lunedì 30 gennaio 2012

Un Homme Qui Crie - Mahamat-Salet Haroun

un film lento, ma che appassiona.
una storia di padre e figlio, con la guerra sullo sfondo e non solo.
bellissima fotografia - Ismaele.


So I truly do recommend this film as a great example of effective filmmaking. I didn't know what I was going to get with this one, but the results we're overwhelming in a good way. If you get a chance to see this film, do not pass it up, as far as dramatic films go for the year, this is among the best you'll find…

«Gardez-vous de vous croiser les bras en l’attitude stérile du spectateur, car la vie n’est pas un spectacle, car une mer de douleurs n’est pas un proscenium, car un homme qui crie n’est pas un ours qui danse». Così il grande poeta martinicano Aimé Césaire in uno dei passi più densi di significato del suo Cahiers d’un retour au pays natal (1939). Ancora più didascalicamente, il titolo di lavorazione del film recitava Un homme qui crie n’est pas un ours qui danse, come a marcare con più forza il debito d’ispirazione diretto al poema di Césaire, filtrato dall’Abderrahmane Sissako de La vie sur terre (1998), apologo cinematografico che usa il testo di Césaire come un palinsesto, riscrivendolo liberamente. Un messaggio apparentemente semplice, persino ovvio, ma così essenziale per inquadrare la condizione permanente dell’Africa, continente immerso in un mare di dolore che lo sguardo di noi occidentali trasforma in proscenio, scosso da grida che continuano ad intrattenerci in prima serata. Haroun ci invita a dismettere l’attitudine sterile dello spettatore e ad aprire la nostra comprensione alle ragioni di una condizione d’esistenza che non conosce ragioni, ma solo fragilità e dolore…


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