il film percorre per episodi la vita di Mohamed, da quando era bambino fino a quando diventa adulto, nella Tangeri e nel Marocco della liberazione e della decolonizzazione.
film duro, come la vita del protagonista, da non perdere, un film che merita - Ismaele
qui un'intervista con il regista
qui un'intervista con lo scrittore Mohamed Choukri
qui riflessioni
degli alunni delle classi terze A e B di Monte San Savino (Arezzo)
…È la storia di Mohamed Choukri, nato nel
Rif e trasferitosi a Tangeri con la famiglia per sfuggire alla povertà,
ritrovandosi a patire ogni stento con un padre violento e alcolizzato - che
ucciderà il fratello - e una madre troppo devota alla religione e al marito.
Fino a vent'anni, Choukri vive di sotterfugi, conosce solo la fame e l'unico
calore che riceve è l'amore comprato in una casa chiusa; poi, nella prigione
dov'era finito per una retata, conosce un rivoluzionario che gli insegna a
scrivere, tirandolo fuori dal buio dell'analfabetismo. Il suo primo romanzo
autobiografico, Il pane nudo, esce nel 1960 e diventa un caso letterario, un
classico apprezzato nel resto del mondo ma censurato nei paesi arabi a causa
della sua crudezza.
Per anni molti sceneggiatori avrebbero voluto adattare per il grande schermo la vicenda, ma Choukri non ha voluto altri che Rachid Benhadj…
Per anni molti sceneggiatori avrebbero voluto adattare per il grande schermo la vicenda, ma Choukri non ha voluto altri che Rachid Benhadj…
Miseria e infanzia negata nella Tangeri del '42. Il film di Rachid
Benhadj emoziona come il romanzo omonimo di Choukri “Un testo nudo nella verità
del vissuto, nella semplicità delle prime emozioni” ha scritto Tahar Ben
Jelloun del libro Il pane nudo di Mohammed Choukri. Analogamente si può dire
del film di Rachid Benhadj, a cui ha collaborato lo stesso scrittore
marocchino, morto nel 2003. Lo stile scarno, crudo, emozionante del best–seller
autobiografico di Choukri (fu candidato al Nobel per la letteratura) rivive nel
film. Sullo schermo scorre impietosa la terribile infanzia del piccolo Mohamed,
vittima della miseria e di un padre violento, che ne picchia la madre indifesa
e gli uccide il fratellino perché piange troppo. Mohamed è come i suoi coetanei
della Tangeri del ’42, un monello che si ciba dai cassonetti dei quartieri
degli occidentali, dove anche i rifiuti sono migliori. La fuga, da adolescente.
Ma Tangeri è fatta di povertà, prostituzione, violenza per i meno fortunati.
Quella di Mohammed è anche fuga verso la libertà, una libertà che, ventenne,
trova in prigione grazie al potere del sapere…
…Il pane nudo" si affida
completamente alla nuda storia senza molto aggiungere, caricandola talvolta
eccessivamente alla continua ricerca d'effetto, quasi a voler fare di ogni
episodio un exemplum: Benhaadj tende a polarizzare con un certo didascalismo (è
stato insegnante), attendendosi saldamente a un preciso sistema di valori, e
poiché racconta un percorso iniziatico dei più classici (e frequentati dalla
tradizione araba), tale scelta consente di oscillare tra un registro quasi
favolistico, la realistica crudezza del romanzo e una tensione disperatamente
politica. Said Taghmaoui, ormai consolidato volto arabo all'europea, è bravo ma
forse poco adatto alla parte, troppo sicuro e penetrante nello sguardo; le due
principali figure femminili, appesantite da un certo schematismo
"idealistico" (madre-martire/amante-folle), sono interpretate da
Soraya Arterse e Marzia Tedeschi con intensità talvolta lacerante. Sono loro,
in fondo, l'arteria pulsante del film, come specchio e contrappunto per Mohamed
e per l'intero mondo arabo; l'occidente con cui fare i conti è in realtà
sepolto tra le mura domestiche, irrequieto e silenziosamente indomabile.
Soltanto chi, come Mohamed, ha conosciuto due prigioni (la
casa e la galera propriamente detta) può parlare due lingue e liberare il suo
sguardo oltre qualsiasi muro.
"Il capolavoro di Benhadj per la
trasposizione del romanzo omonimo. Un lungometraggio intensamente drammatico e
messo in scena con una certa abilità. Le immagini raccontano la rivolta
personale del giovane Mohamed contro un padre oppressivo e violento che
tormenta giorno dopo giorno il giovane ragazzo. Bellissima l'ambientazione a
cavallo tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta, ma sono le immagini crude
quelle che restano più impresse dalla visione mentre quelle sottointese
stuzzicano la fantasia dello spettatore." (Il Davinotti)
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