giovedì 12 gennaio 2012

Almanya - Yasemin Samdereli

molti si ritroveranno in una storia che racconta emigrazione e spostamenti, situazioni nelle quale molti dei nostri padri e nonni sono stati protagonisti.
e così per vita vissuta o per conoscenza personale qualche situazione e battuta del film ce l'abbiamo dentro.
il film merita molto per il sorriso e l'ottimismo di tutti i personaggi, le qualità migliori per battere i razzisti.
ci sarà da ridere e pensare, non è un film perfetto, ma vi aspetta e non vi deluderà - Ismaele


La regista si serve di aneddoti palesemente autobiografici, come il desiderio dei più piccoli di festeggiare il Natale, invidiosi dei regali, dell'albero e dei pranzi che sfoggiavano i loro coetanei, e li alterna a questioni impegnate come quelle riguardanti il ruolo dello straniero per lo sviluppo socio-economico (si parla dunque di classi operaie) della Germania. Significativa la frase storica dello scrittore Max Frisch: "chiedevamo dei lavoratori e sono arrivata delle persone". Che chiude (e al contempo apre al futuro) l'epopea dei suoi protagonisti. Appurato che l'Elia Kazan più autobiografico, quello di "Il ribelle dell'Anatolia" ("America, America", 1963) resta un modello assolutamente irraggiungibile, i riferimenti della Samdereli sono comunque numerosi e piuttosto evidenti: il britannico "East is East" (su una famiglia di pakistani in Inghilterra), Fatih Akin (il più importante regista turco-tedesco del cinema contemporaneo), alcune scorribande familiari di Emir Kusturica, Jean-Pierre Jeunet (soprattutto nella sequenza del sogno a base di Coca-Cola).
"Almanya" è un altro film sul tema dell'imigrazione, sincero ma impersonale, con flashback e bozzetti sull'orlo della cartolina caricaturale, esile ma gradevole, scanzonato e con annessa lacrimuccia finale, pur sostanzialmente non fasulla.
…Le sorelle Samdereli con un certo coraggio (e chissà quanto consapevole) e con supremo sprezzo della probabile indignazione della critica engagée, osano l’inosabile, cioè raccontare l’immigrazione turca in Germania degli anni del boom economico degli anni Sessanta-Settanta (il boom tedesco, quello turco è adesso) senza piagnistei, senza accuse di razzismo ai tedeschi, senza farci vedere il rifiuto e il rigetto da parte dei biondi teutonici del moro e scuretto e baffuto uomo anatolico, insomma aggirando il canone del film di immigrazione, che sia Il Padrino parte seconda o il pur adorabile e venerabile Rocco viscontiano. Anzi, in famiglia (quella del film, e forse anche quella della regista che in tutta evidenza ci mette parcchio di autobiografico in quello che ci fa vedere), c’è una gran felicità e un certo orgoglio nell’essere in Germania e gratitudine, ebbene sì gratitudine, per il paese che li ha accolti, mica respinti come usa adesso…
…Non si può far a meno di pensare che il film sia in una qualche misura autobiografico: le sorelle Samdereli raccontano storie di persone con le quali sono cresciute, inserendo episodi della loro infanzia da musulmane in terra cattolica, senza cadere nel facile clichè del diverso, vittima di una cultura fondamentalmente razzista. Anzi, con grande intelligenza riescono a trattare la materia che hanno con una comicità fresca e pulita, che sfrutta gli stereotipi attraverso gli occhi ingenui di chi vede il mondo per la prima volta.
Non c’è dramma, il multiculturalismo non è solo la pagina nera dei giornali … c’è dell’altro, ed è bene raccontarlo con un sottofondo travolgente e immagini ravvivate da colori accesi e da una forte positività insita in ogni sequenza: neanche la morte, in questo elegante film, riesce a svuotare di significato la vita, a guastare la serenità e l’equilibrio interiore … e dove può accadere, se non in oriente?
 

1 commento:

  1. Un gran bel film, piacevole sorpresa nelle sale di fine 2011.

    Un film alla Akin, assomiglia come stile a Soul Kitchen, anche se è un prodotto diverso...

    Ormai i turco-tedeschi sono dappertutto, basti guardare la nazionale di calcio...

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