Tre Film Al Giorno, Tre Libri Alla Settimana, Dei Dischi Di Grande Musica Faranno La Mia Felicità Fino Alla Mia Morte. (François Truffaut)
giovedì 28 febbraio 2013
mercoledì 27 febbraio 2013
No – Pablo Larraín
in questi tempi elettorali questo è un film perfetto, e a volte, chi non ha risorse, ma trova le parole, può vincere.
bravo Pablo Larraín a rendere un'atmosfera di tensione, azzardo e spesso terrore, di fronte alla prevaricazione e alla forza brutale del potente.
bravi tutti, sopratutto Gael Garcia Bernal, che mi sembra sempre più un fratello di Daniel Brühl, fragili, timidi, impacciati e fortissimi.
da non perdere - Ismaele
bravo Pablo Larraín a rendere un'atmosfera di tensione, azzardo e spesso terrore, di fronte alla prevaricazione e alla forza brutale del potente.
bravi tutti, sopratutto Gael Garcia Bernal, che mi sembra sempre più un fratello di Daniel Brühl, fragili, timidi, impacciati e fortissimi.
da non perdere - Ismaele
…”NO”se convierte en un golpe de aire fresco para el
cine político. La película ofrece una forma de descubrir la estrecha relación
entre política y publicidad en pos de la agitación de las masas en busca de un
cambio social. Gael Garcia Bernal, en el papel de Saavedra, y el reparto que le
acompaña, ofrecen una interpretación sólida y muy realista. Altas dosis de
humor y un guión inteligente completan las claves de una película que ya forma
parte de las perlas del Zinemaldia.
…Dal punto di vista formale No è una perfetta simulazione di film
anni '80: aspetto anticato, formato in 4 :3 che è esteticamente di rottura
rispetto a tutto quanto venga girato oggi, un sollucchero il dietro le quinte
degli spot pubblicitari , la loro costruzione in studio e in esterni.
Tutto questo però non nasconde il terrore che si respira ad ogni momento , l'atmosfera di tensione esacerbata dai mille e mille occhi che sembrano continuamente controllare ogni mossa di chi sta lavorando alla campagna pubblicitaria.
Stavolta il regime è catturato in tutta la sua brutalità non nelle strade ma nelle stanze dei bottoni dove si cerca di manipolare la coscienza di una nazione, uccidendola.
E uccidere le menti è come privare i corpi di vita.
Candidato all'Oscar 2013 come miglior film straniero.
Tutto questo però non nasconde il terrore che si respira ad ogni momento , l'atmosfera di tensione esacerbata dai mille e mille occhi che sembrano continuamente controllare ogni mossa di chi sta lavorando alla campagna pubblicitaria.
Stavolta il regime è catturato in tutta la sua brutalità non nelle strade ma nelle stanze dei bottoni dove si cerca di manipolare la coscienza di una nazione, uccidendola.
E uccidere le menti è come privare i corpi di vita.
Candidato all'Oscar 2013 come miglior film straniero.
…hay una brutal desmitificación de los resortes propagandísticos de la política como institución, que lleva el asunto de las ideologías a los límites del absurdo y a auténticas situaciones descacharrantes. Por ejemplo, la izquierda con su nulo sentido del humor y su exagerada gravedad y dogmatismo cuando se les propone un discurso que conecte mejor con la ciudadanía. Un retrato de la izquierda, franqueada en diversas fracciones casi irreconciliables -impagable lo del arco iris- que nos recuerda a como la reflejaba Paolo Sorrentino en clave italiana mediante su fabulosa sátira Il divo (2008). Y la derecha militar, bueno, no hace falta hacer mucho para que ellos mismos queden retratados en su patetismo y ridiculez, ¿no? Aquí es donde Larraín tiene más fácil nuestra complicidad y los resultados están a la altura de la absoluta genialidad con momentos auténticamente delirantes cuando se enzarzan en las contracampañas o réplicas de anuncios. Por cierto, René tampoco se salva, porque es innegable que se le va la mano con sus anuncios, recordemos el apunte glorioso de su obsesión por insertar imágenes de mimos en sus trabajos…
…Certo, non si tratterà di un
Capolavoro, o di una pellicola destinata a cambiare la Storia - della settima
arte e non -, ma a volte si sente davvero il bisogno di qualcosa che sia
"operaio" davvero, e mostri quanto, da uomini e donne liberi, sia
importante esprimere il nostro punto di vista, il nostro diritto ed il nostro
dovere di conquistare il quotidiano con il cuore, la testa e l'esercizio
dell'essere animali sociali…
…la publicité est surtout
utilisée à des fins politiques, comme enjeu de démocratie. Celui qui l’incarne
c’est René Saavedra (remarquable Gael García Bernal) qui appliquera ses
méthodes publicitaires quotidiennes pour faire gagner le « Non » face
à Pinochet. Sa stratégie ? La vision d’un avenir meilleur, l’assurance du
bonheur avec ce slogan : « Alegria viene (Happiness is
coming) ». L’homme avait compris comment utiliser le système néolibéral
mis en place par la dictature pour mieux se l’approprier et en faire une
promesse électorale. Avec Saavedra,
le changement, c’est maintenant!
…Sería fácil lanzar una tesis
ideológica desde esta película, porque es claramente la intención de sus
creadores obligar al espectador a tomar una posición política y calificar las
imágenes, decidiendo si realmente se ganó o se perdió. La única certeza que
aporta el film es la ridiculez de la campaña del SÍ, que roza el paroxismo. La
trampa, en ese sentido, es presumir que el desenlace puede ser leído sólo desde
la tribuna de los triunfadores. Ya con 24 años de ventaja, cada uno sabe quién
ganó y quién perdió en ese histórico 5 de octubre. El metraje y las imágenes
que contiene, pueden reafirmar (o echar por la borda) esa presunción. Sin
embargo, es obligación de nosotros, los espectadores, elaborar una lectura y
enjuiciar esta historia, que no es más que la paradójica historia del Chile
actual.
martedì 26 febbraio 2013
Kiseki - Hirokazu Koreeda
due
bambini che non si rassegnano a stare divisi, dopo che i genitori si sono
separati, sono i protagonisti, insieme a molti altri, che cercano un miracolo,
quello di soddisfare i loro desideri, piccoli, quelli che da bambini tanti
hanno (abbiamo) avuto.
e il film è girato in modo così
naturale che la storia non stupisce, pur essendo straordinaria.
solo vedere i due bambini recitare
vale il piacere di spendere due ore, promesso - Ismaele
…Il film, il cui titolo in giapponese significa “miracolo”
e che è stato tradotto in “I
wish” per evitare letture erroneamente religiose, riguarda innanzitutto,
appunto, la forza magica, evocativa del desiderare, piuttosto che non il
risultato in sé. I bambini desiderano fortemente, chi di far rivivere il
proprio cane morto, chi una carriera da ballerina, chi, come i due fratellini,
la ricongiunzione della famiglia. La forza del desiderio dei bambini si tinge
quasi di sacro nel film di Koreeda e viene infatti rispettata e sostenuta dai
componenti di quell’altro “mondo” che è in grado di riconoscerla: quello degli
anziani (il nonno dei due si farà parte attiva per assicurare che i bambini
riescano a partire). Kiseki è
la rappresentazione di mondi che si confrontano, ma che agiscono, si muovono
e provano emozioni in modo differente: i cosiddetti adulti - la madre e
il padre dei due fratelli per esempio - vengono rappresentati allo sbando,
feriti da desideri ormai frustrati e incapaci di reagire in modo costruttivo…
…allora il mondo visto con gli occhi dei piccoli
protagonisti diventa un microcosmo dove sono cadute le certezze, dove il
pilastro di una società tradizionale è collassato sotto i colpi dei tempi, dove
la famiglia smembrata diventa un fattore scatenante per disagi e rimorsi.
Il tono scelto dal regista, a tratti brillante, non deve
ingannare: sotto la scorza scorre implacabile il dramma, reso ancora più grave
dal coinvolgimento dei ragazzini, che va a congiungersi idealmente con quello
narrato nel capolavoro di Hirokazu Koreeda , Nobody Knows.
