Alejandro Agresti non fa film spensierati, qui si parla della memoria, della dittatura argentina, di rimozione, di paura, di amicizia, di amore.
un film lento, senza fretta, non adatto a chi va a 100 all'ora.
un paesetto lontano da tutto, dove tutti si parlano avrebbe tanto da insegnare a tutti, e Manuel, che all'inizio sembra uno scemo, è davvero un altro dei bei personaggi del film.
a me è piaciuto, ancora di più dopo aver letto questo articolo, un film che i non argentini potrebbero trascurare, se vogliono sbagliare - Ismaele
QUI il film completo in spagnolo
… Chi aveva già avuto modo di apprezzare Valentìn (2002, premiato dall’associazione dei
critici argentini), sa con quanta tenerezza e malinconia il regista Alejandro
Agresti sappia narrare le vicende legate alla sua martoriata terra natale.
L’Argentina, con il suo recente passato politico e economico a dir poco
tragico, viene narrato dal regista attraverso la forza dei sentimenti dei suoi
personaggi.
Un mundo menos peor racconta una storia dolorosa: Isabel scopre che suo marito Cholo, creduto morto vent’anni addietro, è vivo e abita in un piccolo villaggio nel sud dell’Argentina. Intraprende quindi un viaggio con le due figlie: la piccola, frutto di un’altra unione, e la più grande, che è nata proprio da quel matrimonio ma non ha mai conosciuto suo padre . Il rapporto tra le due donne è talvolta teso e difficile, ma anche sorretto da complicità nella ricerca di una grande speranza comune…
Un mundo menos peor racconta una storia dolorosa: Isabel scopre che suo marito Cholo, creduto morto vent’anni addietro, è vivo e abita in un piccolo villaggio nel sud dell’Argentina. Intraprende quindi un viaggio con le due figlie: la piccola, frutto di un’altra unione, e la più grande, che è nata proprio da quel matrimonio ma non ha mai conosciuto suo padre . Il rapporto tra le due donne è talvolta teso e difficile, ma anche sorretto da complicità nella ricerca di una grande speranza comune…
…En esta última película, las cuestiones de historia y
memoria, de la presencia del pasado en el presente, adquieren una relevancia
central tanto a nivel de argumento y de composición dramática como de técnica
audiovisual y de enunciación fílmica. El trauma histórico de la dictadura se
trata de una forma más franca y explícita, y de tono algo más dogmático, que en
ninguna otra obra del director. Aquí Agresti se abstiene de la metáfora, la
alegoría y la alusión velada—técnicas que en obras anteriores había empleado
expertamente para hacer del espectador un cómplice activo en la creación de
significados—para entrar de lleno y abiertamente en las polémicas
contemporáneas sobre las funciones de la memoria y el olvido. En esta película
convergen diálogos cinematográficos no sólo con otros films del cine
postdictadura, sino con los debates vigentes de la intelectualidad argentina
sobre la postmemoria y el rol de los supervivientes de la tortura. Lo que me
interesa explorar aquí son los lenguajes del recuerdo y las técnicas del olvido
que los personajes emplean para construir sus historias personales como
individuos y como partes integrantes del entramado social que se presenta en la
película…
Todo
el bien del mundo (2004)
La memoria es caprichosa,
hace olvidar lo vivido.
Otras veces es tramposa
y se inventa lo ocurrido.
Esta historia es modosa,
se pierde como un suspiro.
Después de escuchar la prosa
no quedará su latido.
En palabras es ruidosa
y le falta contenido.
Hay una madre ociosa,
va a buscar a su marido.
Él salió a por una cosa
y se fue sin dar motivo.
Así, la mujer quejosa,
lleva a su hija consigo
y las dos viven la glosa
con el que es desconocido.
Irrelevante y muy sosa,
con fuerte acento argentino.
La dirección no es vistosa
ni da emoción al oído,
aunque pueda ser gustosa
para un momento aburrido.
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