la Gran Bretagna ha anticipato il Welfare (qui lo racconta Ken Loach), e anche la fine del Welfare
il Welfare inizia come una grande primavera politica, lotte, unione, speranze, sol dell'avvenire, e termina per via burocratica, senza più lotte, in triste solitudine.
nel film due solitudini s'incontrano e nasce una solidarietà.
sono passati i tempi dei diritti, è arrivata l'epoca della carità, mala tempora currunt (si soffre per le pene dei ricchi, come cantano qui Enzo Jannacci e Dario Fo),
Ken Loach racconta storie di gente in carne e ossa, non teoremi, poi ciascuno decide se fermarsi al caso e commuoversi o pensare anche che quello è un caso fra molti, e che quello è cinema politico (come i film degli altri, d'altronde, solo che non lo dicono), si scelga a piacere.
non perdetevelo - Ismaele
il Welfare inizia come una grande primavera politica, lotte, unione, speranze, sol dell'avvenire, e termina per via burocratica, senza più lotte, in triste solitudine.
nel film due solitudini s'incontrano e nasce una solidarietà.
sono passati i tempi dei diritti, è arrivata l'epoca della carità, mala tempora currunt (si soffre per le pene dei ricchi, come cantano qui Enzo Jannacci e Dario Fo),
Ken Loach racconta storie di gente in carne e ossa, non teoremi, poi ciascuno decide se fermarsi al caso e commuoversi o pensare anche che quello è un caso fra molti, e che quello è cinema politico (come i film degli altri, d'altronde, solo che non lo dicono), si scelga a piacere.
non perdetevelo - Ismaele
…La regia di Ken Loach è eccezionale, perché lo
spettatore non la percepisce. Si
è dentro alle vite dei protagonisti di Io, Daniel Blake in punta di piedi; si ha l’impressione di essere con loro in ogni momento, in
bilico fra il volerne prendere la mano e la paura di disturbare Katie nel
lettone che rassicura la figlia Daisy o Daniel, che in silenzio guarda che cosa
poter mai vendere dei suoi ricordi di una vita, in attesa che il sussidio
arrivi. La delicatezza della macchina da presa del regista britannico si fa
spazio nelle anime di questi ultimi d’Occidente senza morbosità, senza rumore.
Nessun piagnisteo, nessuna lagna, solo la forza e la dignità di gente perbene
che continua a lottare a viso alto per un posto nel mondo, per i propri
sacrosanti diritti. Loach non cerca mai lo squallore, non c’è traccia
dell’usuale compiacimento nel contemplare “i poveri” che hanno alcuni registi.
L’immersione rarefatta e costante che lo spettatore vive grazie a questo film
non è mai un pugno nello stomaco, piuttosto è un attivatore di coscienza…
…Quando però il messaggio e l’ideologia li nasconde molto
bene, come sa fare lui, in microstorie di gente qualunque e ne fa narrazione
pura, allora giù il cappello, e massimo rispetto. Io, Daniel Blake è uno dei suoi esemplari racconti di
gente sconfitta che però mai deflette, mai si piega, mai rinuncia alla dignità
e a quello in cui crede. Sì, i famosi e oggi innominabili valori. Commovente,
anche. E ricordo a Cannes i molti kleenex usati, ed erano lacrime di destra e
di sinistra perché il vecchio Ken sa come arrivare dritto a cuore e alle
viscere di tutti. Vero Io, Daniel Blake è esemplarissimo, troppo esemplare, un film che
ci vuole istruire e coinvolgere nella triste sorte di un signore ultracinquantenne
che con fatica dopo un infarto cerca di risalire…
…Due
sconfitti, che tutto subiscono senza però mai perdere la dignità. Perché questo
è il miracolo del cinema di Ken Loach. Sarà veteroideologico, sarà un vecchio
socialista fuori tempo massimo, ma ha il dono di saper raccontare la gente con
rispetto, e di farcela amare. Un tocco che aveva Vittorio De Sica, che hanno
Ermanno Olmi e i Dardenne, e pochi, pochissimi altri. Cascan le braccia in
certi momenti di Io, Daniel Blake, sbuffi nel vedere come il poveretto sia
bersaglio di troppe sfighe, una via l’altra, in una via crucis che sta lì
didascalicamente a denunciare la malvagità del capitale. Ma, come di fronte al
pensionato Umberto D. che per vergogna manda il cane a chieder l’elemosina con
il cappello in bocca, poi ci si commuove e si piange anche per Daniel Blake.
da qui
da qui
…Ken Loach e Daniel Blake,
con cui, se non tutto il suo corpus cinematografico possiamo identificare
l’idea di un cinema Ideologico , romantico e fuori dal tempo ( “Datemi un pezzo di terra e vi costruirò una casa, ma non sono
nemmeno com’è fatto un computer” dice Daniel con spirito naif
alle insensibili impiegate con la faccia da arpie che gli intimano di seguire
procedure on-line) rimangono imperturbabili, rocciosi baluardi di una visione
che denuncia come dovrebbero andare le cose invece di provare a comprendere
come stanno andando e magari suggerire, anche per contrasto o sottrazione, un
‘alternativa o una scelta differente: rimaniamo nella dicotomia tra
burocrati dotati in gran misura di anonima e indifferente crudeltà e martiri
del proletariato con cui simpatizzare, visto che qui c’è pure una madre sola
con due figli piccoli che vive in una catapecchia, ruba gli assorbenti al
supermarket e si prostituisce per comprare cibo e vestiario alla sua prole, e
nell’immancabile picco melo’ si prende il monito, pur compassionevole, di
Daniel che si finge un cliente per dissuaderla e restituirle la dignità perduta
di donna e di genitore.