La regia, come sempre elegante e stilisticamente perfetta
senza mai esser però puro formalismo sterile, nasconde anche qualche pecca che
il film possiede, come un certo incedere un po' balbettante in alcuni momenti,
ma comunque la pellicola si inserisce a pieno titolo nel discorso
cinematografico intrapreso dal regista, che mostra una assoluta coerenza.
Sia chiaro, siamo distanti dal capolavoro che già Koreeda
ci aveva regalato e anche i ritmi sui quali è giocato, lo rende sicuramente più
apprezzabile ad un pubblico più vasto, ma tutto ciò non va a discapito della
qualità cinematografica della quale il regista giapponese ha già dato numerose
e convincenti prove.
La banda di ragazzini interpreti con la loro bravura e
spontaneità surclassa e mette in un angolo anche i grandi nomi presenti, quali
quelli di Joe Odagiri , Hiroshi Abe e Nene Otsuka e conferma la bravura di
Koreeda, perfetto anche nella direzione di un cast siffatto.
…Con un ritmo lento (que no aburrido) y unos diálogos
sencillos y escuetos (que no vacíos) Kore-eda construye una historia en la que
es palpable está disfrutando en todo momento con cada plano y escena y en la
que los niños protagonistas nos permiten hacernos partícipes de su sueño y nos
arrastran hacia un maravilloso mundo de la misma manera (aunque con otro
estilo) que hiciese Spike Jonze con su fantástica “Donde viven los monstruos”. Todo un ejercicio de cine
artesanal y de amor por la historia, los personajes y la manera en que todo se
desliza con suavidad, sencillez y muchísima humildad.
Un conjunto ameno, donde se aprecia la mano de un cineasta con talento que nos regala un producto altamente entretenido y especialmente delicado.
Todo un ejemplo de maestría oriental.
Un conjunto ameno, donde se aprecia la mano de un cineasta con talento que nos regala un producto altamente entretenido y especialmente delicado.
Todo un ejemplo de maestría oriental.
…Si le récit est une nouvelle fois centré sur des enfants
très imaginatifs (ils vont jusqu'à suggérer de vendre le chien pour financer
leur plan !), les adultes ne sont pas en reste pour apporter leur aide, se
remémorant au passage leurs propres souvenirs de jeunesse. Parmi les âmes
charitables rencontrées, on notera un grand-père qui n'est pas dupe, une
infirmière complice, une grand-mère dont la fille est partie... Toute une galerie de personnages qui
donnent de la chair à cette tendre histoire de famille. Bouleversant, généreux, drôle, bourré
de bons mots et de séquences inattendues, « I wish » sera
certainement l'un des grands films de l'année 2012.
…No hagan caso a los cínicos
y a los amargados. Me enerva que una película de tales características se trate
con desdén; comentarios que muchas veces dejan más en evidencia a quien lo
afirma que al film en sí. Posiblemente vivimos una era de ficciones con exceso
de emociones. Acabamos saturados ante tal digestión, fruto del abuso al que
estamos expuestos; dramas mal canalizados, deformados y excesivamente enfáticos
que nos imponen lo que debemos sentir. Muchas veces se simplifican en exceso,
se fuerzan las tornas, nos agota la fácil confusión entre lo sentimental y el
sentimentalismo. Esto impone una sobrecarga y nos hace ponernos a la defensiva.
Pero Kiseki es como el pastel
de karukan que hace el abuelo de
los pequeños protagonistas. Parece que es insípido pero hay que dejar que pase
el tiempo para encontrar su sabor, tal como le dice su nieto (da igual que el
niño se lo diga para no herirle). Los amigos del abuelo le dicen que debería rellenarlo
y tintarlo de rosa, para que sea más atractivo. Y el abuelo se niega en
redondo. Él prefiere seguir fiel a sus principios. Es fácil ver como Kore-eda
se está personificando a través de su personaje, porque bien puede servir el
pastel de karukan como axioma para su
cine, en su negación de confundir lo íntimo con lo obsceno, algo que con
frecuencia solemos encontrar en la televisión. Porque Kiseki recupera la infancia como el territorio
sagrado de los buenos y reconfortantes sentimientos, pero lo hace con una
sensibilidad y delicadeza que nos hace sentir el film como muy verdadero.
sabato 23 febbraio 2013
Rebelle (War Witch) - Kim Nguyen
non è un film a tesi, i legami durano stagioni, e finiscono troppo spesso in modo violento, ci sono bambini e bambine che crescono troppo in fretta, e spesso muoiono giovani, uno di quei film necessari per "noi che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case, noi che troviamo tornando a sera il cibo caldo e visi amici".
candidato all'Oscar per il miglior film straniero, è un film che non si fa dimenticare, è una promessa, non una minaccia - Ismaele
candidato all'Oscar per il miglior film straniero, è un film che non si fa dimenticare, è una promessa, non una minaccia - Ismaele
…Girato in Congo perché la
protagonista, una ragazza che vive in strada e che ha vere doti da attrice
consumata, è congolese, le riprese sono state effettuate in continuità
permettendo al cast e alla troupe di entrare in progress nella vicenda. Ne è
scaturito un film carico di dolore e di violenza gratuita non per quanto si
vede sullo schermo ma per quanto si sa essere accaduto nella realtà,
consapevoli che la pratica di utilizzare bambini per i combattimenti più
efferati non ha ancora avuto fine. Nguyen ha saputo però preservare, nel buio
della brutalità, la luce, flebile ma non destinata a spegnersi, della speranza.
Senza falsi pietismi, aderendo alle credenze della cultura locale, il film ci
dice che si può trovare la forza di pacificarsi, anche se con dolore, con il
proprio passato. Per poter continuare a vivere e a dare senso alla vita altrui.
…Rebelle è un piccolo gioiello, un lungometraggio di
appena novanta minuti, eppure denso di significati, diretto, delicato: Nguyen
sfugge a una rappresentazione esclusivamente cupa della realtà, evita
fastidiose derive patetiche e tratteggia dei personaggi che traboccano energia
vitale, amore e/o odio, passione, paura, coraggio. Accompagnato da una
splendida colonna sonora, composta da canzoni angolane degli anni Sessanta, e
diviso in tre capitoli (12, 13 e 14 anni: l'età di Komona), il film regala
molte sequenze emotivamente incisive ma mai ridondanti, mai retoriche:
la parentesi gioiosa della ricerca del gallo bianco, simbolo di un
amore puro, il ritrovamento del pettine e della camicia, il passaggio sul
camion e il significativo scambio di battute “non ho soldi”, “nessuno ha
soldi”. La bellezza di Rebelle è tutta nel volto candido di Rachel Mwanza e
Serge Kanyinda, nelle mani grandi di Ralph Prosper (Boucher), nell'immagine del
camion che si allontana: cinema che vuole raccontare, che non si piega alla sterili
derive di molte produzioni incatenate mani e piedi ai festival.
…La piccola Komona, reclutata dopo il massacro del suo villaggio,
riesce a fuggire dall’esercito dei ribello insieme a Mago, un coetaneo, e a
soli 12 anni diventa sua moglie. A 14 è vedova: il ragazzino è sgozzato sotto i
suoi occhi perché si opponeva a che lei venisse riportata al campo per
diventare la moglie del capo. Si ritiene che Mago abbia poteri sovrannaturali,
perché è albino, e che Komona, detta la “maga di guerra”, grazie alle sue
visioni (causate forse dalla droga, forse dalla paura) porti fortuna in
battaglia. Per questo il capo elimina lui e prende Komona come sua moglie.
Incinta di quest’ultimo, riesce a ad ucciderlo per fuggire di nuovo, verso il
suo villaggio, per dare sepoltura ai pochi resti che ritrova appartenuti ai
suoi genitori massacrati. Il film è di un pathos impressionante e di un realismo
tragicamente autentico…
…Rebelle, a sorpresa, non è un film che ci sbatte la
miseria della vita della giovanissima protagonista in faccia. Ci accompagna
insieme a lei a scoprire una realtà terribile. Una realtà in cui i bambini, se
va loro ancora bene e non vengono subito uccisi, sono presi dai loro villaggi,
addestrati per diventare soldati macchine da guerra killer spietati, e
costretti a uccidere o a essere uccisi fin dalla più tenera età, senza molte
possibilità di miglioramenti sostanziali in vista per quanto riguarda il
futuro. Il massimo a cui si può ambire è quello di diventare stregoni o streghe
di guerra. Che culo.
