mercoledì 8 ottobre 2014

Medianeras (Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires) - Gustavo Taretto

solitudine + urbanistica + amore, un film che parte bene e poi non cala, con un finale da "favola".
Martin e Mariana sono due che capisci, con le loro fissazioni e le difficoltà della vita, sembrano amici che hai conosciuto o conosci, e ai quali non puoi non volere bene.
sono piccole formichine di un mondo che non li vuole più (che non "ci" vuole più, cantava Lucio Battisti), di quelli che se muoiono in casa è solo per la puzza che qualcuno li scopre.
solo loro sapevano di esistere e dopo nessuno lo saprà più.
a Buenos Aires come in troppi altri posti.
il film arriva al cinema solo dopo tre anni e solo in dieci sale in Italia, e però se uno lo trova non sarà deluso, c'è da ridere e da pensare, all'architettura e alle relazioni umane - Ismaele






Eccolo, il potenziale cult dell'anno. Se solo non fosse arrivato con tre stagioni di ritardo, se solo la distribuzione ci avesse creduto di più...quel suo affrontare la questione giovanile con piglio frizzante e stile libero (visto che c'entra anche il nuoto) da cinema indipendente Usa (o, perché no?, francese) fa di "Medianeras", opera prima di Gustavo Taretto (che nel frattempo ha sfornato la seconda) un possibile successo di portata generazionale.
Una vicenda, anzi due vicende più o meno universali, che il regista vuole da subito contestualizzare nello spazio. Siamo a Buenos Aires, una città triste, che volta le spalle al proprio fiume. Le ipertrofie urbanistiche, mastodontiche ma variegate, belle e orrende, presentateci in sequenza in apertura dalla voice over, rispecchiano il disordine dell'animo degli abitanti.
Tra le milioni di persone che popolano la metropoli, ci si concentra su Martin e Mariana, due animi solitari che il destino vuole unire, se è vero che si incrociano e sfiorano di continuo senza mai accorgersi l'uno dell'altra. Il congiungimento arriverà, ma sarà più ritardato del previsto…

Congelata da qualche stagione nel listino della Bolero Film e in attesa di una collocazione, ci si chiedeva quando avremmo avuto la possibilità di vedere nelle sale nostrane Medianeras – Innamorarsi a Buenos Aires, l’opera prima di Gustavo Taretto, della quale si era sentito parlare un gran bene già tre anni fa in occasione della presentazione alla 61esima edizione della Berlinale. Adesso che quel momento è arrivato, non possiamo che confermare quanto di positivo ci era giunto alle orecchie, sottoscrivendo la bontà e la qualità espresse dalla pellicola scritta e diretta dal regista argentino. Del resto, meglio tardi che mai.
Trattasi di una Rom-Com delicata e piacevole che si focalizza su un tema centrale, ossia l’opposizione tra vita reale e virtuale, svolto con precisione di particolari e sapiente leggerezza nel rimando, nell’attesa e persino nella ripetizione, per poi allargarsi a macchia d’olio a sottotracce che arricchiscono la drammaturgia ed estendono l’orizzonte del racconto: la riflessione sulla città in cui viviamo, la solitudine urbana, l’incomunicabilità, le nevrosi collettive, l’isolamento, la ricerca dell’amore attraverso gli incontri e i fallimenti. Il tutto rappresenta il terreno fertile nel e sul quale coltivare le pagine di una sceneggiatura che fa dell’originalità, del preciso incastro dei tasselli temporali e della scorrevolezza della scrittura, tanto nella costruzione della narrazione quanto nel disegno dei personaggi e dei dialoghi, le componenti di un efficiente motore portante…

L'auteur, lui, mêle habilement cynisme et poésie, pour nous amener vers la rencontre tant attendue. Il utilise de belles paraboles pour mieux servir son propos et pour vanter les mérites du contact humain. Son héros masculin compare les rencontres par internet avec des pubs Mc Do : on est souvent déçu entre la photo et le produit qu'on a dans les mains dans la réalité. Elle le cherche dans une foule bigarrée, habillé comme le héros de ces livres où l'on doit chercher un personnage dans des foules. La solitude est là, mais teintée d'espoir. L'espoir d'une rencontre. Le titre même du film fait allusion à ces barrières que crée la ville moderne et la société capitaliste, toute tournée vers productivité et consommation. Les « medianeras » sont ces façades nues, sans ouvertures, qu'offrent certains immeubles, en attendant qu'une autre construction ne vienne s'y accoler.

Une œuvre optimiste comme « Medianeras » ne se rencontre pas souvent, on aurait donc tort de s'en priver, histoire de retrouver du baume au cœur, à l'image de la chanson qui revient régulièrement dans le film: "Ain't not mountain high enough".

Tras una presentación de monólogos que me deja abrumado y pensando que voy a ver otra película más de bonaerenses que se psicoanalizan, con incontinencia crítica y verborrea que se mezcla con falta de autoestima, bien individual, colectiva, incluso nacional (un tipo de películas de las que estoy saturado), Gustavo Taretto modula el acelerado ritmo inicial como forma de evitar la explicación de porqué su pareja protagonista es como es. Tanto Mariana como Martín exteriorizan sus pensamientos como forma de ocultar carencias afectivas. Entonces me doy cuenta de queMedianeras necesita de ese discurso oral, del recurso de la voz en off de cada uno de los protagonistas para mostrarnos la jaula en la que están metidos. Internet, en este caso, funciona como nexo de comunicación no oral con el exterior….

Los dos personajes son complejos y entretenidos, sobre todo en el caso de Martín (al fin y al cabo, el director y guionista es un hombre), y del mismo modo, la hora y media de la película transcurre sin provocar aburrimiento, debido al ingenioso modo con que se presentan sus numerosas aventuras; y es que los dos se pasan la cinta tratando de resolver sus existencias del mejor modo posible, sin mucha suerte, pero con poco drama.
Además de entretener, “Medianeras” provoca muchas risas sinceras (lo que es un mérito enorme), y cuenta con una planificación visual digna de verse. Pero delata demasiado su origen de corto, porque termina siendo una serie de anécdotas vivenciales que, en términos generales, hacen poco o nada por avanzar la historia, y que en determinado momento no sirven tampoco para brindarle al espectador detalles novedosos sobre sus personajes.
El uso de los espacios es siempre interesante, empezando por los exteriores de los edificios ya mentados y siguiendo con una fabulosa escena en la que Mariana obliga a uno de sus pretendientes a subir una escalera de veinte pisos, debido a su aparente rechazo a los ascensores; pero uno se encuentra siempre anhelando que pase algo realmente significativo, a pesar de que la compañía de estos personajes (muy bien interpretados por el argentino Drolas y la española López de Ayala) no resulta nunca desagradable, porque Taretto muestra un indudable amor por sus creaciones. Ojalá hubiera puesto el mismo énfasis en el desarrollo de una trama más consecuente.
da qui

4 commenti:

  1. post molto interessante. invita alla visione

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    1. quando uno va a vedere un film che prima non conosceva o non pensava di andare a vedere, allora sì che quella segnalazione e/o recensione ha fatto un bel lavoro :)

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  2. Preso nota, caro Sig. Giulio...
    Stefania

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