capita
a volte di vedere un film che poi ti resta in testa, e allora, per i miei
gusti, un film che mi parla anche dopo è un film che vale, non so se in
assoluto, per me di sicuro.
Bonifacio
Angius è al suo secondo film, il primo, “Sa Grascia” (qui) è un film solare,
bucolico, fantastico, invece “Perfidia” è un film livido, freddo, oscuro,
realistico.
padre
e figlio sono quelli di “Un borghese piccolo piccolo”, di Monicelli, la città
potrebbe essere qualsiasi città del Nord Est di Pietro Maso, in realtà la città
è quelle quattro strade, col il bar al centro, come in “Radiofreccia”, solo che
non c’è nessuna via di fuga.
Angelino
e suoi amici sono (ex) giovani, uomini senza qualità e senza futuro, se non in
fondo a un bicchiere o a un videopoker.
Angelino
e suoi amici li conosciamo, sono quelli che alcuni di noi sono o sono stati, o
almeno sono quelli che avremmo potuto essere, non sono altro da noi.
e
il padre di Angelino (un attore bravissimo), che non interpreta il padre, è il padre, è il padre che abbiamo
avuto, o avremmo potuto avere.
le
donne sono un’altra specie, per Angelino, impossibile avere un rapporto appena
umano, lui e suoi amici sembrano aver cominciato da ragazzini ad interpretare un
ruolo, nella commedia umana, e poi ne sono rimasti imprigionati.
il
film è rigoroso, impietoso, non ci sono scorciatoie, si ride e si scherza,
anche, ma lo si fa sull’orlo dell’abisso.
cercatelo,
non vi deluderà, non si abbassa verso lo spettatore, è lo spettatore che deve
salire a un livello più alto del solito, per fortuna - Ismaele
Diciamolo, la diffidenza intorno a questo unico film italiano
del Concorso internazionale era tanta. Stando alle voci che circolavano, Perfidia si annunciava come l’ennesimo film sociologizzante
sulla generazione giovane, la generazione perduta dei trentenni condannata alla
disoccupazione, alla passività sociale, all’eterno stare in famiglia ecc. ecc,
e allora molti a pensare (me compreso), macheppalle sarà la solita lagna.
Invece no, Perfidia è
un film notevolissimo, e non è quella cosa lì che si temeva…
…Permane comunque, forte, la sensazione di trovarsi di fronte
a un regista dal futuro tutt’altro che banale, conferma del talento già
espresso quattro anni fa in Sagràscia e
che deflagra in un finale di rara potenza ansiogena.
…Un'immagine
tanto reale da diventare a tratti insostenibile e che Angius porta avanti con
grande coraggio e onestà, forse il pregio più grande di Perfidia, opera lontana
dagli scandali, che non sembra mai procedere per tesi per porsi invece allo
stesso piano, profondamente umano, dei suoi protagonisti. Un cinema quindi
assolutamente vitale, a dispetto dell'aura mortifera che racconta. Capace di
viaggiare nella tradizione (quanto ricordano Angelo e Peppino un'altra coppia
padre/figlio, quella del monicelliano Borghese piccolo piccolo?) e
nel cinema contemporaneo, fra pedinamenti dardenniani e uno sguardo
internazionale che si rivela, paradossalmente, quello più diretto e tagliente
possibile…
…Angelino non è lo scemo del villaggio, non è un depresso né
tanto meno un bamboccione da stereotipo socioeconomico. Soffre piuttosto di un
autismo sociale che non gli impedisce di porre e di porsi domande (solo
apparentemente banali) che vanno ad impattare contro un muro di gomma che
persegue l’indifferenza come obiettivo auspicabile. Anche quando sembra che la
vita gli scorra sopra senza lasciare traccia nel suo intimo impermeabile a
qualsiasi evento non è così…
da qui
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