrittore e scrittrice irlandese. Se in "Eveline" la neve identificava la paralasi interiore, nel romanzo di Keegan, al contrario della protagonista del racconto di Joyce, Bill reagisce alla stasi. L’elemento epifanico è diffuso gradualmente nel percorso narrativo, l’alternanza dei flashback trasforma, in questo senso, l’analessi in prolessi: Bill trova nel passato ciò che lo spingerà ad agire nel presente…

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Small Things Like These non urla, non strepita, né pontifica, ma lavora sotto pelle e, uniformando il grigiore dell'inverno piovoso irlandese allo stato d'animo e ai patimenti del protagonista, vuole funzionare da monito rispetto ai danni gravissimi che può portare, ad ogni livello, l'indifferenza. Il combinato disposto delle minacce velate ricevute da parte della madre superiora Suor Mary (una gelida Emily Watson) e del consiglio di farsi gli affari propri arrivato dalla moglie e dell'amica Kehoe, è un crescendo di tensione dai contorni agghiaccianti, possibile grazie alla scrittura sensibile di Enda Walsh (che adatta un romanzo di Claire Keegan) e alla regia calibrata di Tim Milant, che non eccedono con le parole ma danno voce alle immagini, alle atmosfere, e soprattutto alla sofferenza che si nasconde dietro gli occhi di ghiaccio di Cillian Murphy, autore di una prova attoriale notevole, contraddistinta da profondità ed empatia.

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