le cose positive: Elio Germano è un
bravissimo attore e Giacomo Leopardi è e resterà uno dei più grandi della
letteratura italiana.
in realtà dentro c’è di tutto un po’ e
Germano recita alcune poesie e alcune prose di Leopardi.quando ero bambino avevo un disco di Arnoldo Foà (oltre
allo Zecchino d’Oro, naturalmente) che recitava “Canto notturno di un pastore errante dell'Asia” (qui), adesso ho
ascoltato anche Elio Germano che recita Leopardi, sempre brani e poesie più
brevi, per non stancare lo spettatore.
il film è meglio nella seconda parte (in alcuni tratti mi
ha ricordato “Faust”, di A. Sokurov, che non mi aveva entusiasmato), ma
complessivamente mi sembra un film nazional-popolare, didascalico e
superficiale di cui non sentivo il bisogno, ma tanti altri forse sì, a vedere
la fila che ho fatto per entrare al cinema.forse qualche ragazzina/o in più
leggerà Leopardi pensando a Elio Germano, qualcun altro si ricorderà di quando
era giovane, chissà…
mi sa che fra qualche mese vedremo il film
in due domeniche consecutive su Rai1 in prima serata, amen - Ismaele
ps: aggiungo le considerazioni di Letizia (mia figlioccia di 15 anni), e di Andrea, un amico, che 15 anni li ha avuti, qualche decennio fa.
Film
emozionante dove l' arte della poesia e del cinema si fondono creando un'opera
intensa, malinconica e sopratutto profonda. Un Elio Germano dallo sguardo
infinito che ci mostra un Leopardi introverso, ipersensibile, geniale e
tormentato;un Leopardi scomodo nella sua epoca per il suo materialismo
(derivato dagli ideali illuministi) e per il suo pessimismo attribuitogli
ingiustamente per il suo stato fisico, pessimismo di cui i letterati e gli
intellettuali si lamentano ricevendo come risposta:"dovrete convincermi
che l'umanità felice è formata da individui infelici". Un film poetico
dall'immensa conclusione dove Leopardi ammirando in una notte stellata il
Vesuvio recita "la ginestra, o fiore del deserto" sua personificazione
:" E tu, lenta ginestra, che di selve odorare queste campagne dispogliate
adorni, anche tu presto alla crudel possenza soccomberai del sotterraneo foco,
che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste..."
Letizia
Vedo recensioni entusiastiche sul Leopardi di Martone e
trasecolo. Certo, Elio Germano è bravo, ma il film si spiaggia continuamente su
banalità e buone cose di pessimo gusto per solleticare senza posa le
reminiscenze dello spettatore medio italiano, con media cultura liceale. Nessun
coraggio, quasi nessuna impennata che possa spingere questo film oltre il sano
obiettivo di essere amato dai nostalgici di oggi e da tutte le quinte liceo da
quest'anno fino all'eternità. Che occasione sprecata e che ruffianeria!
Andrea
…Mario Martone ha fatto de “Il giovane favoloso” un riassunto di lezioni
scolastiche, mettendo insieme un cast importante, composto di grandi nomi, come Isabella Ragonese e Iaia Forte, per mascherare la sceneggiatura un po’
debole e didascalica. Ovviamente andando a vedere un film su Giacomo Leopardi nessuno si aspetta le forti
emozioni di Fast and Furious, ma probabilmente “Il giovane favoloso” non è un film da sala
cinematografica, ma da divano, pantofole e pop corn.
…Non c’è niente di
filologicamente sbagliato o trasandato nel film. E anche se ci fossero errori o
forzature filologiche davvero poco importerebbe. C’è piuttosto una sorta di
tensione illustrativa, più che narrativa, che ricorda una certa tradizione
(penso ai film della Cavani dedicati a Galileo o a Nietzsche) che io pensavo ci
si fosse lasciati alle spalle.
