mercoledì 27 settembre 2023

Gli occhi nella notte - Terence Young

il film è tratto da un testo teatrale, quasi tutto è girato in un appartamento, con pochi attori, davvero bravi, Audrey Hepburn (Susy) per prima.

tre delinquenti cercano di trovare una bambola, ripiena di eroina, con l'aiuto di Susy, con tranquillità, ma le cose peggiorano, Susy capisce, le cose  diventano violente, non solo psicologiche.

e per fortuna che c'è Gloria.

un film da non perdere, nessuno se ne pentirà. 

buona (cieca) visione - Ismaele

 

 

QUI si può vedere il film completo, in italiano

 

 

Masterpiece. Spettacolo per 107 minuti, la parte finale è da vedere e rivedere. Audrey Hepburn oltre i confini, strabiliante.

Sam, un fotografo, e sua moglie Susy, rimasta cieca in seguito ad un incidente, vengono casualmente in possesso di una bambola imbottita di droga che viene attivamente ricercata da tre delinquenti. Costoro, allontanato con un trucco Sam, si recano da Susy spacciandosi rispettivamente per un intimo amico di Sam, un poliziotto, ed un uomo alla vana ricerca della moglie. Susy non sa però dove si trovi la bambola e, con la sensibilità propria dei ciechi, riesce a rendersi conto dell'inganno. Resta tuttavia alla mercè dei banditi che la isolano totalmente dall'esterno...

Audrey Hepburn (Susy) ha ricevuto la nomination all'Oscar '68 come Miglior Attrice. 

Il film è stato uno dei più popolari dell'anno, guadagnando nel Nord America 7.350.000$.

Film poco conosciuto che io stesso ho visto in maniera quasi casuale. Thriller-Giallo molto hitchcockiano, ben diretto ma soprattutto con una Audrey letteralmente clamorosa. Una prova straordinaria, dal primo all'ultimo minuto. Mi è piaciuto molto anche Richard Crenna, il falso amico di Sam.

Mi viene difficile trovare lati negativi, mi ha preso completamente. Credo sia un film assolutamente da riscoprire.

Voto 10/10 Uno dei più belli che abbia mai visto.

da qui

 

...Se prima la tensione era stata seminata e gestita in modo sapiente, il regista la fa' esplodere alla grande negli ultimi 20 minuti; e così passiamo da un ottimo film con derivazioni Hitchockiane, all'originalità che riesce a rendere questo film un qualcosa di mai visto sino ad allora. Suzie Hendrix ci porta nel suo mondo fatto di tenebre ed oscurità totale; dove lei è in vantaggio e gli altri hanno l'handicap. Questa maturazione è esemplificata da una frase della protagonista, che alla minaccia di Mike, uno dei tre criminale, risponde "Ma come no; io faccio quello che voglio"; come dire... questo è il mio mondo e qua comando io.
Terrence Young negli ultimi 10 minuti compie una riflessione interessante; se il sonoro ha invaso il cinema riducendo spazio all'immagine, egli invece compie l'operazione inversa, elimina l'immagine e riduce tutto a suono. Ci sentiamo spaesati e senza alcun punto di riferimento; cechi ed impotenti nonostante non abbiamo alcun handicap; ma tutto questo perchè non abbiamo mai affinato altra capacità che non sia quella di vedere. Auspichiamo quindi una luce (che ribaltando ogni concezione iconografica, in questo caso sancirebbe la sconfitta per la nostra protagonista) che possa darci quanto meno un riferimento temporaneo.

Onore al merito và dato anche al grande direttore della fotografia Charles Lang (forse è un altro dei motivi per cui Young è riuscito a fare un film di questa portata), che riesce a creare un'atmosfera plumbea, soffocante ed opprimente, dimostrando poi nel finale tutte le sue notevoli doti in materia con un lavoro fotografico pazzesco, mettendo in scena l'eterno scontro tra immanenza e trascendenza in modo sbalorditivo…

da qui

 

Credo che Hitchcock non avrebbe saputo fare di meglio. Questa vicenda, diretta da un Terence Young in stato di grazia, nonostante sia piuttosto 'teatraleggiante', è manovrata con un'abilità incredibile e c'è un crescendo di suspense magistrale (al punto da farci dimenticare qualche incoerenza nella trama) che culmina in un finale veramente da urlo. Lo spettatore è cosciente di tutto fin dall'inizio; anche se la Hepburn (qui nel ruolo di una cieca) non vede, lui vede tutto ciò che le sta accadendo, compreso il modo in cui ella sta essendo ingannata da tre banditi che vogliono rubarle una bambola piena di droga. E mano a mano che la Hepburn capisce ciò che le sta realmente succedendo, lo spettatore, nonostante sappia tutto fin dall'inizio, comincia a fremere, il suo battito cardiaco aumenta e la tensione diventa paralizzante, soffocante. E' come se anche chi guarda fosse stato accecato, perché riesce totalmente ad identificarsi con la protagonista. E quando la suspense raggiunge lo zenit nel finale ed anche chi guarda viene (stavolta sul serio) accecato, non sembra esistere più certezza e pare impossibile fare qualche previsione. Ma poi le luci si riaccendono ed il battito decelera e ci si rende conto di aver visto un film che seppure abbia, lo ripeto, delle incoerenze, è riuscito a trasmettere un'ansia angosciosa magistrale e credo sia questa la cosa più importante in un thriller…

da qui

 

Mirabile sceneggiatura per un film quasi perfetto, sostenuto da un trio di attori d’eccezione: Richard Crenna, prossimo colonnello Trautman in RAMBO, Alan Arkin (non si vede moltissimo, ma dimostra eccezionali capacità recitative) e Audrey Hepburn, vera protagonista del film, intensa e credibile come non mai nel ruolo della cieca Susy Hendrix, che si trova a dover fronteggiare (col solo aiuto della sua intelligenza e di una piccola vicina di casa) le truffe combinate di tre loschi individui (a Crenna e Arkin si aggiunge John Weston) decisi a tutto pur di riprendersi la bambola imbottita di droga pervenuta a lei per caso. Il regista Terence Young dirige con sicurezza un film di derivazione hitchcockiana, con molti momenti di vera suspense e un finale quasi horror che regge benissimo il passo coi tempi. La sceneggiatura non perde un colpo (i pignoli potranno trovare qualche piccola ingenuità, ma è ben poca cosa rispetto alla complessità dell'intreccio, spiegato con grande chiarezza) e fa sì che praticamente non esistano punti morti. L'impronta è teatrale, con la vicenda totalmente ambientata, se si esclude il breve prologo, nella casa di Susy (specificatamente nel salotto) e raccontata quasi in tempo reale (come lo fu NODO ALLA GOLA per Hitchcock, quindi). Ottima la fotografia, con contorni nitidi e capace di esaltare gli interni dell'appartamento, ben scenografati. WAIT UNTIL DARK, il titolo originale, è ben più azzeccato della traduzione italiana, che peraltro è la stessa di altri tre o quattro film diversi (evviva la fantasia!). Per essere un film del 1967 è incredibilmente moderno e scorrevole e Stephen King ha ragione ad amarlo (lo cita tra i migliori nel suo saggio “Danse Macabre”).

da qui

 


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