Rebelle ci parla di questo, ma non è un
documentario di denuncia. È un’opera cinematografica con un occhio vicino al
naturalismo di Terrence Malick e che si/ci concede lampi visionari di una
bellezza assoluta. È questo ciò che trasforma un personaggio dalla vita
incredibile con una storia fortissima in un grande film…
venerdì 22 febbraio 2013
giovedì 21 febbraio 2013
Promised Land - Gus Van Sant
appena l'ho visto ho pensato che è un film inoffensivo e retorico, adesso che ne scrivo ne penso peggio, capisco che è un film indirizzato a Obama, perché non dia autorizzazioni per il petrolio in Alaska, o altre estrazioni negli Usa, ma bastava una lettera ben fatta, Michael Moore fa bei film e belle lettere, separatamente.
gli attori ci mettono mestiere, ma non convincono, tutto prevedibile, solo un piccolo colpo di scena, andava bene per un film di un principiante, ma da Gus Van Sant mi aspetto sempre molto, peggio per lui che ci ha abituati così.
insomma, se proprio vi ci portano andate a vederlo, ma vi propongo un alternativa, Local Hero, del 1983, musiche di Mark Knopfler, con un grande Burt Lancaster, fra gli altri, le tematiche sono simili, è un piccolo capolavoro che batte "Promised Land" 10 a 1, promesso, se vedete entrambi i film mi direte- Ismaele
gli attori ci mettono mestiere, ma non convincono, tutto prevedibile, solo un piccolo colpo di scena, andava bene per un film di un principiante, ma da Gus Van Sant mi aspetto sempre molto, peggio per lui che ci ha abituati così.
insomma, se proprio vi ci portano andate a vederlo, ma vi propongo un alternativa, Local Hero, del 1983, musiche di Mark Knopfler, con un grande Burt Lancaster, fra gli altri, le tematiche sono simili, è un piccolo capolavoro che batte "Promised Land" 10 a 1, promesso, se vedete entrambi i film mi direte- Ismaele
…Questo apologo esemplarissimo è di una correttezza
ecologico-politica e di uno schematismo insostenibili, con predica e messaggio
che ci vengono inoculati a ogni scena. Matt Damon ha la faccia del bravo
americano, ma non ce la fa a infondere un fremito seppur minimo al suo
personaggio, non ce la fa proprio a chiaroscurarlo e dargli un minimo di
spessore. Fisicamente è ormai un omone inquartato, e l’agilità di Bourne sembra
irrimediabilmente lontana. Gus Van Sant gira con quella naturalezza e quella
confidenza e vicinanza con i personaggi che gli conosciamo, ma non basta a
salvare questa edificante predica…
…L'ambiguità di fondo sta proprio in questo:
Steve che porta in questo paesino il verbo del gas naturale sottacendone i
rischi si fa molti più scrupoli rispetto a un personaggio come quello di
Dustin, ambientalista apparso dal nulla come un cavaliere senza macchia e senza
paura ma che, pur di ottenere il suo scopo, non esita a utilizzare mezzi
scorretti e provocazioni.
E questa ambiguità è ben radicata nel film almeno fino al twist di sceneggiatura che rimette tutto in gioco e che incanala verso un finale in cui la maturazione del personaggio di Steve viene spiegata col solito pistolotto hollywoodiano( con annessa deriva sentimentale rimasta sospesa a mezz'aria per tutto il film) che cerca di blandire tutte le anime nobili scosse da tutta questa botta di scorrettezza politica.
Perchè non mantenere fino in fondo l'ambiguità di un personaggio come quello di Steve, una volta risolte le contraddizioni apparenti di tutti gli altri personaggi in campo?
Ecco il finale è forse la parte meno efficace di un film che comunque ha una sua armonia, probabilmente il buonismo dilagante ha fatto contrarre dal dolore anche le budella di Van Sant mentre lo stava girando.
Ma qui siamo a Hollywood, bellezza!...
E questa ambiguità è ben radicata nel film almeno fino al twist di sceneggiatura che rimette tutto in gioco e che incanala verso un finale in cui la maturazione del personaggio di Steve viene spiegata col solito pistolotto hollywoodiano( con annessa deriva sentimentale rimasta sospesa a mezz'aria per tutto il film) che cerca di blandire tutte le anime nobili scosse da tutta questa botta di scorrettezza politica.
Perchè non mantenere fino in fondo l'ambiguità di un personaggio come quello di Steve, una volta risolte le contraddizioni apparenti di tutti gli altri personaggi in campo?
Ecco il finale è forse la parte meno efficace di un film che comunque ha una sua armonia, probabilmente il buonismo dilagante ha fatto contrarre dal dolore anche le budella di Van Sant mentre lo stava girando.
Ma qui siamo a Hollywood, bellezza!...
…Una storia già vista, quella di Promised
Land, eppure raccontata tremendamente bene. Una storia di quelle di cui non so
voi, ma io sento il bisogno, oggi come oggi in cui tutti sembrano disposti a
tutto per i soldi: uccidere, uccidersi, credere di nuovo alle promesse di un
piazzista politico e alle sue lettere.
So già che qualcuno accuserà questo film
di essere buonista e moralizzatore, e di avere un finale troppo leggero ed
happy…
…Promised
Land è pertanto un
film tanto scorrevole e leggero nell'aspetto quanto complesso nel suo
sottotesto; c'è infatti da dire che se il pubblico italiano potrebbe trovare il
tema di fondo un pò deboluccio, un americano non può non cogliere la messa in
discussione di un concetto di purezza (ambientale come etica) tanto caro
alla cultura nordamericana, purezza come idea fondante che l'americano ha della sua terra promessa…
…Tierra prometida es olvidable, superficial e incluso prescindible. Es una pena porque el tema que trata podría haber dado mucho más juego, dada su relevancia y las decisiones a menudo complejas a las que puede llevar. Pero el propio Damon y su compañero John Krasinski (que también actúa en la película) han tomado una decisión más bien sencilla: escribir un libreto y llevarlo a la pantalla de la forma más directa posible. El único rodeo que se aparta de la mencionada previsibilidad afecta a una subtrama de cierta importancia para la principal, donde el giro sí funciona con mayor efecto…
mercoledì 20 febbraio 2013
Samson and Delilah - Warwick Thornton
opera prima, film di silenzi e immagini, una storia di emarginazione e riscatto finale, protagonisti gli aborigeni australiani, poveri e disperati, senza niente da sperare.
i due protagonisti, dai nomi biblici, provano a prendersi cura l'uno dell'altra e l'una dell'altro, in un mondo terribile, infernale, al sole.
il ragazzo non parla, se non qualche suono con un disperato bianco che vive sotto un ponte, in una cittadina del benessere, si corre, si va nei bar, grandi supermercati, ma non per i rifiuti della società.
ti affezioni ai due ragazzi, promesso - Ismaele
PS: sconsigliato a chi ama solo i film con ritmi alla Tarantino.
i due protagonisti, dai nomi biblici, provano a prendersi cura l'uno dell'altra e l'una dell'altro, in un mondo terribile, infernale, al sole.
il ragazzo non parla, se non qualche suono con un disperato bianco che vive sotto un ponte, in una cittadina del benessere, si corre, si va nei bar, grandi supermercati, ma non per i rifiuti della società.
ti affezioni ai due ragazzi, promesso - Ismaele
PS: sconsigliato a chi ama solo i film con ritmi alla Tarantino.
Samson and Delilah is
a terribly sad and touching tale of an Australian aboriginal boy and girl. The
film, which won the Caméra d'Or award at Cannes for the best first feature, and
"golden camera" suits its warm, luminous images, has a long downward
trajectory that rights itself just in time toward the end. There is the comfort
of a moment of mild hope when the teenage couple settles, after desperate
times, in a remote Outback location. We leave them at peace, the girl returning
to her craft of making paintings for sale to Alice Springs galleries, the boy
attempting to end his substance abuse. A romantic song declares that they will
always have each other, thus underlining that this is not a tract or horror
film but a love story, and that a cinema of identity is also a cinema of hope.
