poi non succede niente (di enorme), solo piccoli smottamenti che cambieranno la vita a quella piccola famiglia svedese arrivata per una settimana bianca, per soffrire, in realtà.
viltà, debolezze, pianti, incomprensioni, silenzi sono gli ingredienti del dramma di quella settimana, e i due bambini capiscono (ma lo sapevano già da prima) che la loro non è la famiglia felice che sembra.
e tutti sembrano inadatti.
l'unico momento di gloria, per tutti, ci sarà quando un autista dimostra di essere una schiappa, ed eroicamente i villeggianti faranno la strada a piedi.
e poi, inquietante, c'è l'inserviente che osserva tutto, come noi.
un film che non lascia troppo tranquilli - Ismaele
… La narrazione è piana, a tratti lenta con vuoti che
rappresentano la normalità ( specie in Svezia e al Nord), gli attori sono
discreti, ma spariscono di fronte al paesaggio innevato silenzioso ma pieno di
effetti sonori, che crea una suspence più cercata o creata appositamente che si
affloscia sul finale. Il dramma psicologico nella coppia, creatosi dopo temuta
valanga, è trattato adeguatamente al tono del film. Qualunque citazione di
Bergman, Haneke o di altri nordici appare fuori luogo. Buon film svedese in cui
non bisogna arrovellarsi troppo.
…ciò che muove Force majeure è
l'essenziale mise en scène, senza orpelli,
senza nulla lasciato al caso. Il crollo del mito del padre, e della virilità ad
esso associata, è un po' il pretesto per immobilizzare i movimenti interni di
una famiglia normale, e annegarli nel lucente bianco di un mondo bellissimo ma
monocromo, incolore. Giocando spesso con i riflessi, e ribadendo in
continuazione quali siano i limiti dell'immagine - e realizzando a tal
proposito un lavoro notevole con il suono, che focalizza l'attenzione su ciò
che preme mostrare all'autore, piuttosto che su ciò che nella possibile realtà
del film potrebbe verificarsi - Ostlund realizza un piccolo grande tentativo di
raccontare la sottile assurdità di un mondo fatto a pacchetti tutti uguali,
incasellato nelle finestre del residence in cui soggiorna la famiglia, e che
combatte funesto il gelido inverno (paradossalmente, godendosela in una gioiosa
settimana bianca), con la rara musica classica a cingere i luoghi, i lampi e i
fuochi di una realtà sul ciglio del baratro, che vorrebbe responsabilizzarsi ma
non sa non farsi trascinare dall'istinto per motivi di forza maggiore.
da qui
da qui
…Ostlund non s’accontenta
delle interessanti premesse e promesse che ha posto, spariglia le carte e i
registri, mette il film nella carreggiata del dramedy, ma sentimentale, comico,
apologetico, e chi più ne ha, sono sullo schermo.
Forse si può recriminare sulla durata (un’ora e 58 minuti), ma Turist offre
splendide immagini alpine e contrappunti sonori iperbolici, l’insostenibile
leggerezza dell’istinto di sopravvivenza e l’occasione di una sacrosanta risata
sul basso continuo della (mancata?) tragedia. Riuscirà, dunque, Tomas a tornare
compagno, padre, uomo? Film da far vedere e rivedere agli sceneggiatori del
nostro cinemino e pure ai registi, perché Forza maggiore forse
non si nasce, ma di sicuro si cresce.
… Il limite di Forza maggiore sta nel troppo palese intento
dimostrativo, e in una parte seconda meno convincente, come se il regista non
ce la facesse a dipanare una vera narrazione oltre la sua brillante idea di
partenza (e premessa teorica). Entra in ballo a un certo punto una coppia amica,
senza che aggiunga granché alla storia. Ancora meno convince il successivo
riscatto di Tomas. Per fortuna nella sequenza finale si recupera il senso di
sperdimento, di confusione, di fronte alla natura incombente, si rinnova la
scommessa della sopravvivenza in un’altra situazione atipica. E Östlund riesce
ancora a inocularci sani dubbi e una sana insicurezza.
…El potencial visual de Turist es enorme, y apoyado por esa
fragmentación narrativa que nos despieza y el avance de la historia por días de
la semana, genera una atmósfera de nerviosismo y tensión. Bellísimos planos
blancos, vistas espectaculares desde lo alto de las montañas, la nieve cayendo
en picado y ese hotel escandalosamente caro de estéticakitsch, nos
conducen a la claustrofobia. Porque precisamente alejados de la rutina diaria,
y a punto de disfrutar de la euforia de las vacaciones en familia, uno de los
productos estrella del calendario consumista burgués, la catástrofe no será el
alud. Llega con él, pero para quedarse. Habrá carcajadas inevitables, pero
traen efectos secundarios. La dosis cómica de Turist viene con cargo de conciencia de
regalo, al utilizar a Tomas como un espejo donde proyectar también la cara B de
nuestros instintos, un blanco para rememorar nuestro propio cinismo. Al final,
el torbellino de conclusiones que saquemos del filme será crítico, pero no
moralista, porque no estamos ante un largometraje con moraleja, ni una fábula
constructiva acerca de cómo ser buen padre, buen marido o una persona
respetable a secas. Östlund logrará turbarnos más que conmovernos, contagiarnos
la sensación looserde sus
protagonistas, despreciar también lo que nosotros haríamos en su lugar, porque
ni siquiera el propio espectador desenfundará el atrevimiento suficiente como
para tirar la primera piedra. Turist viene con sorna para recordarnos que
las reacciones animales también son terriblemente humanas.
… L’écriture est admirable. Ruben
Östlund caractérise avec soin ses protagonistes dont il construit l’évolution
avec finesse. Il joue judicieusement avec les clichés dont il se moque avant de
les mettre à mal et de s’en servir encore non sans ironie. En parallèle de la
narration, il induit un questionnement beaucoup plus large sur la société, son
évolution et les normes qu’elle impose à chacun. La nature maîtrisée par
l’homme revient en leitmotiv, ponctuant chaque journée tel un sublime
chapitrage qui met en scène une réalité saisissante.
Le réalisateur signe une approche esthétique majestueuse.
Il prête une attention particulière à chaque détail de la mise en scène au son,
des costumes (autre donnée normée) à la moindre hésitation de ses comédiens. La
photographie est sublime. L’ensemble tend à revêtir un caractère hypnotique des
plus sensationnel. Quitte-t-il la radicalité d’une stricte séquentialité que
Ruben Östlund donne sens au moindre champs/contre-champs, travaille la fixité
qui lui est chère et joue à dessein avec les effets de travelling. Chaque plan
est pensé avec soin offrant un cadre impressionniste à la narration ou y
participant. Employant pour la première fois une musique purement
extradiégétique, le cinéaste lui confère un sens singulier en ancrant une
pleine dramaturgie où la tragédie n’a rien que de banal. Stupéfiant.
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