martedì 22 settembre 2015

Pickpocket (Diario di un ladro) – Robert Bresson

la storia di un ladro diventa l'oggetto di un film di Robert Bresson, e, pur essendo stato censurato in Finlandia per insegnare troppo realisticamente le tecniche del borseggiatore, è un film da non perdere.
una donna lo ama, nonostante tutto, un amico cerca di farlo desistere dai suoi deliri di onnipotenza, quella piccola di un borsaiolo, e un commissario di polizia cerca di riportarlo sulla retta via, ma Michael ama troppo il rischio, l'adrenalina del ladro, quasi un cleptomane.
e come tutti i film di Bresson, le parole servono a poco,  Pickpocket bisogna vederlo e basta - Ismaele






Pickpocket di Bresson è un piccolo grande capolavoro, piccolo perché la narrazione non supera i 68 minuti, una narrazione semplice dal taglio documentaristico quasi neorealista, con l'unica peculiarità di essere raccontata tramite un diario.
Perchè questo film può essere considerato un capolavoro, innanzitutto per l'assoluta perfezione della caratterizzazione del personaggio protagonista, le dinamiche, i meccanismi psicologici sugli eventi di un ragazzo che vuol fare il ladro sebbene non sia la sua strada è raccontata con una precisione e fedeltà introspettiva che non mi stupirebbe lo sceneggiatore, o l'aiuto sceneggiatore, fosse dedito al taccheggio prima di darsi al cinema.
Inoltre il regista getta uno sguardo sociale ed esistenziale, "sarò il migliore?", "ha senso vivere?", "ha senso lavorare, a che serve?", "non è inutile la vita, non è meglio morire?", "è forse l'amore l'unica possibilità di redenzione?"..in questo caso, come parabola drammaturgica ideale, sarà proprio l'amore la svolta definitiva e necessaria.
Per qualcuno, può essere impossibile non rimanere secchi d'innanzi a questa pellicola.

…“Pickpocket” is about a man who deliberately and self-consciously tries to operate outside morality (“Will we be judged? By what law?”). Like many criminals, he does it for two conflicting reasons: because he thinks he is better than others, and because--fearing he is worse--he seeks punishment. He avoids Jeanne because she is wholly good, and therefore a threat to him. “These bars, these walls, I don't even see them,” he tells her. But he does, and is healed by the touch of her hand. (The famous last line: “Oh, Jeanne, what a strange way I had to take to meet you!”)
There is incredible buried passion in a Bresson film, but he doesn't find it necessary to express it. Also great tension and excitement,tightly reined in. Consider a sequence in which a gang of pickpockets, including Michel, works on a crowded train. The camera uses closeups of hands, wallets, pockets and faces in a perfectly timed ballet of images that explain, like a documentary, how pickpockets work. How one distracts, the second takes the wallet and quickly passes it to the third, who moves away. The primary rule: The man who takes the money never holds it. The three men work the train back and forth, at one point even smoothly returning a victim's empty wallet to his pocket. Their work has the timing, grace and precision of a ballet. They work as one person, with one mind. And there is a kind of exhibitionism in the way they show their moves to the camera but hide them from their victims.
Bresson films with a certain gravity, a directness. He wants his actors to emote as little as possible. He likes to film them straight on, so that we are looking at them as they look at his camera. Oblique shots and over-the-shoulder shots would place characters in the middle of the action; head-on shots say, “Here is a man and here is his situation; what are we to think of him?”

Humain, spirituel ou moral, Pickpocket est un parcours, un voyage. Le dernier vol de Michel répond au premier. Même lieu, juste une inversion de la position de Michel qui passe de derrière sa victime à devant, position à l’image qui enferme le héros dans le temps du film. Position également qui rend inéluctable son cheminement dans le film mais qui dans le même temps lui confère un statut à part, parenthèse dans la vie de Michel. Celle-ci va véritablement reprendre à la fin du film au moment où débute son histoire avec Jeanne. Pickpocket est un simple préliminaire, un rêve, un songe.

La mia generazione non ha potuto mai vedere un film di Bresson in sala, tranne nei club che dedicavano al Maestro una retrospettiva, un cineforum, una rassegna. Ecco, allora, che la visione di Pickpocket è rimasta un fatto privato: il cinema ascetico visto, esplorato, analizzato da asceti. Qualche anno fa, però, un piccolo locale napoletano ebbe la bella idea di inserirlo nella programmazione tradizionale, senza neanche pensarci troppo. Recatomi al cinema, pensando di trovare la sala vuota, resto esterrefatto: posti in piedi !...

2 commenti:

  1. un capolavoro da guardare con attenzione - dato che non lo vedo da molto troppo tempo, mi hai fatto pensare a cosa è diventata Rai3... un'altra rete tv, l'ennesima, senza identità e senza anima. Sulle reti Rai si vedeva di tutto, da Rambo a Bresson a Busby Berkeley - oggi o ti piacciono le serietv e i talent e i cookies, altrimenti non esisti. A proposito, che fine ha fatto Fuori Orario? così a occhio, è diventato così poca cosa che tra poco lo cancellano...
    (mi spiace soprattutto per le nuove generazioni, che difficilmente conosceranno Bresson e tutti i grandi. Oltretutto, per me erano già cose "vecchie", e a me faceva piacere sapere cosa c'era stato prima di me. Non so se sia così anche per gli altri.)

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    1. il tuo blog di cinema era ed è un museo vivo del cinema che non si vede più, che molti non sanno e non sapranno che è esistito, ed esiste ancora.
      l'ultima parte di "1984" (di George Orwell) diventa drammaticamente di attualità anche per il cinema.
      ecco a cosa serviva il tuo blog, un blog di resistenza (all'oblio) :)

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