Songs are well used, and so is light. Thornton shows a sure touch and knows how
to tell a story, conveying clear messages in long wordless takes that draw you
in and grab your heart…
…Tangible, recognisable, sometimes terrible truths
about the human condition drive this film's aching heart, in which few words
are spoken but much is communicated. Warwick Thornton's film is a searing
dramatisation of how he sees his world in Central Australia, and despite its
bleak, agonising riffs, it carries the wings of hope. Hope for salvation from
the shattering harshness of life for some of us. Us, of course, is meant in a
humanistic way; I don't pretend to be a part of the specific world represented
here. But having seen the film, at least I have some insight - better than I
had before.
Much of the film is an exploration for the audience; revelations large and small come as minor climaxes, and our engagement is driven by the performances, the structure and the simple honesty of the storytelling. It's marked by the absence of judgement and the presence of understanding - that is not to be confused with condoning…
Much of the film is an exploration for the audience; revelations large and small come as minor climaxes, and our engagement is driven by the performances, the structure and the simple honesty of the storytelling. It's marked by the absence of judgement and the presence of understanding - that is not to be confused with condoning…
…Sans aucun artifice,
Thornton nous décrit la manière de vivre du peuple du désert australien
sous-représenté dans la production audiovisuelle. On y apprend beaucoup de
choses sur les aborigènes, leurs coutumes et leur style de vie. La première moitié du film pose lentement la situation d'une
communauté rudimentaire et précaire, très loin de l'opulence occidentale. Cette
partie demeure assez pénible à suivre, car elle se veut très contemplative et
silencieuse. C'est lorsque les deux protagonistes s'exilent vers la ville que
le long métrage se révèle beaucoup plus intéressant. Thornton y montre avec minutie ce
mépris qu'ont les "Wasp" par rapport à ce peuple dont la terre fut
volée par les colons. Ainsi, Samson et Delilah se retrouvent à l'écart, à
l'image du clochard avec lequel ils vont camper…
Warwick Thornton, al suo primo
lungometraggio, realizza un sincero e sentito film indipendente su una storia
d'amore adolescenziale nel cuore del deserto australiano, in una comunità
aborigena nei pressi di Alice Springs. Peccato che l'integrità di intenti e
l'urgenza narrativa non sopperiscano a uno stile un po' anonimo che rende il
film a tratti incolore, col rischio di cadere nel facile (magari frainteso)
pietismo…
…El director novel Warwick Thornton apuesta por
contar esta historia prescindiendo prácticamente de diálogos y plasmarla con
una magnífica fotografía. Y logra mostrar su guión de una forma meritoria, ya
que aunque está llena de silencios y presenta un aparente ritmo pausado, la
película nunca parece que se ha perdido y siempre sabe mantener la atención del
espectador. Sus dos actores protagonistas, pese a su aparente inexperiencia,
llevan el peso del filme sobre sus hombros con vigor y solidez…
…Samson and
Delilah e’ il primo lungometraggio dell’australiano Thornton, accolto
con scrosci di applausi alla proiezione in sala Debussy. Le ingenuita’ che
possono accompagnare le opere prime sembrano qui sfocare nella rocciosa onesta’
dello sguardo del regista, innamorato dei suoi protagonisti, dei contrasti
fortissimi tra i colori del cielo notturno e quelli della terra e del fuoco e
della pelle, e della fusione tra essere umano e natura veicolata da istantanee
penetranti, come quella dei ciocche di capelli di Delilah che cadono a
forbiciate sul terreno dopo la morte della nonna. Uno sguardo diretto, al di
sopra di ogni sospetto, che allo stesso tempo riflette creativamente, con buoni
risultati visivi, sull’amore adolescenziale e sulla ghettizzazione delle
popolazioni native. Tutto questo facendo leva su una rarefazione narrativa
pressoche’ totale. Se questa e’ la strada imboccata, Thornton probabilmente
fara’ ancora parlare di se’.
lunedì 18 febbraio 2013
Zero dark thirty – Kathryn Bigelow
per certi è più importante il viaggiare dell'arrivare.
così sembra per Maya, che dopo il raggiungimento dell'obiettivo, entrerà in una depressione post-parto.
Jessica Chastain è l'anima del film, che a me sembra una versione "sporca" di "Argo", anche "Zero dark thirty" è un'americanata davvero ben fatta, in cui vincono i "nostri".
e Jessica Chastain è come un Achab alla caccia di Moby Dick.
un film che dura due ore e mezza senza annoiare è da non perdere, promesso - Ismaele
così sembra per Maya, che dopo il raggiungimento dell'obiettivo, entrerà in una depressione post-parto.
Jessica Chastain è l'anima del film, che a me sembra una versione "sporca" di "Argo", anche "Zero dark thirty" è un'americanata davvero ben fatta, in cui vincono i "nostri".
e Jessica Chastain è come un Achab alla caccia di Moby Dick.
un film che dura due ore e mezza senza annoiare è da non perdere, promesso - Ismaele
…La Chastain è oro puro che si lascia modellare ad
immagine e somiglianza della regia bigelowiana, che si adatta con dignità e
delicatezza al suo ruolo, al tipo di film e al tipo di regista-carro armato che
la riprende.
E' così fragile, bella e triste da essere lei, solo con la sua fisicità e
il suo sguardo, l'elemento morbido e commovente di Zero Dark Thirty, il cuore rosso di un
film dal contenuto nero e duro.
Inutile parlarne ancora: Zero Dark
Thirty è un film-colosso imprescindibile, da
vedere con la giusta predisposizione d'animo e senza guardare l'orologio. Il
suo potere è così forte che vi ritroverete in un attimo, senza rendervene
conto, in religioso silenzio.
…”Zero Dark Thirty” is no more a
glorification of torture than Melville's “Moby
Dick” is a defense of the brutality of whaling…
…Some will see the sheer force of this set-piece as the epitome of
fascist wish-fulfillment. Yet that reading is too easy, eschewing both the
banality of the execution--the SEALs call out their prospective target's names
before firing, in an eerie moment of mutual recognition that recalls Ben
Wheatley's Kill List--and the profound alienation of spectators who
don't want to go along for the ride. "I got Ibrahim through the
door," one SEAL tells his colleague, but of course we know that, having
already assumed his perspective. The strength ofZero Dark Thirty lies
in the discomfort of that payoff and the coda that follows, where Maya
effectively gets the trophy to cap her counter-Jihad, only to be flown back
home on another mission, as ambiguous and imprecise as the last one.
…L’attrice americana fornisce
infatti una interpretazione magistrale, grazie alla quale gli autori riescono a
caratterizzare un personaggio complesso pur concedendo pochissimi momenti di
introspezione: basta uno solo sguardo per raccontarne speranze, emozioni e
paure. Maya è solo una delle tante donne che hanno un ruolo cruciale
nell'individuazione di Bin Laden, e riesce a portare a termine l’obbiettivo
grazie ad una ostinazione e ad una caparbietà che sembra mancare a molti dei
virili personaggi che la circondano: questo è forse l’unico messaggio veramente politico che Kathryn Bigelow cerca di mandare
con il suo ottimo film.
