l'assassino (Riccardo Cucciolla) di una prostituta denuncia un testimone (Enzo Cerusico) dell'assassinio e la polizia crede all'assassino.
la storia è originale e gli attori sono bravissimi, il professore assassino e l'impiegato testimone sono convincenti
un gioiellino da non perdere.
buona visione - Ismaele
QUI si
può vedere il film completo
Letta la trama questo film mi ha parecchio intrigato,sembra
una riproposizione di un classico spunto hitchcockiano e la prima parte è
sicuramente efficace a partire dalla lunga ed efferata sequenza dell'omicidio
con annessa fuga dell'innocente testimone.Poi quando il gioco tra i due
personaggi si fa chiaro e si conoscono in un lungo drammatico confronto la
tensione cala irrimediabilmete e si imboccano i binari della prevedibilita'.il
testimone va dalla polizia e subisce un incubo kafkiano ritrovandosi condannato
a 24 anni di carcere....ma l'assassino,un professore,ha la bella idea di
suicidarsi lasciando una confessione piena salvando capra e cavoli.Non nascondo
che il finale non mi è piaciuto per niente,è frettoloso tirato via e stupiscono
anche altri particolari sull'indagine che è abbastanza maccheronica e sul ruolo
di Enrico Maria Salerno(fratello del regista)un po'fumoso e mal
sfruttato.....bravo invece l'uomo qualunque Cerusico.
…Il regista (alla sua prima opera in solitaria, dopo
aver co-diretto nel 1965 insieme ad Ernesto Gastaldi “Libido”) lavora con
intelligenza e vivacità sulla sceneggiatura articolata e riuscita di Augusto
Finocchi (un solo titolo di peso nel suo curriculum ma imprescindibile come “La
mala ordina”), azzecca un paio di momenti di tensione veramente notevoli (il
già citato incipit e un lungo inseguimento per le strade della città con Fabio
che tenta in ogni modo di non perdere di vista il professore), evita, quasi
sempre, sia la facile caricatura sia che il suo film si trasformi nella
consueta denuncia sul malfunzionamento della giustizia, a costo anche di un
finale eccessivamente buonista, rattoppato e sbrigativo (ma l’ultima spassosa
battuta di Fabio che, al compagno di cella che gli chiede se domenica andrà di
nuovo a pescare risponde: “Io a pesca’ non ce vado più manco coi carabinieri,
ma la volete capi’ si o no?” si fa perdonare una chiusa accomodante forse non
all’altezza che, va detto, è stata imposta dalla produzione, il film infatti
avrebbe dovuto concludersi in modo molto più cattivo con il dialogo fra il
giornalista ormai consapevole e il professore fuori dal Tribunale, dopo la
condanna di Fabio, come ha dichiarato in seguito lo stesso regista), non
rinuncia ad alcune pungenti, crudeli ma veritiere annotazioni sociali, sia pure
in una contrapposizione un tantino semplicistica e risaputa ma sincera,
privilegia saggiamente toni brillanti e divertiti (a partire dal titolo) a
smorzare con brio l’amaro dramma della vicenda raccontata per un film
classificabile più come salace e graffiante commedia di costume che non come
arrabbiata e rigorosa opera di impegno civile con velenose accuse incorporate
nello stile di Rosi, Petri o Damiani. Ottima colonna sonora di Riz Ortolani con
i Nomadi a cantare la sarcastica ed appropriata “Mamma giustizia”
Lo vidi una notte su una
televisione privata romana e mi colpì tantissimo. È uno di quei rari film in
cui la trama è al servizio di un messaggio di fondo ben chiaro. Praticamente
utilizza gli stilemi della classica commedia all'italiana (un apologo morale
che sottintende lo svolgimento dei fatti) ma innestando il tutto su un solido
(in alcuni punti macchinoso) impianto thrilling. Buonissima al solito
l'interpretazione del mitico Cerusico, attore che crea empatia immediata, poco
utilizzato dal cinema a causa della malattia che se lo portò via così giovane.
Fra la
commedia nera e il dramma di denuncia, il film di Salerno è una spietata
composizione accusatoria in cui nessuno si salva, né il borghese omicida con la
faccia da salvare (che "espia" il suo peccato vivendo come sempre),
né il meschinetto manipolabile che paga il pegno della propria omertà, né
ovviamente il fallace sistema giudiziario. Anche il giornalista che inquadra la
verità trova il senso di giustizia solo dietro lo scoop. Lodevoli prove
attoriali, diverse scene d'impatto incorniciate da buoni dialoghi (il confronto
fra Cerusico e Cucciolla) e ottime musiche. Meritevole.
Nonostante la partenza da puro thriller, “No Il
Caso E’ Felicemente Risolto” presto prende i connotati di un dramma legato alla
(s)fiducia nella giustizia e basato sugli equivoci, sugli errori e su una
critica di fondo che sembra voler colpire le classi agiate e le istituzioni.
Salerno non è certo Damiano Damiani, ma al di là di qualche forzatura nella
sceneggiatura e nella caratterizzazione di Fabio (un piccolo borghese divorato
dall’insicurezza), il film scivola discretamente bene per tutta la sua durata,
fino a culminare con una resa dei conti ovviamente amara e beffarda (da evitare
invece l’epilogo alternativo imposto dalla produzione, un brodino allungato di
taglio buonista).
Come appena accennato sopra, rimaniamo
abbastanza basiti dal comportamento del protagonista, il quale una volta
riconosciutosi sui quotidiani e in televisione, inizia a recitare il ruolo del
ricercato (pur nella sua totale innocenza), tagliandosi i baffi e riverniciando
la sua automobile di blu. In questo caso la corda della verosimiglianza tende
quasi a spezzarsi, ma l’accusa del regista si rivolge anche alla vigliaccheria
di una borghesia omertosa e complice. E i conti, se chiudiamo un occhio,
tornano.
Girato tra Roma e Anguillara Sabazia (comune che
si affaccia sul lago di Bracciano), “No Il Caso E’ Felicemente Risolto” si
avvale di uno score musicale firmato da Riz Ortolani (meno in forma del solito)
e di un brano dei Nomadi (“Mamma Giustizia”) il cui testo ovviamente si
riallaccia perfettamente alle tematiche del film. Una pellicola non
fondamentale, ma comunque meritevole di visione.
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