come in Iran, anche in Tunisia la musica è un potente mezzo di critica e insoddifazione, e per questo vanno perseguitati i musicisti.
il film è ambientato a Tunisi, qualche mese prima che Mohamed Bouazizi si desse fuoco e cominciasse la primavera araba, forse l'unica andata bene (l'Egitto, purtroppo è stato sommerso da militari, galera, torture e omicidi, ma questo è un altro discorso).
Farah è una ragazza di 18 anni, brava a scuola, con la passione per la musica.
solo che certi argomenti non si possono cantare, la polizia ascolta tutto, e picchia e spaventa.
riescono a zittire Farah, e la madre...
non dico altro per non togliervi il piacere di scoprire da voi un piccolo gioiellino.
un'opera prima davvero bella, peccato sia solo in una decina di sale in tutta Italia, meno male che c'è qualche pazzo che proietta questo film, grazie anche a lui.
vogliatevi bene, non perdetevelo - Ismaele
ps: se uno, dopo averlo visto, dice carino, lo sfido a duello.
il film è ambientato a Tunisi, qualche mese prima che Mohamed Bouazizi si desse fuoco e cominciasse la primavera araba, forse l'unica andata bene (l'Egitto, purtroppo è stato sommerso da militari, galera, torture e omicidi, ma questo è un altro discorso).
Farah è una ragazza di 18 anni, brava a scuola, con la passione per la musica.
solo che certi argomenti non si possono cantare, la polizia ascolta tutto, e picchia e spaventa.
riescono a zittire Farah, e la madre...
non dico altro per non togliervi il piacere di scoprire da voi un piccolo gioiellino.
un'opera prima davvero bella, peccato sia solo in una decina di sale in tutta Italia, meno male che c'è qualche pazzo che proietta questo film, grazie anche a lui.
vogliatevi bene, non perdetevelo - Ismaele
ps: se uno, dopo averlo visto, dice carino, lo sfido a duello.
…L’azione si svolge a Tunisi, nell’estate del 2010, a pochi mesi dalla
caduta del regime di Ben Ali. Farah (Baya Bedaffar) è una ragazza di 18 anni,
radiosa, libera e appassionata. Tutte le sue energie migliori sono profuse
nella musica. Farah ha infatti una band, Joujma, composta dall’amica di scuola
Inès (Deena Abdelwahed), che cura tastiere ed effetti, Borhene (Montasser
Ayari), che scrive i testi e suona l’oud, e altri due ragazzi, Sami (Marwen
Soltana) e Ska (Youssef Soltana). Entusiasti, sono passati da cover a canzoni
originali che mescolano sonorità e ritmi tradizionali a colori contemporanei,
acidi ed elettronici: i testi gridano la rabbia e l’impotenza di un’intera
generazione, stretta fra l’incudine di un potere mafioso e oppressivo e il
martello di un occidente che lusinga e annega. "Paese mio / terra di
cenere", "Appena apro gli occhi / vedo chi si ritira in esilio",
"Come un uccello notturno / che cerca di sfuggire all’inevitabile",
"Ci chiediamo / che cosa vogliamo scatenare"…
…Il film si lascia ricordare anche per la felice
sicurezza con cui Leyla Bouzid domina la retorica visiva, alternando fra
sequenze tutte girate a macchina a mano, strette e nervose, perlopiù imperniate
sul punto di vista di Farah (pur non mancando soggettive ascrivibili alla madre
nella seconda parte del film) ed altre in piano sequenza: qui la cinepresa,
appoggiandosi a lievi traiettorie dello sguardo, raccoglie la verità di un
gioco attoriale che talvolta slitta dalla voce recitante a quella cantante e
viceversa, senza mai perdere di intensità nella ricerca della performance
pulita. Stiamo parlando, evidentemente, di resa e direzione d’attori, e se è
doveroso un plauso incondizionato per le due interpreti principali, entrambe in
grado di esprimere un ventaglio ricco e vibrante di sfumature, colpisce in
Leyla la capacità di ottenere il massimo di verità dai molti non professionisti
presenti, anche nelle sequenze di musica dal vivo, dove tutti gli attori
suonano e cantano in presa diretta. Difficile se non impossibile, capire quanto
di questa feconda sinergia fra musica e cinema si debba alla qualità del lavoro
di scrittura musicale del compositore irakeno Khyam Allami e del paroliere
tunisino Ghassan Amami, in entrambi i casi pregevolissimo e messo con
intelligenza a sistema dal regista.
