un uomo contro tutto e tutti, contro tutte le aspettative, riesce a ottenere i suoi obiettivi di liberare due uomini, come nel più classico degli western.
i tempi sono quelli della guerra fredda, i sovietici e i tedeschi dell'est sono peggio degli statiunitensi, sarà un caso, ma il film è un'americanata, ben fatta davvero, Spielberg è un grande del cinema.
poi ce n'è anche per i militari statiunitensi, dipinti come quelli di Stranamore di Kubrick, pazzi travestiti da difensori della patria, nelle loro mani sono i destini di tutti, poveri noi.
come in una partita a scacchi l'avvocato Donovan ( Tom Hanks) non sbaglia una mossa, si crea un rapporto di stima reciproca con la spia Abel, riuscirà alla fine a fare lo scambio sul ponte delle spie, vincendo la partita.
hanno collaborato alla sceneggiatura anche i fratelli Coen, certamente migliorando quella originaria.
nessuno si aspetti cose straordinarie, è solo un film di piccoli uomini in tempi difficili, che ci sono sempre, i tempi difficili di sicuro, ma anche adesso uomini straordinari appaiono (mi viene in mente Edward Snowden, per esempio, non a caso ricercato), un film classico, di quelli di una volta - Ismaele
i tempi sono quelli della guerra fredda, i sovietici e i tedeschi dell'est sono peggio degli statiunitensi, sarà un caso, ma il film è un'americanata, ben fatta davvero, Spielberg è un grande del cinema.
poi ce n'è anche per i militari statiunitensi, dipinti come quelli di Stranamore di Kubrick, pazzi travestiti da difensori della patria, nelle loro mani sono i destini di tutti, poveri noi.
come in una partita a scacchi l'avvocato Donovan ( Tom Hanks) non sbaglia una mossa, si crea un rapporto di stima reciproca con la spia Abel, riuscirà alla fine a fare lo scambio sul ponte delle spie, vincendo la partita.
hanno collaborato alla sceneggiatura anche i fratelli Coen, certamente migliorando quella originaria.
nessuno si aspetti cose straordinarie, è solo un film di piccoli uomini in tempi difficili, che ci sono sempre, i tempi difficili di sicuro, ma anche adesso uomini straordinari appaiono (mi viene in mente Edward Snowden, per esempio, non a caso ricercato), un film classico, di quelli di una volta - Ismaele
…La sobrietà di una messa in scena che potrebbe anche correre
il rischio di apparire didascalica, ma in realtà rinnova il patto tra Spielberg
e il pubblico, quello di un intrattenimento mai sbilenco rispetto al registro
adottato. E il registro non ha più nulla a che vedere con le ipotesi da
cinema/luna park dei vari Indiana Jones e il
tempio maledetto, Hook e Jurassic Park (e in misura maggiore delle sue
produzioni per altri cineasti), perché il roboante incedere della Storia è
centro e sfondo allo stesso tempo.
Nel cuore dell’inquadratura non c’è mai spazio per il Muro, o per i mirabolanti U-2 dell’aviazione statunitense, ma solo per l’uomo, per le sue contraddizioni, per le sue qualità e vizi. Il resto è materiale da avanspettacolo storico, del quale già si conoscono gli esiti, e che può dunque rimanere nel fuori campo. In questa chiave di lettura, oltre al senso dell’epos e alla potenza dell’immaginario, Spielberg può davvero essere considerato l’unico erede di John Ford tra i registi della New Hollywood. Lo testimonia una volta di più l’ultimo segmento de Il ponte delle spie, dalla nebbiosa alba sul ponte di Glienicke fino a quell’immagine che scorre davanti agli occhi di Donovan mentre si trova in metropolitana. L’ennesimo conflitto nel conflitto, paradosso e immagine riflessa di una Storia che non è mai finita…
Nel cuore dell’inquadratura non c’è mai spazio per il Muro, o per i mirabolanti U-2 dell’aviazione statunitense, ma solo per l’uomo, per le sue contraddizioni, per le sue qualità e vizi. Il resto è materiale da avanspettacolo storico, del quale già si conoscono gli esiti, e che può dunque rimanere nel fuori campo. In questa chiave di lettura, oltre al senso dell’epos e alla potenza dell’immaginario, Spielberg può davvero essere considerato l’unico erede di John Ford tra i registi della New Hollywood. Lo testimonia una volta di più l’ultimo segmento de Il ponte delle spie, dalla nebbiosa alba sul ponte di Glienicke fino a quell’immagine che scorre davanti agli occhi di Donovan mentre si trova in metropolitana. L’ennesimo conflitto nel conflitto, paradosso e immagine riflessa di una Storia che non è mai finita…
…Spielberg non si fa mancare un
po’ di stereotipi sui demoni comunisti che torturano il pilota con la
privazione del sonno (le torture psicologiche dei russi che andavano di moda
nell’immaginario della Guerra Fredda), mentre da noi, in America, il russo
viene rispettato (gli permettono addirittura di dipingere) ecc.
