lunedì 2 luglio 2012

Léon Morin, prêtre (Leon Morin prete - La carne e l'anima) - Jean-Pierre Melville

Barny, la protagonista femminile, è anche la protagonista, 50 anni dopo, di “Amour“, il film di Haneke che ha vinto a Cannes quest’anno; nel 1960 era Terese in “Kapò”, di Gillo Pontecorvo.
Leo Morin è JP Belmondo, sempre un po' sbruffone, per come può esserlo un prete .
il film merita, arricchito dalle loro due interpretazioni - Ismaele

 

 

QUI  il film completo

A Besançon, durante il periodo di occupazione nazista, il rapporto di attrazione passional-spirituale tra una giovane vedova ed un sacerdote convinto della sua missione. Uno dei più sottovalutati film di Melville, il cui già caratteristico stile ieratico è propedeutico all'innesto di una sotteranea ma palpabile tensione sensuale. Tra Dreyer e Bresson, il regista è bravo a far emergere la complessa psicologia dei due personaggi con un mirato lavoro di sottrazione. Belmondo e Riva straordinari nel rivelare le ambigue ambivalenze dell'anima e della carne.

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Intrigante atmosfera di seduzione carnale, psicologica e divina dove si muovono un’incantevole Emmanuelle Riva e un Jean-Paul Belmondo che sembra nato con la tonaca, anche se dipinge, complice il regista (memori entrambe di Fino all'Ultimo Respiro?), un personaggio quasi incredibile, soprannaturale, stagliato in un dibattito esistenziale-teologico dalle premesse allettanti. Nonostante i modi (e la fonte: il romanzo di Béatrix Beck, premio Goncourt nel 1952) letterari, con l’Io narrante che non pesa mai, però, si ha la sensazione che Melville sia più a suo agio con soggetti di genere da trattare in modo autorale…

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Traspare nel pathos della vicenda,la sensibile partecipazione di Melville a questi laceranti interrogativi di natura etico teologica,mentre la narrazione si dispiega,guidata con rigore formale,in un avvincente confronto tra due personaggi solo apparentemente antitetici,ma in realtà profondamente simili nell'ostinata adesione ad una totale e quasi disumana abnegazione.
Squisitamente bressoniana la scarna sequenza in cui Padre Morin,davanti allo sguardo smarrito della donna,raccoglie i suoi poveri oggetti,prima della partenza per un' altra parrocchia.
"Era dunque quello tutto ciò che possedeva...." conclude la voce narrante di Barny,in questo malinconico congedo,che chiude il percorso di due anime unite dallo stesso slancio verso l'Assoluto.
Assistente alla regia,Volker Schlondorff,che interpreta anche la parte di una sentinella tedesca.

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E' il primo di tre film che Melville gira con uno dei suoi attori feticcio, Jean-Paul Belmondo, perfetto nel ruolo del prete dall'integrità morale eccellente, ma al contempo divertito dalla sua capacità di sedurre le donne che incontra a Besançon. 
La parola non ha ancora perso la sua funzione narrante, anzi al contrario è un flusso incontrollato di teorizzazioni, punti di vista espressi da Barny, comunista militante e voce narrante, per disvelare il suo sentimento, per Léon Morin, il prete scelto da lei per deridere la religione cristiana, ma che finirà per possederla (mai fisicamente suo malgrado) plasmandone pensieri, convinzioni ed emozioni. Esistenzialismo e fisicità, con un'incursione nell'omosessualità, questi gli opposti che i due protagonisti rappresentano, questo il dibattito che vedrà il primo vincere sulla seconda. Una contrapposizione resa visivamente più forte da un bianco e nero fortemente contrastato e da una fotografia espressionista a cui è affidato il racconto di ambiguità suggerite (vedi molte inquadrature angolate di Léon Morin, la cui ombra si staglia sui muri del suo ufficio, che sembrano mettere in dubbio la sua integrità) e di crescenti angosce, quelle provate dalla donna che finisce per immaginare quel contatto fisico desiderato in un sogno/visione tanto irreale quanto irrealizzabile…

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