sabato 30 novembre 2024

La donna scimmia – Marco Ferreri

un film bello e terribile, la donna scimmia si innamora del suo aguzzino, e poi muore.

in mezzo succedono tante cose, la donna scimmia è una fonte di reddito per Tognazzi, e la nascita del bambino (in una versione nasce morto, in un'altra nasce vivo) e la morte della donna sono un  problema.

un film che non lascia scampo, da non perdere assolutamente.

vuona (pelosa) visione - Ismaele

 


QUI si può vedere il film completo


 

anche se non amo alla follia il cinema di Ferreri non ho potuto fare a meno di innamorarmi di questo film che ,pur essendo lontano nel tempo,è di un'attualita'sconvolgente per i temi che tratta.Innanzittutto tratta la spettacolarizzazione di una qualsiasi anomalia:il protagonista trova questo singolare esemplare di donna irsutissima in un convento e per un pugno di spicciolie se la porta via al fine di organizzare uno spettacolo dal vero e fare quintalate di soldi,arrivando anche a sposarsela.Io ci ho visto una gustosa anticipazione dello squallore che regna sugli schermi odierni ormai paralizzati dall'ingolfamento di reality show.A mio parere c'è anche un attacco alla scienza medica per cui tutto diventa oggetto di studio e di scambio a scapito anche della vita del paziente.E infine il cinismo:una censura stupida e troglodita fece passare un altro finale buonista.Il finale invece con Tognazzi che reclama il corpo della moglie e il corpicino del figlio col solo fine di esporli per fare altri soldi è un finale di cinismo e cattiveria inarrivabili.Nell'Italietta del boom economico mentre Risi dava la sua versione del miracolo economico italiano Ferreri armava un obice contro tutti i benpensanti e sparava la sua personalissima visione dell'arricchimento del popolo italiano:arricchimento fatto a scapito dei piu'deboli.Il personaggio di Tognazzi pur derivando dalle migliori interpretazioni della commedia all'italiana è di meschinita'unica,la Girardot invece dimostra di essere di sensibilita'straordinaria.Un film da rivedere e rivalutare ampiamente

da qui

 

A mio parere il film più "cattivo" nella storia del cinema italiano. Acuto, grottesco, cinico, il capolavoro di Marco Ferreri, ancor più della Grand Bouffe. in altri film troppo spesso Il regista si è "perso" nelle sciatterie "tecniche", fotografia e montaggio al limite dell' amatoriale (invece sempre grande attenzione per le musiche), recitazioni sciatte o fin troppo sopra le righe, sceneggiature dove il nonsense o il gusto del grottesco e dell'assurdo rimanevano giochi fini a sè stessi e spesso  i critici li hanno tacciati per  capolavori come spesso si fa con ciò che non si capisce,per  non fare la figura del "fesso stupido". La Donna Scimmia, non cade in questi errori, è un piccolo grande capolavoro, nella sceneggiatura, nella recitazione, con personaggi che anticipano i caratteri felliniani di Amarcord (il professore guardone, la vecchia governante, l'agente teatrale, la terribile scena dell'esibizione della novia), ma senza il buonismo del ricordo felliniano. Ferreri è lì a ricordarci della cattiveria umana e del suo cinismo, senza scampo e senza resurrezione. Ah, quando avremo un altro "cattivo " così nella storia del cinema?

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«II film fece abbastanza rumore all'epoca in cui uscì [...], ma non fu capito. Se qualcuno lo rivedesse oggi, lo troverebbe non solo normale, ma in più vi vedrebbe una piccola storia poetica senza alcuna traccia di scandalo».

 

 

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5).

 

 

 

 

 

«[...] "La donna scimmia" ha un ritmo interno asciutto e preciso, che non sbaglia né la costruzione dell'atmosfera né la descrizione dei caratteri: fra Tognazzi e Annie Girardot, peraltro, è quest'ultima che ci è piaciuta di più, in una parte terribilmente ingrata [...]. Ricorda la Giulietta Masina della Strada, con una carica di commozione ancor più accentuata dal contrasto con la cinica incoscienza del suo compagno. Il quale, appunto perché non ha la brutalità di Zampano né l'aspetto rozzo di Anthony Quinn [...], assolve bene al compito di isolare artisticamente la figura di Maria, ma tradisce un'origine macchiettistica che forse poteva essere evitata con un maggior controllo nella recitazione: il personaggio, che rischiava di diventare indimenticabile, si limita così a essere semplicemente paradossale e ad effetto. [...]».

 

 

Angelo Somi, Oggi, Milano, 30 gennaio 1964.

 

 

 

 

 

«[...] Qui Ferreri e Azcona rovesciano implicitamente in senso laico, un rapporto come quello tra Zampano e Gelsomina, descritto nel vecchio film di Fellini "La strada". Tuttavia, anch'essi non hanno ottenuto questo risultato, se non a patto d'una certa astrazione. Cosicché l'universo di Antonio e Maria appare davvero qualcosa di assai particolare, di fine a se stesso, di idealizzato sia nell'orrore, sia nella pietà. E Antonio, nonostante le intense sfumature che Tognazzi, forse alla sua prova più alta gli conferisce, non risulta sufficientemente limpido e motivato, soprattutto nel risvolto finale, ch'era quello decisivo. [...]».

 

 

Ugo Casiraghi, L'Unità, Milano 7 febbraio 1964.

 

 

 

 

 

«[...] Ferreri ha tratteggiato con molta delicatezza la figura del povero mostro, attribuendole i sentimenti d'una donna normale [...]. Anche il marito della donna scimmia, pur con qualche ambiguità di disegno, è un personaggio riuscito. L'interpretazione di Annie Girardot è eccezionale per efficacia e intelligenza della parte. Ugo Tognazzi un pò generico, riesce tuttavia a convincerci della sua complessiva umanità».

 

 

Alberto Moravia, L'Espresso, Roma, 9 febbraio 1964.

 

 

 

 

 

«[...] Forse la miglior prova della maturità raggiunta dall'attore Tognazzi nel controllo delle sue risorse espressive e in "La donna scimmia": pensiamo soprattutto agli intensi primi piani del protagonista accanto al letto della moglie morente. Ma è comprensibile che il pubblico non abbia acconsentito a un film che contraffaceva troppo i lineamenti del più originale personaggio del nuovo cinema comico. [...]».

 

 

Vittorio Spinazzola, Ferrania, Milano, n. 2, febbraio 1967, p. 27.

 

 

 

 

 

«[...] "La donna scimmia" assomiglia a "La strada" più che a qualsiasi film. [...] Tognazzi, che i più hanno trovato un pò debole in questo film, ci sembra invece esemplare nella sua ambiguità di uomo medio, né buono né cattivo, legato al carro di un sistema dal quale non può assolutamente sciogliersi; non meno convincente di una Annie Girardot patetica e coraggiosa [...]»

 

 

Tullio Kezich, La Settimana Incom Illustrata, Milano, n. 9, 1 marzo 1964, p. 70.

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