…Si l’histoire est
intelligemment exploitée, elle est également filmée avec génie. Bigelow alterne
mise en scène nerveuse et temps calmes, dans un cinéma du réel poussé à son
paroxysme, dont elle maîtrise tous les codes. Chaque plan est ainsi une leçon de cinéma, la palette de la
cinéaste ne semblant soumise à aucune limite, son talent transpirant de la
pellicule jusqu’à la scène époustouflante de l’assaut final. Dans le silence
absolu, aucune musique extra-diagétique ne venant interférer avec l’action,
elle filme ces soldats avançant dans la pénombre comme personne. À leur image, chaque
mouvement est méticuleusement calculé, rien n’est laissé au hasard. En chef
d’orchestre, elle alterne alors plans larges, plans subjectifs, gros plans,
plans-caméra à l’épaule dans une mise en scène brûlante, au suspense haletant
en dépit d'une connaissance universelle de l’issue du raid. Plus que le récit
d’une traque, « Zero Dark Thirty » est un pan de l’Histoire
américaine. Si certaines parties sont plus romancées que d’autres, ce choix
s’explique par la volonté inconditionnelle de la réalisatrice de confronter la
violence et leurs auteurs, faisant poindre en arrière-plan une critique subtile
des agissements des forces armées, mais délaissant les revendications
moralisatrices. Sur un rythme effréné, la cinéaste nous emmène dans les entrailles
de l’armée américaine, au cœur d’une sombre violence dont nous ne sortirons pas
indemnes. Un voyage vertigineux!
domenica 17 febbraio 2013
Viva la libertà – Roberto Andò
quando c'è Toni Servillo, con l'aggiunta di Valerio Mastandrea, come non andare a vedere quel film?
non ne sapevo niente, mi ha fatto sorridere, e anche ridere, e poi pensi che se il segretario del partito che, forse, vincerà le elezioni, anziché citare Brecht cita le battute di un comico che, giustamente, lo prende in giro, io preferisco Toni Servillo.
non perdetelo, non è perfetto, ma è un bel film - Ismaele
non ne sapevo niente, mi ha fatto sorridere, e anche ridere, e poi pensi che se il segretario del partito che, forse, vincerà le elezioni, anziché citare Brecht cita le battute di un comico che, giustamente, lo prende in giro, io preferisco Toni Servillo.
non perdetelo, non è perfetto, ma è un bel film - Ismaele
…Si parla di politica, ma
dentro il baule di Andò c’è molto altro: il cinema, la giovinezza, le donne,
l’amore, la filosofia, la letteratura, solo per dire alcuni ingredienti. Il
tutto, supportato da un cast impeccabile, anche per i personaggi secondari, tra
cui spicca un Valerio Mastandrea sempre più versatile. La sceneggiatura di Andò
e Angelo Pasquini ci propone una sorta di favola, come quando da piccoli si
gioca iniziando con la formula “facciamo finta che…?”. Come in tutti le favole
si ride e si riflette e si esce dal cinema soddisfatti a patto che ci sia
lasciati un po’ sorprendere e che si sia stati al gioco.
… questo è un film
chiaramente zavorrato dal suo programmatico impianto allegorico; che forza
spazi e tempi scenici per (di)mostrare un pensiero; dominato da un Servillo
scisso nel doppio ruolo che intasa un po’ troppo lo schermo con la sua
istrionica presenza. Ma, nonostante tutto, Viva la libertà (grido di pasolinana memoria) è un film che vive di una
sua intima e bizzarra energia: la riscoperta del valore etico delle parole, del
potere insito in esse quando sono connesse a un sentire. “Le parole sono importanti”
diceva Michele Apicella qualche anno fa… Ecco, in fondo non è nient’altro che
un auspicio il film di Roberto Andò. Una sincera speranza al di là di qualsiasi
strumentalizzazione...:
riscoprire un passato condiviso, riattivare passioni sopite, accettare le
(proprie) tante identità per raggiungere la leggerezza. Quella paradossale
leggerezza del guardare dritto in faccia la catastrofe.
…Il doppio si presta benissimo e in maniera
funzionale ai molti parallelismi che il film crea tra i suoi vari mondi a
confronto, quello di Oliveri e di Ernani, quello del cinema e della politica,
quello di Roma e di Parigi, quello tra il registro ironico e quello
esistenzialista ed eminentemente drammatico, servendo a dovere un film
ottimamente scritto e ulteriormente impreziosito dal ‘fattore Servillo'. Eh
già perché che piaccia o meno, la capacità di Servillo di accentrare film
e strutture narrative attorno alla sua formidabile presenza drammaturgica rende
ogni cosa più chiara, essenziale, intuitiva…
… Complessivamente invece, pur riconoscendo
il livello della confezione, e l'impegno profuso tanto nella qualità della
componente attoriale, quanto nella precisione della messinscena, non si può non
notare una semplificazione eccessiva nelle psicologie dei personaggi, e più in
generale nell'apparato teorico della storia, presente in maniera esaustiva nel
libro, ed invece carente nella trasposizione filmica. Una riduzione che
conferisce all'opera un senso d'approssimazione ed una consequenzialità
aprioristica, calcolata invece che spontanea. In questo senso è illuminante la
decisione finale di Olivieri, quella che decide le sorti della vicenda, la cui
resa oltre alla sensazione di non essere supportata dal necessario bagaglio
emotivo, sembra sciogliersi con un fare nebuloso, e con una motivazione figlia
più del desiderio di chiudere il cerchio che di spiegarlo. Da questo punto di
vista risulta migliore, anche se un po' troppo compiaciuta (ci riferiamo ai
vezzi ed ai tic rivelatori di una latente follia) , la figura di Ernani, almeno
lui, estrinsecato come si conviene ad un fool della sua portata. Favola
filosofica che indaga sui mali di un paese in agonia, "Viva la
libertà" non mancherà di stupire per l'irridente scherzosità di certi
passaggi, fatti ad arte per ironizzare su una classe politica che si copre di
ridicolo (anche il presidente della repubblica non viene risparmiato) ma rimane
forte l'impressione dell'ennesima occasione mancata.
… Non si può che elogiare
per la sincerità e le emozioni che trasmette Valerio Mastandrea, che in Andrea
Bottini, il fibrillante “secondo” del segretario dell’opposizione
Enrico Oliveri, in fuga momentanea per i sondaggi negativi e poi del
fratello gemello Giovanni Ernani, depresso bipolare, subisce una metamorfosi
dal cinismo alla speranza, attraverso mille espressioni mimiche e gestuali
che lo accostano sempre più al secondo; lo stesso vale anche per i contributi
di Michela Cescon, solida moglie di Enrico e Valeria Bruni Tedeschi,
recuperato, per l’occasione, ex amore di gioventù di ambedue i fratelli.
Splendido cameo del grande Gianrico Tedeschi. E poi c’è Toni Servillo, in agio
felice nel doppio ruolo dei gemelli, come tutti gli attori specie se grandi,
dove esprime la cupa depressione ansiosa del politico in crisi e la contagiosa
euforia del gemello filosofo pazzo che incute speranza con citazioni colte e
indimenticabili per la loro bellezza, come i versi di Brecht, o balla felice
più con i suoi amici della clinica psichiatrica, in cui è stato ricoverato e va
a trovare, che con una simbolica cancelliera tedesca visto dal buco della
serratura, con una maestria ormai mitica, che si esprime più che nelle
differenze nelle affinità che li rendono indistinguibili e allora …al ritorno
di Enrico, chi sarà dei due? Buona visione di un film notevole.
… La sua è
un’operazione intellettuale (ovverosia snob) colma di vuoti, che non si possono
riempire con raffinati e potenti contrappunti musicali insensati (perché paiono
rivenienti da - e destinati a - altri lavori più consoni), con siparietti
tutt’al più ingenui (il valzer con la cancelliera tedesca; le manie da rain man
del Servillo versione gemello fuori di testa; Andrea Renzi che imita D’Alema),
con elogi di follie, concetti "rivoluzionari" come la passione, ed
elargizioni una tantum di simboliche figure storiche “giuste” (Fellini,
Berlinguer).
La pretenziosità dilaga e obnubila; qualsiasi riflessione il film spera di suscitare (compreso il finale "enigmatico") viene affossata dall’evidente autocompiacimento e distacco. A guardare le cose dall’alto e da dietro i paraventi dell’autoreferenzialità e dell’intellettualismo chic non se ne percepisce la consistenza, la grandezza, la precarietà.
E gli attori non salvano la baracca, anzi: un Toni Servillo poco convinto (ed ancor meno convincente) anima due gemelli distinguibili solo dal cambio di ambientazione e partner; Valeria Bruni Tedeschi risulta oltremodo irritante e falsa; Anna Bonaiuto pare capitata sul set per sbaglio e comunque le viene dato un peso irrilevante; Mastandrea ha la solita espressione minimal-frustrata buona per ogni esigenza.
Quella dello spettatore, a seguito della visione di Viva la libertà, è di dimenticarsene quanto prima.
La pretenziosità dilaga e obnubila; qualsiasi riflessione il film spera di suscitare (compreso il finale "enigmatico") viene affossata dall’evidente autocompiacimento e distacco. A guardare le cose dall’alto e da dietro i paraventi dell’autoreferenzialità e dell’intellettualismo chic non se ne percepisce la consistenza, la grandezza, la precarietà.