Detto questo, non si riesce a provare un reale fastidio
davanti a Daniel/Ken , sarà pure per la scelta molto azzeccata della faccia
sbarazzina e furbetta di Dave Johns, non a caso un comico inglese, che, a
parte forse nel crescendo finale, evita il rischio del patetico o del ruffiano,
puntando maggiormente su un’umanissima e calda empatia.
E si esce dal cinema colmi di tenerezza e anche
gratitudine , di uno sguardo e di un sorriso per tanta nobiltà d’animo, prima
di immergersi nuovamente in una realtà frammentata e disgregante, dove si fa
molta più fatica a pronunciare quella parola:
IO.
…Ma I, Daniel Blake riesce pure a farci ridere, le
battute sono pungenti, sarcastiche, perfette e ci fanno riprendere fiato dopo
scene in cui anche solo uno sguardo, o un gesto, è in grado di metterci a
disagio. Perché la nuova fatica del cineasta britannico è un meraviglioso
calcio nello stomaco che manda in lacrime tutti, indistintamente dalla
nazionalità e dalle storie alle spalle. Impossibile rimanere insensibili
difronte a una persona (un magnifico Dave
Johns) che fotogramma dopo fotogramma è destinata all’elisione; impossibile non
rendersi conto che la società in cui viviamo sta subendo una involuzione e
accetta con disinvoltura la propria disumanizzazione in nome di un fantomatico
“progresso”; impossibile non notare che sullo schermo ci sono persone non
troppo diverse dai nostri vicini di casa, ci sono i figli della crisi economica
degli ultimi anni, c’è il nostro scricchiolante e sempre più imperfetto mondo che
va a rotoli.
…Loach acentúa la gravedad de la ausencia de
respuestas colectivas y organizadas de los trabajadores frente a la avalancha
de injusticias lacerantes de la que somos testigos a diario por un régimen
despótico. El director no busca que empaticemos con sus personajes, sino que
nos apiademos de ellos, que simpaticemos con su causa y volvamos a unirnos,
como hemos demostrado que podemos hacerlo, para vencer a las grandes
adversidades de nuestros tiempos. Se trata de recuperar los derechos sociales y
laborales básicos, conseguidos a lo largo de décadas de lucha y decenas de
víctimas, mártires como los de Chicago a los que hoy sólo recordamos por tener
un día festivo más en el calendario. Es imprescindible que se elimine el
estigma del profeta solitario, del personaje aislado en busca de un fin
perdido; debemos evitar reír las gracias a quienes llaman a este tipo de
historias batallitas de viejo senil, o a quienes disfrazan de caricaturesco Don
Quijote a personas que se dejan la piel por una buena causa general, porque
haciendo esto, Ken Loach nos dice que estamos dando la razón al que sólo busca
el beneficio individualizado, la privatización y la supresión de la clase
media. Este filme está destinado al público desligado del problema, aquél que
tiene la última palabra y puede poner voz a los verdaderos héroes. Héroes que
ni tan siquiera se han enterado de que aparecen en una película, porque ellos
no van al cine. Así que volvamos al término inicial, el de resistencia, para
mantenernos unidos en una oposición ética y política que nos lleve a una
colectividad capaz de construir una defensa eficaz frente al avance neoliberal.
La perseverancia y la tenacidad de este director por encontrar justicia para el
pueblo sólo podía quedar recompensada con tres palabras: Palma de Oro.
…anche con Io,
Daniel Blake il
cinema di Loach fa meno danni di altri autori. Ma non significa che non ne
faccia. La colpa maggiore è avere privato Daniel Blake di quello spirito
autenticamente ribelle di Il
mio amico Eric e
soprattutto La
parte degli angeli. Che si vede solo in uno slancio, la scritta sul
muro con lo spray. L’unico
sussulto di una disperazione che diventa visione-spettacolo. Quello di un
cinema politico che cerca il suo pubblico per essere applaudito. Il cineasta mostra la rivolta solo
come un teorema (come spesso ha fatto nei suoi film). Le pietre hanno al
momento smesso di piovere e gli angeli non volano più.
… Ken Loach et son scénariste, Paul Laverty, ont
déjà été plus (et mieux) inspirés. Plus fins aussi. Au film de son
développement, le film perd inexorabement sa propre énergie. Pourtant le
cinéaste nous fond d’emblée au désarroi de son protagoniste avec une note
d’humour délectable. D’abord au centre de son attention, le combat de Daniel
Blake est ensuite parasité par celui de Rachel nous donnant l’impression que le
réalisateur mélange sans y parvenir deux lignes narratives et autant de points
de vue. Les réalités de Daniel et de Rachel se répondent-elles en miroir que
leur rencontre, aussi humaine soit-elle, semble réécrite au fil d’un montage
dont la temporalité est trouble. La démonstration pêche par son caractère
didatique et épuise autant qu’elle s’épuise, malgré l’interprétation
vérisimilaire d’un casting séduisant.
in inglese:
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