…Appena apro gli occhi è un film che funziona sulla visione, come dice il
titolo stesso che è anche la canzone di Farah. Gli occhi sono quelli
dell’esplorazione della vita – vedi la scena in cui Farah fissa il corpo nudo
del suo fidanzato dopo il loro primo rapporto – ma anche quelli che permettono
di vedere oltre le apparenze. Ma gli occhi sono anche quelli che ti spiano, dei
bambini che osservano di nascosto Farah e il compagno che si appartano nei
vicoletti stretti della Tunisi vecchia. Un voyeurismo che è anche quello di uno
stato pervasivo, che ti controlla, che non ti lascia per un istante.
Buona prova alla sua prima regia per Leyla Bouzid, figlia d’arte, del cineasta Nouri Bouzid.Appena apro gli occhi è un lavoro onesto e sincero, uno sguardo al femminile attraverso l’empatia che si crea con la ragazza protagonista, un documento di un mondo sull’orlo del collasso.
Buona prova alla sua prima regia per Leyla Bouzid, figlia d’arte, del cineasta Nouri Bouzid.Appena apro gli occhi è un lavoro onesto e sincero, uno sguardo al femminile attraverso l’empatia che si crea con la ragazza protagonista, un documento di un mondo sull’orlo del collasso.
…L’universo femminile è rappresentato come una forza dirompente, che tramite
le due meravigliose protagoniste, Farah e sua madre
Hayet, espone una visione della femminilità in cui l’autocoscienza e
l’autodeterminazione non negano ma rinforzano la potenza dell’eros e della
corporeità, che in un contesto come quello mostrato dalla Bouzid assumono un
valore rivoluzionario. In tal modo la fisicità e la musicalità di Farah la
rendono “colpevole” agli occhi del regime per la propria mancanza di limiti.
Oltre a quello della regista sulla coppia di protagoniste, ancora più
importante è lo sguardo di amore che la madre Hayet rivolge alla figlia, anche
se la pienezza di tale sentimento emerge progressivamente, e con esso le
sfumature di orgoglio e doloroso rispecchiamento.
Il regime, come si dice, sopporta certe cose come il
fumo agli occhi. Specie se, al proposito, canzoni come Appena apro
gli occhi parlano di gente piena
di problemi, privata del lavoro e del cibo, di uomini “che si
ritirano in esilio e attraversano l’immensità dell’oceano in pellegrinaggio
verso la morte”. E ancora: “A
causa dei problemi del loro Paese le persone perdono il senno alla ricerca di
nuovi problemi, diversi da quelli che già conoscono. Vedo persone che si stanno
spegnendo. Impregnate del loro sudore, le loro lacrime sono salate, il loro
sangue è stato rubato e i loro sogni sono sbiaditi…”.
…"Il film è nato da alcune immagini forti che
mi appartengono - spiega la regista
che vive a Parigi - lo stato poliziesco nel quale sono cresciuta e il rapporto
madre-figlia. Per quel che riguarda l'epoca a me interessava raccontare le
premesse della rivoluzione, quell'atmosfera di paura e paranoia in cui
vivevamo, volevo raccontare come quel contesto potesse distruggere l'energia
dei giovani. Ma allo stesso tempo volevo
tratteggiare come i tunisini a partire dal dicembre del 2010 avessero
cominciato a svegliarsi: le lingue a
sciogliersi, i ragazzi a parlare sui social network, le persone a criticare il
regime. Per noi si trattava di un passo da giganti e si percepiva che nel giro
di poco qualcosa di incredibile sarebbe successo". Una parte importante
del film è riservata alla musica. "Le
canzoni sono state interamente composte per il film - spiega Leyla - scriverle
e formare il gruppo sono state la sfida maggiore. Perché il film fosse riuscito prima di tutto doveva essere riuscita la
musica. Con un amico poeta, Ghassen Amami, abbiamo lavorato a partire da alcuni
miei testi in francese e lui si è messo nella pelle di Borhène, alcuni brani
sono stati scritti di getto, su altri ci abbiamo lavorato di più.". Al
centro del film il rapporto madre-figlia nel quale emerge il desiderio di
modernità della ragazza che si scontra con una società tradizionale e
patriarcale che mal sopporta i sogni di Farah.
da qui
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