E gli attori non salvano la baracca, anzi: un Toni Servillo poco convinto (ed ancor meno convincente) anima due gemelli distinguibili solo dal cambio di ambientazione e partner; Valeria Bruni Tedeschi risulta oltremodo irritante e falsa; Anna Bonaiuto pare capitata sul set per sbaglio e comunque le viene dato un peso irrilevante; Mastandrea ha la solita espressione minimal-frustrata buona per ogni esigenza.
Quella dello spettatore, a seguito della visione di Viva la libertà, è di dimenticarsene quanto prima.
sabato 16 febbraio 2013
Iklimler (Il Piacere e l'Amore) - Nuri Bilge Ceylan
una coppia che tramonta, immagini bellissime che valgono mille parole, i dolori di Isa e Serap li conosciamo benissimo, cose che capitano a noi o a qualcuno che conosciamo, Isa e Serap sono noi.
i film di Nuri Bilge Ceylan sono dei (piccoli e grandi) gioielli e anche questo è da non perdere - Ismaele
i film di Nuri Bilge Ceylan sono dei (piccoli e grandi) gioielli e anche questo è da non perdere - Ismaele
…La forma filmica è piena di senso: dal campo
lungo al primissimo piano, passando per una varietà di stadi intermedi, Il Piacere e l'Amore ci racconta la posizione di un
personaggio rispetto all'altro, senza bisogno di parole, con le sole armi del
cinema. Esemplare, in questo senso, è la sequenza del brusco amplesso tra Isa e
Serap, l'amante, che li spinge dal divano fino quasi ad uscire dallo schermo e
ad urtare la macchina da presa o il momento in cui Bahar e Isa si fronteggiano
dai lati opposti della strada, di nuovo insieme, nella stessa immagine, dopo
aver cercato invano la separazione.
A questa profondità (di campo) si associa un racconto dilatato e persino leggero, senza angosce ma senza semplificazioni, a tratti venato di sottile comicità, come nella sequenza di Isa con i genitori. È l'ambiguità della vita, il cui senso spesso sfugge a chi c'è dentro, che Bilge Ceylan racconta, da osservatore più che da narratore…
A questa profondità (di campo) si associa un racconto dilatato e persino leggero, senza angosce ma senza semplificazioni, a tratti venato di sottile comicità, come nella sequenza di Isa con i genitori. È l'ambiguità della vita, il cui senso spesso sfugge a chi c'è dentro, che Bilge Ceylan racconta, da osservatore più che da narratore…
…Il faut parler de l'esthétique du film
: les différents lieux sont magnifiquement photographiés, aux couleurs chaudes
ou froides selon les saisons, selon le temps. Il faut dire que N.B.C. pratique la photographie, à l'image
des personnages qu'il incarne à l'écran depuis 'nuages de mai'. Les scènes sont posées avec une
minutie que l'on retrouve chez d'autres réalisateurs photographes (comme Abbas Kiarostami). Le réalisateur turc ne néglige pas
le son, comme la dernière scène où tout s'estompe sous la neige sauf les aboiements
de chiens au loin.
On pourrait trouver quelques parentés avec Nanni Moretti pour la manière de se mettre en scène à l'écran (voir Woody Allen, naviguant sur une large palette du dramatique au comique, ce dernier étant plus tragique que 'Uzak'), Ingmar Bergman pour la matière psychologique ou encore avec Théo Angelopoulos pour le travail sur la matière du temps. Mais l'oeuvre de Nuri Bilge Ceylan est unique, qui se construit au fil de ses films ('les climats' est le 4e.), à vous désormais de lui consacrer un peu de temps.
On pourrait trouver quelques parentés avec Nanni Moretti pour la manière de se mettre en scène à l'écran (voir Woody Allen, naviguant sur une large palette du dramatique au comique, ce dernier étant plus tragique que 'Uzak'), Ingmar Bergman pour la matière psychologique ou encore avec Théo Angelopoulos pour le travail sur la matière du temps. Mais l'oeuvre de Nuri Bilge Ceylan est unique, qui se construit au fil de ses films ('les climats' est le 4e.), à vous désormais de lui consacrer un peu de temps.
Avec « Les climats », Nuri
Bilge Ceylan, réalisateur du remarqué « Uzak » nous donne à voir les dernières
heures d’un couple, tout aussi émouvantes que douloureuses. Partis en vacances
pour se ressourcer, l'homme et la femme peinent à communiquer et finissent par
se déchirer. Mais alors qu'elle se détache, lui tente de revenir sur les traces
de leur amour passé. Ainsi, après avoir opposé dans un premier temps,
vacances ensoleillées et pourtant signes de malheur, contre voyage dans des
contrées glacées et sentiments en état d'hibernation, l'auteur pose surtout la
question de la possibilité d’une relance d’une relation amoureuse, pour de
bonnes ou parfois mauvaises raisons. Il questionne l'amour et le regret…
… A lot of the reason
for the story and characterisation being so strong and involving, is again
through Ceylan’s strong sense of pacing and his impeccable use of locations to
draw out other unspoken elements. There are many scenes where the characters
barely exchange a word, and even when they do speak, they do not always express
their true feelings or motives. Through the use of lighting, props, locations,
weather and numerous other little details however, the history and tension
between each of the characters is fully understood…
giovedì 14 febbraio 2013
The mighty (Basta guardare il cielo) – Peter Chelsom
ci sono film magari imperfetti, ma che riescono a smuoverti qualcosa dentro,
cose come l'ingiustizia e l'amicizia, le capiscono meglio i bambini, ma se qualcosa, di quello, ti è rimasto vivo, questo film riesce a riportarlo a galla.
altrimenti condoglianze.
un piccolo grande film ti aspetta, se ancora non l'hai visto - Ismaele
…Max è uno di quei ragazzi grandi e grossi, molto timidi e perennemente impacciati. Vive con i due nonni perché sua mamma è stata uccisa da suo padre, ora in galera. Kevin invece è uno di quei ragazzi che parlano molto, con un'intelligenza acuta e un buon senso dell'umorismo. Vive con la madre, suo padre un giorno è andato via e non è più tornato. Kevin è malato gravemente, può muoversi solamente con l'aiuto di stampelle. I due faranno amicizia, scoprendo la bellezza della vita e il dolore della morte.
cose come l'ingiustizia e l'amicizia, le capiscono meglio i bambini, ma se qualcosa, di quello, ti è rimasto vivo, questo film riesce a riportarlo a galla.
altrimenti condoglianze.
un piccolo grande film ti aspetta, se ancora non l'hai visto - Ismaele
…Max è uno di quei ragazzi grandi e grossi, molto timidi e perennemente impacciati. Vive con i due nonni perché sua mamma è stata uccisa da suo padre, ora in galera. Kevin invece è uno di quei ragazzi che parlano molto, con un'intelligenza acuta e un buon senso dell'umorismo. Vive con la madre, suo padre un giorno è andato via e non è più tornato. Kevin è malato gravemente, può muoversi solamente con l'aiuto di stampelle. I due faranno amicizia, scoprendo la bellezza della vita e il dolore della morte.
"Basta guardare il cielo" è uno dei migliori film per ragazzi
mai realizzati. Malinconico e divertente, triste e spensierato allo stesso
tempo. Una sceneggiatura davvero bella è la colonna portante del film che
pecca un po' in ingenuità nella regia, sebbene queste pecche non si facciano
troppo notare. Il film procede in modo lineare, senza virtuosismi e affini,
mantenendo uno stile sobrio e misurato, senza eccessi. Quello che però fa di
questo film un piccolo capolavoro del suo genere, sono certamente le interpretazioni…
… non si dimostrerà
verosimile in ogni suo aspetto, però è innegabile come tale eventuale difetto
sia in realtà dovuto alle squisite citazioni (ad esempio il nome Gwendella
madre di Kevin, associato a Ginevra) del ciclo
arturiano, che dunque sono certamente perdonabili ed anzi costituiscono un
valore aggiunto.
