lunedì 11 marzo 2013

Lourdes - Jessica Hausner

film sull'illusione, la speranza, la realtà, la speculazione e il business, la crudeltà, i viaggi di Christine, malata di sclerosi, viaggi che sono l'unico modo per uscire di casa.
Christine è bravissima, riesce a far passare la voglia di andare a Lourdes, rito pagano che incanta ancora, ahimè.
significativa la canzone "Felicità", di Al Bano e Romina Power, verso la fine, cantata da uno a metà strada fra Oscar Ferrari ed Enrico Ruggeri.
il film ha ricevuto premi dai critici cattolici e dallo Uaar, un miracolo.
un film non perfetto, forse, ma merita davvero - Ismaele




Alcuni film colpiscono per come riescono ad affrontare temi profondi e particolarmente complessi con leggerezza e semplicità, rifuggendo da banali edulcorazioni e infingimenti. Con Lourdes, la giovane regista austriaca Jessica Hausner, autrice unica anche della sceneggiatura, riesce a trattare il tema del mistero della fede in modo così coinvolgente da essere ammirevole….

Lourdes è un’opera dotata di una perfetta sintassi geometrica, linda, fatta di sguardi e gesti. L’occhio femminile della cinepresa ha colto senza veli né opportunismi, i sentimenti dei malati e dei loro accompagnatori, proiettandoli sullo schermo senza inibizioni, puri nella loro onestà. La Hausner ha squarciato, con semplicità, il clima del pellegrinaggio, mostrando, tra ammalati e volontari, gli amori, le invidie e i sogni. Christine fluttua sulla sua sedia a rotelle e poi sulle sue gambe, mentre intorno a lei si pongono domande sul perché abbia ricevuto la grazia, domande sulla fede, mentre lei ri-assapora la vita come un bambino che scopre nuove cose. La Hausner non da risposte, non rivela, e, per questo, ognuno può scegliere la sua risposta; con studiata ironia e situazioni con finali folcloristici, lascia aperto il tema della fede. Un film che, con imprevedibilità e originalità, fa riflettere e, spesso, sorridere, ma sempre con un marcato sapore agro dolce.

Ci si chiede come abbia fatto, la regista, che deve possedere altissime qualità di imbonitrice, a convincere le autorità ecclesiastiche a far entrare macchine da presa in quel santuario a cielo aperto, e a mettere d’accordo ferventi cattolici ed atei convinti. Anche se quello che confeziona è un film profondamente, irriducibilmente, definitivamente laico. La religione ci entra sotto forma, appunto, di merce –come accade spesso nei luoghi di culto più noti- e di risposte da Bignami della cristianità di fronte alle domande dei pellegrini sul senso profondo della vita (“mi hanno detto che qui si guarisce il corpo” chiede ad un prete la docile e stramba anziana “Vorrei sapere cosa si deve fare”. E il prete “l’importante non è curare il corpo ma l’anima”. O ancora “occorre essere pronti alla grazia divina, se non arriva vuol dire che non lo si è”). O, in uno dei sipari più ferocemente comici del film, nella barzelletta sulla madonna che smania di andare in gita a Lourdes perché non c’è mai stata. Tutto il campionario delle umane meschinità e invidie, un individualismo sordo e rancoroso, l’incapacità di qualsivoglia sentimento di empatia, fino alla quasi totale mancanza di contatto fisico, il segno tangibile di una irriducibile distanza rendono il campionario dolente dei personaggi, di questa sorta di circo dolente e astioso, la rappresentazione più gelida e feroce che si possa immaginare dell’umanità. E non c’è proprio nessun dio a dar luce, piuttosto la furia grottesca e distruttiva di un Bunuel, gettata su figurine inconsapevoli e in balia del vento della vita, come in un film di Kaurismaki. Assolutamente imperdibile.

…Senza esaltare più del dovuto la giovane cineasta viennese, c’è da annotare che il binomio forma/contenuto sembra guardare come modelli ad eminenti personalità del cinema europeo quali il sempiterno maestro portoghese Manoel De Oliveira, per la stimolante labirinticità della costruzione sia visiva che narrativa, o la beffarda ironia tipicamente umanista del georgiano trapiantato in Francia Otar Iosseliani. Mirare in alto va più che bene, se si ha l’accortezza di adottare sempre quella leggerezza simbolica presente nella coinvolgente sequenza finale, un karaoke dove personaggi di madrelingua francese provano a cantare in italiano la canzone Felicità, resa celebre dal duo Al Bano/ Romina diversi anni orsono. Con un risultato artistico decisamente indecifrabile, come inafferabile, in astratto, è l’oggetto della canzone.

4 commenti:

  1. Me lo segno, ma della regista prima vorrei vedere Hotel (2004).

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  2. non l'ho visto, ho letto recensioni scarsine su Imdb, mi dirai

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    1. Allora, li ho visti tutti e due. Lourdes è senz'altro migliore, segue coerentemente una solida linea narrativa da cui si può trarre parecchi punti di riflessione. Felicità è significativa, ma porrei bene l'orecchio anche sulla Toccata e Fuga di Bach. Hotel l'ho trovato ambiguo, informe, nel senso che non si capisce bene dove voglia andare a parare e anche un pò acerbo in confronto a Lourdes, ma c'è qualcosa che nonostante tutto ti s'insidia dentro. Non lo liquiderei di botto, secondo me una visione approfondita la merita (e forse anche più di una).

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    2. quindi su Imdb sono "affidabili", "Hotel" lo incontrerò, un giorno

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