come quello di Corbucci anche questo è cinema politico e il western è il contenitore e lo stile per un film forte, dove i ricordi partigiani di Giulio Questi riapparivano.
il film usci regolarmente, ma fu sequestrato dopo qualche giorno, e censurato.
riemerse nel 1975, con un nuovo titolo, Oro Hondo.
cercalo, non sarai deluso - Ismaele
Probabilmente il western più “maledetto” e censurato di tutti i tempi,
l’unico che in Italia sia stato fatto oggetto di sequestro da parte della
magistratura e indubbiamente lo spaghetti western più sperimentale e visionario
mai realizzato. E anche in assoluto uno dei più belli.
Visto con l’occhio di oggi non colpisce tanto per le sequenze di efferata
violenza (ché dagli anni sessanta ne è passato di sangue sotto i ponti) – anche
se la scena della scotennatura dell’indiano e quella dell’autopsia a mani nude
risultano tuttora abbastanza impressionanti – quanto per il sottotesto di
ambiguità sessuale che attraversa come un fil rouge l’intera
pellicola e per l’esplicito messaggio anticapitalista e antifascista (con la
banda di fuorilegge gay in divisa nera come più indovinata delle metafore)…
Febbrile, visionario,
artaudianamente crudele, disturbante. Poco importa la trama pretestuosa del
vendicatore intrappolato in una ragnatela western di perfidie, complotti e
tradimenti. È un’esperienza di deragliamento visivo e sensoriale: sequenze
graffianti, idee spiazzanti, suggestioni esoteriche, montaggio
poetico-rimbaudiano, musica insinuante. Primissimi piani, dettagli, e tanto
sangue: allegoria di un orrore che allude a fascismo e resistenza (l’impiccato
a testa in giù), attraversa la cristologia e approda ai moderni razzismi
sociali.
…Il film
ebbe diverse noie con la censura, vista la forte violenza, la quale si abbina
in modo ironico e mordace alla esplicita carica critica della società
moralistica e ipocrita del villaggio, peggiori ancora dei banditi traditori nei
confronti di Hermano che torna da una presunta morte, personaggio un po'
mascalzone ma in fondo dotato di sensibilità e calibrata compassione
(tratteggiato anche con valenze cristiche e con una spiccata carica erotica),
come nei confronti del giovane efebico Evan (Ray Lovelock), rapito dalla
banda, sadica e dagli splendidi costumi neri, di Zorro (R. Camardiel) come
riscatto per l'oro e che diventa oggetto del desiderio sessuale (in una
sequenza che ammicca soltanto alle loro attenzioni in modo comunque
evidente) e con cui però si allude anche ad una sotterranea attrazione tra Evan
ed Hermano stessi, oppure nei confronti di Elizabeth (Patrizia Valturri),
moglie segregata dell'avaro Ackerman (Paco Sanz, alias Francisco Sanz), rivale di Bill Tembler (M. Quesada),
"scandalosamente" convivente della cantante Lori (M. Tolo).
Chi sa che non abbia influenzato anche Alejandro Jodorowsky...
Chi sa che non abbia influenzato anche Alejandro Jodorowsky...
Un western nero come pochi
altri. Non è questione di sangue, ma di un'opprimente cappa di morte e dolore
che pervade il film dall'inizio alla fine. Se è vero che la nomea di
western-splatter poco gli si addice, è altrettanto vero che l'atmosfera è
violentissima: non c'è pietà per nessuno, solo la morte. Unica nota stonata la
love story tra il Nostro e la pazza, unico personaggio inutile, ma tutto
sommato porta via poco minutaggio. Uno dei migliori e senz'altro più personali
film del genere.
…Prima
e unica incursione western di Giulio Questi, che realizza un film geniale,
bizarro e dai temi forti per quegli anni, tanto che il film venne sequestrato e
tagliato in più punti per poi uscire al cinema. Un vero cult cinamatografico.
Scritto da Franco Arcalli, è considerato
uno dei più violenti e stranianti spaghetti-western prodotti in Italia. Il film
è una sorta di esperimento, ed è pieno di immagini violente e scioccanti come
lo scotennamento di un indiano, il ventre di un uomo scuoiato per recuperare
una pallottola d'oro e un gruppo di cavalli sventrati da una bomba. C'è infine
la curiosa apparizione di una banda di cowboy omosessuali,per non parlare della scena
dello stupro omosessuale ai danni di un giovanissimo Ray Lovelock (scena non reperibile, in
quanto fu tagliata). L'atmosfera equivoca, lugubre e malsana che regna intorno
a tutta l'ambientazione del film lo rende una parentesi strana e originalissima
nel panorama del western italiano. Per tutti gli estimatori del genere, un
titolo imperdibile.