Un film grazioso, con una storia accattivante e dei protagonisti memorabili. Riesce nel suo scopo formativo, scegliendo il giusto approccio per affrontare tematiche altrimenti risapute. Vanta diversi momenti simpatici ed altri sinceramente commoventi. Una riflessione sempre attuale, che andrebbe mostrata senza dubbio ad ogni individuo nell'età fra l'infanzia e l'adolescenza, ma che saprà conquistare pure un cuore più maturo…
Un film grazioso, con una storia accattivante e dei protagonisti memorabili. Riesce nel suo scopo formativo, scegliendo il giusto approccio per affrontare tematiche altrimenti risapute. Vanta diversi momenti simpatici ed altri sinceramente commoventi. Una riflessione sempre attuale, che andrebbe mostrata senza dubbio ad ogni individuo nell'età fra l'infanzia e l'adolescenza, ma che saprà conquistare pure un cuore più maturo…
…E' una favola
"nera" commovente e liberatoria, insegna come "fuggire"
dalla dura realtà per poi affrontarla a viso aperto con l'ingegno e la
prodezza, superando i traumi ed i complessi che la crudeltà degli altri
costringe a subire. I limiti possono trasformarsi in pregi nel momento in cui
si uniscono le forze, quelle del cuore e del cervello, in sincrono. Senza
retorica e facili meccanismi, Chelsom ci fa eccitare, gioire e piangere in
simbiosi con i due simpatici protagonisti: anche noi, nel finale, corriamo
disperati e proviamo un misto di ira e ammirazione davanti ad una beffarda
sorpresa…
Lake Mungo - Joel Anderson
mi ha ricordato molto "The Blair Witch Project", la differenza è che qui si "vede" qualcosa, l'immagine di Alice (morta?), la tensione cresce e un paio di sobbalzi li fai, il film è quasi tutto sottovoce, non si strepita, "The Blair Witch Project" mi aveva preso (e spaventato) di più.
comunque una buona opera prima (magari troppo sopravalutata, per i miei gusti) - Ismaele
comunque una buona opera prima (magari troppo sopravalutata, per i miei gusti) - Ismaele
…Il regista
ci tiene attaccati al video con un modo aggraziato e delicato di affrontare la
morte di una persona cara. Persino quando la vicenda si sporca e sembra
trascinare i protagonisti in una spirale discendente, non si perde mai il
controllo della situazione e non si cade in una bieca retorica.
Il finale capolavoro chiude il cerchio in un modo così perturbante che allo spegnimento del lettore ho dovuto trattenermi dal fare un piccolo salto di gioia per avermi fatto provare quella sana paura che un buon horror dovrebbe riuscire a suscitare. Un GRAZIE ad Anderson per aver partorito questo piccolo gioiello che non lascia indifferenti…
Il finale capolavoro chiude il cerchio in un modo così perturbante che allo spegnimento del lettore ho dovuto trattenermi dal fare un piccolo salto di gioia per avermi fatto provare quella sana paura che un buon horror dovrebbe riuscire a suscitare. Un GRAZIE ad Anderson per aver partorito questo piccolo gioiello che non lascia indifferenti…
…Si
entra quindi lentamente, molto lentamente nel cuore della pellicola e della
vicenda raccontata: il fulcro orrorifico legato alla povera Alice, scomparsa
improvvisamente mentre era in gita con la famiglia, fuoriesce per mezzo delle
pacate parole dei genitori e del fratello, persone che hanno vissuto con la
sofferenza di tale perdita ma che hanno accettato il dolore e riescono a
guardare avanti. C’è molto realismo nella costruzione dialogica, le domande
poste e soprattutto le risposte sono credibili e intense, così come le
recitazioni, tanto che, quando la storia inizia a prendere una piega
soprannaturale, basta anche solo che il padre racconti di aver visto il
fantasma della figlia per creare una notevole cappa d’inquietudine…
…Lake
Mungo è un signor film.
Nonchè
il primo titolo "di genere" da parecchio tempo a questa parte in
grado di lasciarmi addosso una profonda sensazione d'inquietudine amplificata
senza dubbio dall'atmosfera che ha fatto da cornice alla visione - casa Ford
tutta nel mondo dei sogni, orario tra sera e notte, luci spente, solo il
Bushmills a tenermi compagnia - ma ugualmente in grado di ricordarmi momenti di
turbamento che solo il vecchio Lynch, normalmente, riesce a trasmettermi…
…Lake Mungo dal punto di vista estetico è un vero
mockumentary, cioè la simulazione di un vero documentario, non uno di quei
soliti film in cui uno dei protagonisti maneggia la telecamerina simulando la
visione in prima persona.
Anche qui si moltiplicano le fonti attraverso cui vengono catturate le immagini ( videofonini, macchine fotografiche, telecamere) ma servono solo per rafforzare le affermazioni di questa sorta di documentario.
Siamo quindi al livello della riproduzione di una storia inventata facendola passare per vera ( c'è una scritta all'inizio del film in cui si afferma che il film è ispirato a eventi realmente accaduti) e cercando di provocare nello spettatore la sensazione di assistere a qualcosa che è veramente successo.
Se si vede il film senza essere informati sulla sua natura non si capisce che è tutta fiction.
Quindi si tratta di un'operazione di adulterazione più sofisticata di quella a cui ci ha abituato il genere tanto di moda oggi…
Anche qui si moltiplicano le fonti attraverso cui vengono catturate le immagini ( videofonini, macchine fotografiche, telecamere) ma servono solo per rafforzare le affermazioni di questa sorta di documentario.
Siamo quindi al livello della riproduzione di una storia inventata facendola passare per vera ( c'è una scritta all'inizio del film in cui si afferma che il film è ispirato a eventi realmente accaduti) e cercando di provocare nello spettatore la sensazione di assistere a qualcosa che è veramente successo.
Se si vede il film senza essere informati sulla sua natura non si capisce che è tutta fiction.
Quindi si tratta di un'operazione di adulterazione più sofisticata di quella a cui ci ha abituato il genere tanto di moda oggi…
martedì 12 febbraio 2013
giovedì 7 febbraio 2013
Recordações da casa amarela – (Ricordi della casa gialla) - João César Monteiro
João César Monteiro lo vedi e già sai che è vero, non
finge.
Joao de deus è
uguale, è di un altro pianeta, meno male è venuto a visitarci.
attraversa la vita
di un Portogallo che è il mondo, con la sua dignità e la sua (sov)versione
della "normalità".
non per tutti, purtroppo per i
tutti, imperdibile - Ismaele
Monteiro l'autonomo, Monteiro che se ne
fotte un po di tutto l'andazzo sconfortante dell'essere cittadino inserito in
società, Monteiro il maestro. Monteiro il borghese annoiato che non crede
nell'io sociale, mentre gli altri autori fagocitano e assimilano un loro
personaggio per approvazione, Monteiro segue la strada più tortuosa, o forse
non segue nessuna strada, era malato ed è morto da malato, quale era il suo
genio , senza ingrassare il suo curriculum vitae da alternativo come fanno
invece i c.o.g.l.i.o.n.a.z.z.i finto borderline. Ma quanto c'è in tanti esuli
dal modello sociale impostoci del personaggio Joao de deus?, c'è tantissimo,
ogni pensiero mentale è perversione, questo appare ad ogni atto, ogni atto è
finalizzato alla soddisfazione sessuale, non importa se urticante alla morale
comune, e non mi riferisco certo alla raccolta dei peli pubici femminili di
Joao, intendo anche nell'azione più normale durante un quotidiano che manca,
quello che può tener in vita un soggetto individualista e autonomo può essere
anche toccare un pelo pubico femminile.
Monteiro si fa beffe della patria e dei suoi alti ufficiali in comando, quando Joao si traveste da essi e mima comportamenti tra i più dementi che un uomo possa compiere, il fatto è che per la maggior parte della gente essere soldati o ufficiali e la normalità, anzi è un vanto, non per Monteiro. Il suo Joao travestito da guardia nazionale è un corpo sarcastico e immemore delle convenzioni mondane. Questo film capolavoro è uno schiaffo in faccia alle imposizioni dequalificanti del vivere in comune sotto regime nell'europa odierna, Monteiro ci dice abbasso la collettività e le leggi della massa informe. Viva il far west, abbasso la zombificazione matematica dell' individuo attraverso il lavoro e il sociale. Viva le belle erotiche carni delle giovani ragazze quattordicenni in erba , viva il guizzo istintivo, lo smemoramento di sè, il coito antisociale, il disimparare, il destrutturare, lo smembrare la lezioncina che ti hanno insegnato. Monteiro autore Inimitabile e inimitato.
