non sapevo niente della storia, sapevo che meritava.
come in Room c'è un luogo chiuso, con tre persone dentro.
sapevo che c'era John Goodman, una certezza per i miei gusti, un tipo di peso, che sa scegliere i film in cui recitare.
e anche questa volta è andata bene, anzi benissimo.
esci dal cinema contento, un film davvero coinvolgente.
Howard (John Goodman) e Michelle sono davvero da Oscar, dimenticavo di dire che Michelle è interpretata da Mary Elizabeth Winstead, un'attrice perfetta in quella parte, un carattere deciso, ecco perché Ben si è fatto lasciare.
il film è stato scritto anche da Damien Chazelle (Whiplash), prodotto anche da Drew Goddard (regista di Quella casa nel bosco) e diretto da un regista al primo lungometraggio, è un film da non perdere, da vedere al cinema, poi mi direte - Ismaele
ps: a un certo punto Michelle dice una parola che sembra poco adatta (a me), ma poi ci sta, è Michelle contro il resto del mondo, mica una qualunque; un aiuto: la parola è un verbo.
come in Room c'è un luogo chiuso, con tre persone dentro.
sapevo che c'era John Goodman, una certezza per i miei gusti, un tipo di peso, che sa scegliere i film in cui recitare.
e anche questa volta è andata bene, anzi benissimo.
esci dal cinema contento, un film davvero coinvolgente.
Howard (John Goodman) e Michelle sono davvero da Oscar, dimenticavo di dire che Michelle è interpretata da Mary Elizabeth Winstead, un'attrice perfetta in quella parte, un carattere deciso, ecco perché Ben si è fatto lasciare.
il film è stato scritto anche da Damien Chazelle (Whiplash), prodotto anche da Drew Goddard (regista di Quella casa nel bosco) e diretto da un regista al primo lungometraggio, è un film da non perdere, da vedere al cinema, poi mi direte - Ismaele
ps: a un certo punto Michelle dice una parola che sembra poco adatta (a me), ma poi ci sta, è Michelle contro il resto del mondo, mica una qualunque; un aiuto: la parola è un verbo.
…Correva l'anno 2008
quando J.J. Abrams, con la complicità di Matt Reeves alla regia, architettava un'operazione
destinata a mutare, almeno in parte, le coordinate dei disaster movies. Torna
ora, con un diverso regista, a richiamare, con un accenno nel titolo, quel
piccolo ma importante film. Ci si muove però sul terreno del thriller
psicologico del quale Trachtenberg conosce bene tutti gli elementi strutturali.
Perché funzionino e non diano origine a un B-movie è però necessario avere un cast all'altezza. In questa occasione la scelta è stata più che oculata perché a una Mary Elizabeth Winstead (femminile e determinata al punto giusto) viene contrapposto un John Goodman al suo meglio. Goodman è un attore che, nel corso della sua lunga carriera, ha saputo mostrarsi in grado di interpretare sia ruoli di omone benevole e friendly così come quelli di persona di cui temere le reazioni. Qui alterna i due volti con una duttilità che finisce con il costituire il fulcro della narrazione…
Perché funzionino e non diano origine a un B-movie è però necessario avere un cast all'altezza. In questa occasione la scelta è stata più che oculata perché a una Mary Elizabeth Winstead (femminile e determinata al punto giusto) viene contrapposto un John Goodman al suo meglio. Goodman è un attore che, nel corso della sua lunga carriera, ha saputo mostrarsi in grado di interpretare sia ruoli di omone benevole e friendly così come quelli di persona di cui temere le reazioni. Qui alterna i due volti con una duttilità che finisce con il costituire il fulcro della narrazione…
…È un bel gioco psicologico il film di Dan Tratchenberg, che
al suo primo lungometraggio (sinora aveva realizzato solo corti) firma un’opera
che mette alla prova le nostre aspettative in maniera intelligente e
coinvolgente: la tensione, anzitutto psicologica, fa leva sul senso
claustrofobico dell’ambientazione e sul mistero di ciò che si trova
all’esterno. Di cosa si deve avere paura: del (presunto) orrore che ci aspetta
fuori o di chi ci è seduto accanto? L’interrogativo rimbalza in testa sin
dall’inizio, incarnato com’è nel personaggio che Goodman interpreta con la
solita classe e la giusta dose di inquietante ambivalenza. Più ci si avvicina
alla verità di questa realtà controversa, più il distacco dai registri del
primo Cloverfield aumenta. Sono semplici i meccanismi
che mantengono costante la suspense e il quadro ha una cornice squisitamente
minimal, ma il bello è che giallo è così avvincente da farci smettere di
cercare il riferimento al film di Reeves. Di cui, anzi, ci si dimentica presto.