Mi son così trovato, non
senza vergogna, ma quasi spontaneamente e inconsapevolmente, ad accondiscendere
con gli occhi, alla fine del film, all’esclamazione sgraziata e sconveniente di
una terribile e antipatica signora seduta al mio fianco, con i vestiti da
maschio anni ’70 che sapevano di migliaia di sigarette e caffè delle
macchinette:
- Piacerà
moltissimo alle professoresse democratiche.
….Il giovane
favoloso racconta un Leopardi profondamente umano, prendendo il
più possibile le distanze dalla storiografia scolastica (non sempre
riuscendoci, però), e assolutamente tutt'altro che rassegnato: la sua
proverbiale infelicità infatti non deriva tanto dalla salute malferma, quanto
dalla sconsolata visione di un Paese che rifiuta senza mezzi termini le
aspirazioni e le capacità dei suoi cittadini più illustri, tarpando loro le ali
anzichè stimolarne il talento. Che siano i rigidissimi genitori o gli
spocchiosi 'colleghi' degli odiati salotti letterari poco importa: traspare
evidente in Martone la volontà di rappresentare una realtà e una
classe sociale poco aperta al progresso e prigioniera del proprio egoismo.
IlLeopardi errante, ripudiato dalla famiglia, costretto a vagare povero in
canna in giro per lo stivale, è l'emblema (purtroppo molto attuale) di una
nazione che spreca i propri talenti migliori…
…Il giovane favoloso, e non poteva essere altrimenti, procede con lo
stesso passo del suo protagonista, instancabile flâneur: diseguale nel ritmo, si muove a strappi e a
salti, alternando corse forsennate a pause inaspettate. Un perfetto correlato
visivo della prosa leopardiana e del suo Pensiero “stupendo e tremendo”, in
continuo mutamento. Non è un caso che le pagine meno efficaci del film siano
soprattutto quelle in cui Martone sembra sforzarsi di “illustrare” le visioni
leopardiane o di “dare voce” alla sua poesia. Con risultati, occorre dirlo,
irrimediabilmente didascalici, e alcune cadute francamente evitabili (l'ultimo
bacio di Consalvo, ad esempio, o il dialogo
tra Giacomo e la Natura, ripreso dalle Operette)…
La visione del film Il giovane favoloso di Mario Martone
richiede uno specifico livello di spettatorialitá. Fin dalle prime immagini, la
macchina da presa costringe lo sguardo a seguire le linee tracciate dalle
scelte stilistiche dell’autore. Lo scenario che predomina nella prima parte del
film è quello di Recanati e di Palazzo Leopardi, da cui il giovane poeta sente
sempre più forte il desiderio di andare via. Come scrive in una delle lettere a
Pietro Giordani (lo scrittore italiano con il quale intrattiene una lunga
corrispondenza) «unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento
è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia». Il desiderio di fuga appare,
fin da subito, come un anelito alla conoscenza più profonda delle cose, che la
casa paterna e i luoghi conosciuti non possono dargli. Leopardi non può far
altro che immaginare, al di là della siepe che, come il «rovente muro d’orto» o
la «muraglia con cocci aguzzi di bottiglia» di Montale, ostacolano la visione e
si frappongono tra il poeta e l’esistenza. Riuscita contaminazione di cinema e
letteratura, cinema e poesia, laddove quest’ultima trova il suo naturale
prolungamento nelle immagini, mai banali, che vanno a tracciare la storia di un
uomo reso immortale dai suoi versi…
Molto interessante Francesco caro, è bello comunque leggere questo contrasto di opinioni, che , in bene o in male rendono vivace il tutto.
RispondiEliminaSono d'accordo con te per il fatto che presto lo vedremo in televisione...
Bellissima recensione..
Un abbraccio forte!
grazie per essere passata.
Eliminaparlavo poco fa con un'amica e le dicevo che tutti i contorcimenti e l'incursione al bordello erano inutili ai fini della storia.
tutta la vita in poco più di due ore è davvero troppo, ma il film era di Martone...