Monteiro si fa beffe della patria e dei suoi alti ufficiali in comando, quando Joao si traveste da essi e mima comportamenti tra i più dementi che un uomo possa compiere, il fatto è che per la maggior parte della gente essere soldati o ufficiali e la normalità, anzi è un vanto, non per Monteiro. Il suo Joao travestito da guardia nazionale è un corpo sarcastico e immemore delle convenzioni mondane. Questo film capolavoro è uno schiaffo in faccia alle imposizioni dequalificanti del vivere in comune sotto regime nell'europa odierna, Monteiro ci dice abbasso la collettività e le leggi della massa informe. Viva il far west, abbasso la zombificazione matematica dell' individuo attraverso il lavoro e il sociale. Viva le belle erotiche carni delle giovani ragazze quattordicenni in erba , viva il guizzo istintivo, lo smemoramento di sè, il coito antisociale, il disimparare, il destrutturare, lo smembrare la lezioncina che ti hanno insegnato. Monteiro autore Inimitabile e inimitato.
…Se l'azione è poca e i
dialoghi talvolta latitano, comunque il gusto per la composizione della scena è
molto valido e nei momenti in cui è da solo (spesso) Monteiro riesce a colmare
qualsiasi assenza - di parole o di interlocutori - con quello sguardo laconico
e quell'aria perennemente assorta che ne fanno una figura profondamente comica
soltanto allo sguardo. Ma di una comicità appunto profonda, esistenziale,
malinconica all'ennesima potenza e dal retrogusto nauseabondo: perché il
sarcasmo di Monteiro genera più mal di stomaco che risate aperte. Sebbene
all'epoca venisse premiato col Leone d'argento a Venezia, questa pellicola non
ebbe una grande distribuzione in Italia: e difficilmente i film di Monteiro
diventeranno mai celebri in una nazione in cui non c'è spazio per uno spirito
iconoclasta e anticlericale (qui meno del solito, va riconosciuto, ma sempre
presente in sottofondo) come il suo…
… Monteiro è un cineasta
del quale si vorrebbe vedere di più (ha girato una ventina di film ed almeno
"A comédia de Deus" è un cult), perché di cineasti come lui ce ne
sono pochi, e purtroppo anche lui ci ha lasciato. In questo "Ricordi della
casa gialla" ha dato il meglio di sé, intessendo il film di umori (e,
verrebbe da dire, odori) anche schifosi, doppi sensi (quello del clarinetto è
lampante, ma ve ne sono altri) ed un linguaggio talvolta apertamente scurrile
ma, si badi bene, mai volgare. E non è facile. L'allampanato regista è molto
bravo anche nei panni d'attore, così come reggono benissimo la parte altri
interpreti sconosciuti alle grandi platee, ma di grande valore, come Ruy
Furtado nella parte del signor Armando, Luìs Miguel Cintra, un Messia da
manicomio criminale, e Manuela De Freitas, una Violeta di inaudita rapacità…
mercoledì 6 febbraio 2013
Su su per la seconda volta vergine - Koji Wakamatsu
è il terzo film di Wakamatsu che vedo, e anche qui è davvero di un altro mondo, ti cattura nelle sue storie e non puoi scappare, anche qui c'è un crescendo di interesse, i giovani del tempo, amore, poco, e sesso e morte, molto, musica, bianco e nero e colore nello stesso film, pianto e riso, un film davvero intenso.
da non perdere - Ismaele
…Though running barely over an hour, Go, Go Second Time Virgin packs a tremendous amount of artistry
into every scene. The relentless, downbeat atmosphere will prove tough going
for many viewers, as will such bizarre flourishes as alternating the
predominantly black and white footage with startling colour inserts (usually
for violent moments). Despite the casual, frequent displays of nudity, the
film's depiction of sex could hardly be described as erotic; instead, physical
contact is presented as a temporary balm to relieve the agony of day to day
existence in the big city with families insensitive to the needs of their
children. Teen rebellion has never looked so grim. The elements used for this
DVD, another in the impressive line of Japanese cult releases from Image and
the American Cinematheque, appear
to be in excellent shape and boast a nicely detailed, clean image. The scope
photography is well preserved with anamorphic enhancement to wring every last
detail out of the print, while the burned in subtitles are easy to read. The
disc also includes a shot-on-video interview with Wakamatsu, introduced with
some on-the-fly artsy tracking shots, in which he discusses his career and
offers some concise remarks about the state of Japanese cinema both past and
present. Not for everyone, obviously, but this is a good place to start to
learn more about a director who remains almost entirely unknown in the West.
da non perdere - Ismaele
QUI il film completo (con sottotitoli
in inglese)
Nel cinema di Koji Wakamatsu, il ritratto del
male è sempre ridotto all'osso, alla sua scarna essenza di squallore e
sofferenza. La sua arte è una poesia sbiadita e rassegnata, diluita
nell'inchiostro annacquato del dolore; ma la reticenza e l’apparente distacco
sono solo l’effetto della lontananza, del dislivello che separa la superficie
della realtà dal fondo dell’anima, in cui si trovano le ferite più gravi ed
insanabili. Il nichilismo dei personaggi di questa storia deriva
dall'impossibilità di arrivare con la mente e con il cuore fino a toccare
quell'abisso, per comprendere l’origine della loro mortale disperazione.
La loro ricerca di un perché si esaurisce nel loro inutile vagabondare su e giù
per le scale di un palazzo, dalla terrazza fino alla cantina: un viaggio astratto
e inconcludente tra i gironi di un inferno interiore, in cui l’unica
certezza raccolta a metà strada è la banale logica della vendetta. Ad avere
senso è solamente un freddo meccanismo assassino, come risposta naturale ed
automatica al cinismo dell’offesa subita, o come radicale rimedio ad un
madornale errore commesso…
da qui
…Ha il difetto di essere parecchio intellettualistico e francamente non sempre comprensibile, ma è riscattato da un talento visivo innegabile e da un sapiente utilizzo dell'unità di luogo (la terrazza). Certamente si tratta di un film intenso, le cui immagini restano negli occhi degli spettatori: possono respingere, ma non certo lasciare indifferenti…
…Ha il difetto di essere parecchio intellettualistico e francamente non sempre comprensibile, ma è riscattato da un talento visivo innegabile e da un sapiente utilizzo dell'unità di luogo (la terrazza). Certamente si tratta di un film intenso, le cui immagini restano negli occhi degli spettatori: possono respingere, ma non certo lasciare indifferenti…
… Pochi
giorni di lavorazione e un budget all’osso raramente hanno prodotto qualcosa di
memorabile al livello di Su su,
per la seconda volta vergine, il film-manifesto del primo Wakamatsu, in cui il
regista condensa, in un'ora abbondante di disagio palpabile, il sottile mix di
esistenzialismo avant e fascinazione per le tematiche di sesso brutale e
violenza efferata. L'amore è lontano mille miglia, un miraggio che per un
attimo sembra concretizzarsi negli sguardi dei due protagonisti, martiri e
carnefici, emblema dell'impossibilità di un rapporto tra i sessi che sia
paritario e basato sulla reciproca soddisfazione. Rabbia e nichilismo che
esplodono in sete di vendetta di fronte alla bestialità del (resto
del)l'umanità, preda di un istinto sessuale insaziabile e perverso tanto nelle
giovani generazioni (i teppisti tossici che si aggirano per il condominio in
cui il film è ambientato) che nelle precedenti (gli scambisti bestiali che
abusano di Tsukio). Violenza chiama violenza in un anno zero post-apocalittico
che in fondo poco ha a che fare con la sua epoca di speranze (il '68 appena
trascorso), mentre molto strettamente si lega al dna post-atomico giapponese o
al declino amaro dell’utopia hippie: tutt'altro che casuale, in questo senso,
il legame con il lato più oscuro evidenziato dall'apparizione sulfurea di Roman
Polanski e Sharon Tate tra le pagine di un manga.
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