E infatti, quando il collegamento finalmente si manifesta, coglie un po’ di
sorpresa: da una parte, l’aggancio sembra figlio di un cambio di programma in
corsa, per un film che forse in origine voleva essere altro e che all’ultimo ha
virato verso la continuità di un universo ben preciso…
…De lo que hay
que estar muy orgulloso del filme, y por lo que merece la pena el visionado, es
por las magníficas actuaciones de los dos protagonistas.
John
Goodman hace una
interpretación impecable del personaje Howard. Podríamos decir que Goodman
realiza el papel de un “villano”, y lo borda. Es profundo, intrigante y ha
sabido dar al espectador ganas de descubrir su gran trasfondo. Perfectamente
podría haber sido un personaje plano, pero Goodman no lo ha permitido, sino que
lo ha sabido colocar como la guinda del pastel.
A su vez, Mary Elizabeth Winstead interpreta a Michelle con garra y
fuerza. Es la encargada principal de transmitir todo sentimiento al espectador,
el nexo que nos une al relato, los ojos que ven lo que ocurre ante tal
situación, siendo una perfecta comunicadora, punto fuerte también para la
cinta. Su escena final es de las que cobran más fuerza y dan sentido a 10 Cloverfield Lane…
…Calle
Cloverfield 10, a pesar
de ser un relato que se desarrolla, en su mayor parte, en interiores (el
escenario del búnker está muy bien aprovechado) y con tan pocos personajes,
logra la hazaña de ser altamente entretenida y carente de tiempos muertos
innecesarios con los que engordar el metraje, evitando la incómoda sensación de
estar ante un episodio alargado de The
Twilight Zone. No hay lugar para el aburrimiento en medio de tanta teoría
conspiratoria y, al igual que hiciera M. Night Shyamalan en Señales(2002) o (de nuevo)
Spielberg en uno de los pasajes más aterradores de La guerra de los mundos
(2005) —Tom Cruise y Dakota Fanning a merced de un Tim Robbins alucinado en
aquel sótano—, Trachtenberg construye un ambiente de inquietud en ese acotado
espacio mucho más difícil de sobrellevar que cualquier peligro que amenace en
la superficie. Amenaza que no será desvelada hasta un explosivo tramo final en
el que el filme muta en algo completamente diferente a lo expuesto hasta ese
momento, cambiando de género de forma radical y sacando la faceta de action woman de Winstead que ya habíamos disfrutado
en el remake de La cosa (Matthijs van Heijningen jr., 2011).
Finalmente, no estamos ante una secuela al uso de Monstruoso—algo de lo que
estábamos avisados desde que Abrams confirmase que se trataba de una “pariente
de sangre” o “heredera espiritual” de aquella—, si bien es cierto que tampoco
traiciona su condición de obra expansiva del universo iniciado ocho años atrás,
abandonando las restricciones propias del subgénero de metraje encontrado para
desvelar algunos misterios y, principalmente, dejar las puertas abiertas a
futuras alternativas que, a buen seguro, sabrán cómo volver a engañarnos de
nuevo. Da gusto asistir a una ópera prima tan excelentemente dirigida como
esta, una pequeña sorpresa que supone un soplo de aire fresco en el thriller
como lo fue, en la pasada temporada, La
visita (M. Night Shyamalan,
2015).