martedì 3 febbraio 2015

Cafe de Flore - Jean-Marc Vallée

un film strano e difficile, due storie che non s'incontrano, una, quella più recente, contiene l'altra, nella Parigi del 1969, sembrano due storie parallele, solo dopo ti accorgi del legame, ardito, e originale.
nella vita sognata Jacqueline ama immensamente il suo bambino, Laurent, che è anche innamorato di una bambina come lui, Vero. 
Carole sogna qualcosa, alla fine saprà anche lei cosa.
è una storia d'amore che attrae, ma solo alla fine, con molta attenzione, si riuscirà a entrare nel film.
Jean-Marc Vallée è il regista di Dallas Buyers Club, tra l'altro.
Hélène Florent e Vanessa Paradis sono bravissime, cercatelo, un film così non l'avevo (e forse non l'avete mai visto) - Ismaele







le réalisateur finit par nous captiver grâce à un montage et une mise en scène atmosphériques, sensoriels, qui s’appuient sur le mécanisme de la mémoire auditive. On passe sans mal du charme désuet du grain sépia de la France des années soixante à la clarté du Montréal de nos jours, même si la frustration d’abandonner une histoire captivante pour en reprendre une autre se répète régulièrement. Pourtant, ce montage tonique, qui suit à merveille le tempo d’une musique accrocheuse, parvient à nous attacher à chacun des personnages des deux histoires. Autant dire que le pari n’était pas gagné d’avance et le réalisateur québécois tire de son long métrage déconstruit bien plus de sentiments et d’attachement que n’est parvenu à le faire Van Dormel avec son «Mr. Nobody»…

L'estetica del film è patinata e sfrutta fino all'estremo gli stilemi del videoclip musicale, ma ha una giustificazione intrinseca nella vita condotta dal personaggio principale. A livello di contenuti il copione è invece tutt'altro che superficiale; sviscera il tema in tutte le declinazioni obbligate, optando dunque per una concentrazione ombelicale, quasi manualistica, che può coinvolgere ma anche allontanare. Ciò che rende l'opera ardita e originale è soprattutto il modo in cui le due storie, ambientate in epoche diverse, diventano una, al termine di un puzzle che richiede pazienza e disposizione. Il collegamento, che scomoda ingredienti paranormali, è insolito quanto basta. Si può reagire come l'amica della moglie e pensare che è tutta una sciocchezza ("bullshit"), o si può decidere di seguire quest'impresa dal cuore profondamente cinematografico. Perché per Jean-Marc Vallée, in fondo, la terapia passa attraverso il coraggio di raccontarsi una storia, quella giusta, per quanto dolorosa o incredibile possa sembrare a chi (la vede e) l'ascolta.

Lo que nos ofrece Vallée es un extraordinario canto a ese amor imposible que sólo es posible (valga la incongruencia) en el relato de ficción, un amor que supera las barreras temporales, sociales y corporales. El realizador va tan a muerte con su particularísimo planteamiento del desarrollo argumental que une las dos (que en realidad son tres, o quizá una) historias y consigue que para el atónito espectador, que ocupa cualquiera de las plateas donde se proyecta la película, conmoción, escepticismo y desconcierto se conviertan en sinónimos…

Vallée mira alto o illude mirare alto per riempire gli occhi e ammorbare le menti, opta per soluzioni narrative discutibili o sospette (perché proprio un bambino down e non un bambino tout court?), ricatta, tedia, irrita e strappa applausi. Quando Muccino incontra Kieslowski: indigeribile spazzatura mid-Cult.



2 commenti:

  1. Mi è piaciuto, veramente originale. Sempre interessante Jean-Marc Vallée fin dai tempi di C.R.A.Z.Y. il suo primo film che ho visto.
    Non mi stupisce che questo non sia stato distribuito in Italia...

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    1. non credo sia per le grandi folle, è un film piccolo, per gente curiosa, che non è maggioranza, purtroppo...

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