Non è proprio a senso unico, non cade del tutto nella banalità, non
fa un proto-western degli anni ’50 con gli indiani cattivi che attaccano i
bravi coloni americani, non si (ci) nasconde che anche quelli della CIA sono
cinici, amorali, che cercano con tutti i mezzi di strumentalizzare l’avvocato
lincolniano incorruttibile. Col mestiere riesce a restare sulla linea di
confine, con qualche caduta nell’estremo, ma controllata. E alla fine, come non
ricordare quella battuta, che oggi fa ridere, de I tre giorni del condor,
quando Redford dice: “C’è del marcio nella CIA”.
Un po’ di marcio.
Va a finire, pensa lo spettatore paziente e ben disposto, che Steven Spielberg, all’età di 69 anni, ha fatto la sua personale, fiabesca, (per lui?) scoperta… dell’America.
Va a finire, pensa lo spettatore paziente e ben disposto, che Steven Spielberg, all’età di 69 anni, ha fatto la sua personale, fiabesca, (per lui?) scoperta… dell’America.
…La penna dei
Coen trapela in ogni sequenza, mettendo in bocca a personaggi delineati alla
perfezione dialoghi tra il filosofico e il surreale, tra l'ironia e la
profondità. Certo, manca l'umorismo nero tipico di Joel ed Ethan, ma il
contesto (la guerra fredda e soprattutto la sua percezione nel popolo
americano) non è certo il più appropriato. Non siamo di fronte al compitino,
sia chiaro: ai Coen non sfugge l'occasione per
ridicolizzare il patriottismo ottuso e
per sottolineare che, in un certo senso, gli americani non esistono: sono
tedeschi, irlandesi, italiani; ma è l'accettazione ed il rispetto delle stesse
leggi (e conseguentemente dell'individuo) a renderli un popolo. Un concetto che
si potrebbe esprimere anche per tedeschi, irlandesi e italiani e che, in questi
giorni, si rivela particolarmente ghiotto
e privo di grassi, parabeni e discriminazioni di razza, etnia o religione.
La sceneggiatura dei Fratelli Coen
persevera nella difesa dell'individuo affiancando ad Hanks, che regge il peso
dell'intera pellicola, un personaggio indimenticabile, quello della
(presunta) spia sovietica Rudolf Abel, che, seppur "nemico",
si rivela serafico nella sua correttezza e nella sua lealtà. Ed è Mark Rylance, più volte prestato
al cinema dal teatro e già candidato ad un
Globe per questo ruolo, a rendere Abel ancora più umano e rispettabile. A
contrapporsi alla simpatica fermezza di Abel troviamo, ironicamente, la
superficialità e l'antipatia del pilota dell'aereo spia statunitense (Austin
Stowell), quasi a voler sovvertire i canoni di un certo (e stantio) tipo di
cinema di parte…
…Il ponte delle spie riesce meglio nelle zone grigie,
quando Donovan vede Abel e Powers come patrioti che scommettono sui loro Paesi.
Risplende quando Spielberg mostra il carattere del protagonista con l’azione,
come quando Donovan va a Berlino dove i cospiratori quasi lo ammazzano. Durante
il crescendo che porta allo scambio dei prigionieri sul ponte Glienicke, ci
sono poi dei momenti dove si fatica a capire chi sia il buono e chi il cattivo,
e la solita roba da spie diventa una potente provocazione.
…di una sceneggiatura monolitica che ci mostra in piena luce
episodi complessi e oscuri, e che lo fa con troppe sicurezze ideologiche ed
etiche, pochi dubbi, poche o zero sottigliezze capaci di rendere la lunga zona
grigia tra il bianco e il nero. Se son stati poi chiamati, com’è successo, i
fratelli Coen a trattare e riscrivere almeno in parte la sceneggiatura
originaria ci sarà stato un motivo, probabile che lo stesso Spielberg abbia
avvertito la necessità di complessificare e stratificare. Ma l’intervento dei
Coen Bros. sembra limitato all’aggiunta di una qualche smagliante battuta qua e
là, di una qualche invenzione stravagante e di loro tipico lunare surrealismo e
però alla fin fine marginale (un critico anglofono, ahimè non ricordo quale,
individua come di sicuro segno coeniano la falsa famiglia sovietica di Rudolf
Abel, io azzarderei anche la sala cinematografica berlinese con in cartellone Spartacus di Stanley Kubrick e Un, due, tre di Billy Wilder, commedia di spietato
cinismo sulla guerra fredda di cui i due fratelli potrebbero benissimo firmare
un remake, ma che con lo spirito spielberghiano c’entra poco, anzi niente)…
mi ispira moltissimo questo film...
RispondiEliminala regia è eccellente, e l'attore principale raramente mi delude
vai sul sicuro :)
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