martedì 31 luglio 2012

Il villaggio di cartone – Ermanno Olmi

recita Michael Lonsdale, bravissimo, già visto in “Uomini di Dio” e “Agora”.
un film di simboli e messaggi, e Olmi può permetterselo senza annoiare.
un film da vedere - Ismaele


L'uomo di Chiesa senza più una chiesa diviene più forte, più capace di interrogarsi fino a riuscire a comprendere che il Bene è più grande della Fede. È in nome di questo Bene che può opporsi alla stupidità degli uomini di legge, pronti ad obbedire a qualsiasi assurdità, ricordando loro che verrà il giorno in cui saranno giudicati per quanto fanno a questi ultimi privi di difesa. Una difesa che non può venire da un terrorismo che mette sterilmente Dio contro Dio ma solo da una pietas che muti nel profondo il corso di una Storia che, in caso contrario, provvederà autonomamente. Il cinema ha bisogno di autori come Olmi che sappiano mostrarci uno specchio in cui riflettere dubbi e certezze per scalfire pregiudizi e non smettere di interrogarci. Bentornato Maestro!

…Dopo succede molto meno: nella spoglia chiesa si insidiano un gruppo di migranti clandestini africani, figure spesso simboliche: l'uomo ferito, il bambino affamato, la donna che ha appena partorito, il ragazzo con cariche di esplosivo. Quest'ultima resta una scelta irrisolta, forse non del tutto decifrabile, comunque simbolo di una riconciliazione che resta utopica.

L'impianto è fortemente teatrale, i dialoghi sono di certo quasi sempre "giusti", circoscritti ad un messaggio chiaro e condivisibile, pur con qualche forzatura, ma al contempo fin troppo scritti, antinaturalistici.
Il film, nobilissimo, manca però di vero pathos, irrigidito da una lentezza solenne ma priva di ritmo, nell'andamento vagamente predicatorio.
L'apologo di Ermanno Olmi resta comunque un caso raro di racconto allegorico sui giorni nostri e, pur tra stonature, i conti finali non rassicurano: l'autore lascia didascalicamente un messaggio di speranza, ma al contempo, sembra dirci, l'abolizione di chiese e fedi (politiche comprese) ci rende poveri. Forse nemmeno la solidarietà può bastare.

Nella rigorosa unità di luogo di una chiesa dismessa, in un angolo non definito della provincia padana (si è però girato in Puglia tra ottobre e novembre 2010), un prete che ha ormai smarrito il senso della propria missione (Michael Lonsdale) vede reincarnarsi il messaggio cristiano nell’arrivo di alcune decine di immigrati africani rifugiatisi lì durante la notte per sfuggire alle cattura delle autorità. Inizialmente impreparato e inadeguato al compito, che del resto nessuno gli ha assegnato, spento di ogni animo vitale, il prete si inginocchia lentamente di fronte al mistero e riscopre il bene al di là della fede divenuta ormai simulacro…

… E' una denuncia, fatta attraverso scene caravaggesche e dialoghi teatrali, dell'indifferenza nei confronti delle condizioni degli immigrati. Ma alla fiction il maestro ha voluto aggiungere anche parole. «La chiesa dovrebbe essere come una casa che accoglie. Non deve domandare se una persona è credente o no. Liberiamoci dagli orpelli, apriamo le nostre case. Vorrei suggerire ai cattolici di ricordarsi spesso di essere anche cristiani», ha detto Olmi senza lesinare il biasimo verso chi si inginocchia davanti ai "simulacri di cartone" e poi non è coerente con il vangelo.
Il villaggio di cartone non è una lezione di morale, ma piuttosto un invito o forse una frustata a occhi che non vogliono vedere. Mentre protegge i suoi miseri dalle ronde e dalla legge, il prete infatti continua ad essere roso dai dubbi e dalle tentazioni. «Avere fede è quando i nostri dubbi pesano di più delle nostre convinzioni. Per essere uomini di fede bisogna avere davanti un muro di dubbi», ha spiegato poi Olmi…
"Quando la carità è un rischio, quello è il momento della carità". La religione è un tema caro ad Ermanno Olmi - impossibile dimenticare "La leggenda del santo bevitore" - ma ancora di più lo è il tentativo di una fedele ricostruzione delle situazioni, per le quali le parole sono perlopiù superflue. Quando vinse la Palma d'oro nel 1978 con "L'albero degli zoccoli" volle ricreare la vita contadina di un zona della bergamasca a fine Ottocento; con "Il villaggio di cartone" vuole denunciare la triste realtà delle leggi sull'immigrazione in Italia oggi, senza risultare eccessivamente polemico.
La vicenda ruota attorno alle sensazioni del protagonista, un anziano prete senza più una chiesa dove poter celebrare la messa domenicale, il quale si trova a contatto con un gruppo di clandestini provenienti dall'Africa sfuggiti alla polizia. La scelta di aiutare queste persone è immediata, ma il sagrestano non si trova nella stessa posizione, infatti chiede al prete "Perché lasciate entrare quella gente nella nostra Chiesa?"; il prete, poi, risponde "Perché è una Chiesa"; di nuovo il sagrestano dice "Quella è gente diversa, avere a che fare con loro è un rischio per tutti"…

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