…Il film ormai rimane un opera cult estrema, Quentin Tarantino eJoe Dante non si stancano mai di omaggiarlo e
di citarlo continuamente. Oggi, questo film di Giulio Questi, è proprio un
riferimento di studio, di accademia, e per noi anche di nostalgia. E pensare
che Se sei vivo spara è nato proprio per caso. Ricordava Giulio Questi: “io e Kim eravamo a casa a scrivere la scaletta di quello che
doveva essere il nostro prossimo film da girare, la morte ha fatto l’uovo, quando bussa alla porta il
produttore Sandro Iacovoni. Lui aveva assolutamente bisogno di noi perché
dovevamo buttagli giù immediatamente una scaletta per un western. Insomma per
abbreviare la cosa ci fece interrompere la scrittura della sceneggiatura
de La morte ha fatto l’uovo insistendo sul fatto che in quel momento il mercato voleva un
western atipico. Ma a me e ad Arcalli il genere western non aveva mai davvero
interessato, noi cercavamo cose più autentiche, però Iacovoni riuscì a
convincerci buttando giù la promessa di un impegno per la produzione del nostro
prossimo film, quello che stavamo appunto scrivendo in quel momento. La decisione finale, giunta come una illuminazione per
Giulio Questi e Kim Arcalli, è stata “fortunatamente” diceva Questi, quella di accontentare il
produttore Iacovoni e fare il suo western, di consegnarli in brevissimo tempo
l’ampia scaletta e dopo la sceneggiatura. Dice Giulio Questi: “Se sei vivo spara fu girato a Madrid, con pochissimi soldi, dentro un cantiere, e
stando ben attenti a non inquadrare gli operai al lavoro e le tante case che
insistevano attorno al nostro proscenio”. Se sei vivo spara ottenne
decisamente un successo internazionale, lo stesso Giulio Questi ha poi sempre
riconosciuto che il successo della pellicola era forse da ascriversi un po’
anche alla equivocità del film, al suo occhieggiare e sbeffeggiare in
definitiva a più generi cinematografici…
…Se sei vivo spara è
probabilmente uno degli western italiani più stranianti di ogni tempo – insieme
ad alcune altre pellicole d’autore come lo psichedelico Matalo! di Canevari
e gli (anti)lirici Django di Corbucci
e Tempo di massacro di Fulci.
Violenza, surrealismo e narrazione atipica sono i tratti distintivi del western
di Questi, riconosciuto anche all’estero come un capolavoro: se si volesse
spiegare perché “genere” e “autore” sono distinzioni di maniera quasi sempre
nominali, tale film può esserne un esempio pratico e più efficace di tante
parole. Se sei vivo spara è un
western, certamente, nella trama e nelle ambientazioni: una banda di
rapinatori, un uomo in cerca di vendetta, un villaggio nel deserto, sparatorie
e lotte per il denaro. Ma è molto di più: pur trattandosi di un film su
commissione, Questi e Franco Arcalli sceneggiano una vicenda del tutto
originale dal punto di vista tematico e stilistico, magistralmente diretta
dallo sguardo caustico del regista che sovverte tutte le regole del genere.
Spiega Nocturno Cinema: “Attratti dall’idea di scrivere un film eccentrico e
spiazzante, Questi e Arcalli immaginarono un western che contenesse tutto ciò
che in quel momento nessuno avrebbe mai osato mettere in scena”…
…Un western come Se
sei vivo spara non poteva che avere una musicalità del
tutto particolare: affidata al compositore Ivan Vandor (Professione:
reporter di Antonioni, 1975) , è dominata da uno score trascinante con
percussioni ossessive contrappuntate da una melodia più fluida e lirica – con
l’effetto di un impasto sonoro contrastante – che si evolve in un brano di
ampio respiro. A questo tema, che si ripete innumerevoli volte nel film, si
affiancano pezzi dissonanti e surreali che accompagnano i momenti più lugubri,
come gli spasmi della donna rinchiusa.
Violentissimo
(all'epoca fu vietato ai minori di 18 anni), ma straordinario western realista
che conduce il genere cinematografico verso il punto di non ritorno. La storia
di un bandito che sopravvive miracolosamente al massacro dei suoi compagni (o
forse resuscita, questo l'elemento che rende il film ancora più straniante) e
cerca una vendetta che diventa impossibile a causa della follia degli abitanti
di un paese disposti a massacrarsi l'un l'altro pur di impossessarsi di una
notevole partita d' oro. Notevoli e scioccanti ( ma a loro modo
indimenticabili) le esplosioni splatter: celebre quella del bandito scuoiato
vivo dalla folla nel tentativo di estrarre dal suo corpo una pallottola d'oro,
quella dell'indiano scotennato e i cavalli sventrati dalle bombe. La
sceneggiatura del regista e di Franco Arcalli ripropone gli spunti e le
tematiche rese celebri da "Per un pugno di dollari" sviluppandoli in
modo ben più agghiacciante e creando uno scenario da incubo dove si muove un
protagonista (a cui Tomas Milian conferisce grande intensità e sofferenza)
animato da un sentimento di giustizia che risulta comunque perdente di fronte
alla follia sanguinaria dei paesani. Il mio giudizio non è completamente
obiettivo (potrebbe starci benissimo un punto in meno), ma ho visto dei giudizi
etremamente negativi che mi hanno causato una certa rabbia. Non è assolutamente
possibile ritenere questo film indegno di essere visto e attribuirgli una media
così bassa. E' un'opera rivoluzionaria con un finale difficile da dimenticare,
più coraggiosa dei film di Sergio leone anche se molto meno fortunata , ma
ancora oggi estremamente attuale. L'analisi di un film non è cosa per tutti e
non dipende dai gusti individuali. Deve essere fatta a mente fredda senza
pensare ai film di oggi (molti dei quali a mio parere non hanno nemmeno un
minimo della forza di queste opere). Certo le opinioni sono opinioni ma
un'analisi accurata ci vuole sempre e non si deve rovinare la memoria di questi
film soprattutto per rispetto nei confronti degli appassionati. Certi giudizi
di questa pagina dovrebbero essere passibili di cancellazione.
da qui
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