“Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film.” Se n’è uscito così, ad
un semaforo rosso di Viale dell’Oceano Atlantico circa un anno fa. Stavamo
andando insieme a parlare con un amico oncologo in ospedale. La risposta ce
l’avevo pronta ma l’ho lasciato godere di questa sua epica attitudine alle
frasi epiche che accompagneranno per sempre tutti quelli che lo hanno
conosciuto. Ho aspettato il verde in un altrettanto epico silenzio (sono molti
anni che era stato operato alle corde vocali). Ripartendo ho detto “C’è
gente che ne ha fatti trenta ed è molto più stronza di te”. Il suono leggero
della sua risata soffocata mi ha suggerito il suo darmi ragione, confermato
dall’annuire ripetuto della sua testa grande. Di gente stronza Claudio se ne
intendeva, ne ha conosciuta tanta, e tanta ne ha liquidata con quel metro di
giudizio. Stronzo è una parola che detta da lui aveva un altro significato. Più
potente. Più profondo. Il Nord “di lago” da cui proveniva deve avergli
dato una dimensione molto particolare nello scegliere le parole e nella forza
con cui scagliarle. E le parole che gli mancavano da parecchio tempo è sempre
riuscito a fartele sentire anche se arrivavano scariche di suono. La grandezza
di un uomo così viene anche da questo. Dal poter fare a meno delle armi
convenzionali che servono per vivere la vita e dal continuare a battagliare con
ogni mezzo mosso solo dalla voglia di esserci e di fare della propria
vita una vita. Il suo lavoro ne è l’esempio unico, assoluto. Non ha mai smesso
di fare film Claudio. Ne ha girati tre ma ne ha scritti, fatti e visti almeno
il triplo. Questo deve accadere ad un regista che vede sfumare i propri
progetti per motivi enormi o a causa di persone piccolissime. Pensare,
scrivere, vedere, riscrivere, ripensare, vedere ancora fino alla morte del
progetto e , nonostante questo, continuare a vederlo finito, il proprio film.
Così ha fatto anche lui. Noi che abbiamo avuto il privilegio di lavorarci
questo lo sappiamo bene. Ogni film non fatto da Claudio, Claudio lo ha fatto
eccome. Come ha fatto il suo terzo e ultimo. Con l’amore e la cattiveria che la
malattia gli imponeva. Con la dolcezza di chi riconosce la magia del cinema e
delle persone che lo fanno. Con la stronza intelligenza di chi urlava il
diritto al cinema da conoscere e da poter fare. Con un winchester immaginario
sotto l’impermeabile a ricordare che Ford e Sam Peckinpah erano li con lui
anche se stavamo all’idroscalo di Fiumicino anzi, soprattutto per quello. Era
pieno di roba e di gente Claudio. Il suo Martino in un angolo della testa. PPP
sempre a portata di citazione. I suoi “ultimi” da raccontare, facendoli
volare dal basso dei sondaggi sui quotidiani , all’alto del livello
drammaturgico in un copione e poi sul set. Il suo cinema è stato e sarà sempre
Politico. Non ha mai smesso di esserlo neanche quando non veniva materialmente
realizzato. Bastava parlarne. Guardarlo mentre sceglieva il ritmo del respiro
giusto per pronunciare la frase epica di turno. Ha sempre conosciuto i film che
ha fatto. Li ha mangiati, bevuti, e vomitati prima di farli diventare un film.
E’ stato forse l’ultimo intellettuale vecchie maniere. Con la capacità di
sporcare la propria anima e la propria intelligenza del nucleo essenziale di
quello che si apprestava a raccontare. Per Claudio “Ideologia” non è mai stata
una brutta parola. Lo ha spinto a non fare mai un passo indietro e gli ha
permesso di difendere quello che faceva con una forza che non ho mai visto in
vita mia. E gli ha consentito anche di lottare con il male costringendolo
ai supplementari più di una volta. Claudio ha perso ai rigori, che si sappia
questo. E ai rigori non è mai una sconfitta reale. A tutti noi che lo abbiamo
accompagnato nell’ultimo sogno realizzato è bastato questo. Onorarlo nel lavoro
che più ha amato, maledicendo la sua ostinazione, ammirandone la tenacia, il
coraggio e la passione. Ridendo alle sue battute crudeli. Commossi davanti alla
sua commozione dell’aver iniziato e finito il suo nuovo e ultimo film.
Ministero beni culturali. Interno giorno.
Claudio e Valerio sono seduti su due poltrone. Claudio ha con se la sua
immancabile ventiquattrore. Valerio smanetta col telefono. Silenzio
Claudio- “se c’è un aldilà sono fottuto”
Valerio ride.
Buon viaggio amico nostro. Se c’è pellicola non sei fottuto per niente.
Ciao Francesco,
RispondiEliminadopo aver scoperto Caligari sul tuo blog e letto un'intervista, non potrò non guardare i suoi film. Grazie per la scoperta!
Saluti dal tuo compaesano
Gianfranco
ma Gianfranco P. o Gianfranco Z.?
Eliminaspero di vedere l'ultimo film di Caligari in sala...