martedì 14 luglio 2020

Swallow - Carlo Mirabella-Davis

Hunter è un po' Amy, di Gone girl, e poi diventa un po' Wendy, di
Wendy e Lucy.
è una sposa (in)felice, sola, una riproduttrice per creare l'erede.
Hunter cade sempre più nella trappola, poi comincia a farsi male e alla fine, all'ultimo minuto riesce a fuggire, con un aiuto inaspettato e necessario.
come si fa a non provare solidarietà per la rinascita di Hunter?
buona (ottima) visione - Ismaele






l'infermiere siriano le dice una frase molto "fastidiosa" ma per niente banale.
"Se fossi stata in Siria non avresti questi problemi.
Non c'è spazio per problemi mentali quando ti sparano addosso".
certo, non voglio dire che questa frase sia incontestabile, e che i problemi mentali degli individui non possano avere radici molto più profonde degli ambienti in cui vivono.
Ma è tremendamente vero che in una situazione di calma, inanità, solitudine e agio ogni nostro problema mentale non trova la "vita reale" a poterlo combattere, a confonderlo, a metterlo in secondo piano.
Più stiamo bene, più abbiamo cose ma al tempo stesso più la nostra vita ha mancanze interiori e solitudini più facilmente impazziremo.
Se invece la vita ci costringesse a combattere tutti i giorni i nostri demoni si troveranno molte più porte chiuse per entrare dentro di noi…
Primo lungometraggio del regista Carlo Mirabella-Davis, se si esclude il documentaristico 'The swell season', presentato al Tribeca film festival nel 2019 e distribuito in Francia solo nel Gennaio 2020; un thriller psicologico che non può che ricercare una nicchia di pubblico per la tematica particolarmente singolare.
Altri recensori ne evidenziano i limiti, dei quali condivido le riserve, infatti lo scarno soggetto manca di un climax adeguato per sfociare nel bieco horror (del quale sarei un fruitore convinto),  è deficitario nell'analisi psicologica (al limite del didascalico) ed inoltre non riesce a trovare la quadra nello sbrigativo finale nel quale troppi dubbi rimangono sulla catarsi finale o presunta tale.
Rimane comunque 'del buono' da appuntare, che mi convince nel dare un giudizio positivo, cioè le due caratteristiche che ricerco, e difficilmente trovo, durante le mie visioni: l'originalità del soggetto ed il coraggio della produzione.
In questo caso entrambi sono presenti.

Mirabella-Davis gira un film che alterna un controllatissimo rigore geometrico, quando si muove all’interno della prigione di vetro dei Conrad, ad una libertà più scomposta, quando la protagonista si muove finalmente nella realtà esterna. Haley Bennet (The HoleKaboomThe EqualizerLa ragazza del treno) dietro la sua voce sussurrata e il viso di porcellana, riesce a nascondere inquietudini e oscurità impensabili.Il film poggia tutto sulle sue spalle, sulla sua apparente apatia, che si trasforma in autodistruzione: la condizione di eterna bambina, in cui si trova costretta, all’interno della casa di bambole costruita dai Conrad attorno a lei, in cui si può solo sorridere o chiedere scusa, senza mai alzare la voce, finisce per spingerla sull’orlo del precipizio…

…Le abiezioni di questa donna, coraggiosamente rese visibili sullo schermo, ne fanno un esempio di quella mostruosità femminea di cui il cinema ha dato in passato alcuni esempi, ma ribaltandone l’assunto: in un mondo maschilista, sessista e omofobo la donna non è la mostruosità da sconfiggere ma una preziosa identità da difendere. Come per tutti i grandi film, al termine della visione di Swallow lo spettatore non è in grado di elaborare un giudizio nei confronti del personaggio protagonista. Il suo dolore, i suoi sacrifici, le sue motivazioni e le sue scelte sollecitano pensieri e riflessioni che, dopo i titoli di coda, resteranno con noi a lungo.

È la miscela di body horror fisico e intensa risonanza emotiva a creare un film così angosciantemente brutale, nonostante la mancanza pressoché totale di violenza oltre a qualche goccia di sangue e alcune immagini di chirurgia.
Questo è ciò che rende Swallow così avvincente, il modo in cui riesce a creare così tanta tensione dal poco che viene effettivamente mostrato sullo schermo. È così che il regista Carlo Mirabella-Davis ricorre a ogni senso per costruire l’esperienza sensoriale che, in definitiva, diventa il suo film. Dal sound design strabiliante alla colonna sonora inquietante di Nathan Halpern a come usa riprese lunghe e ampie per costruire il mondo distante e isolato della vita di Hunter. Il regista organizza un’opera capace di tenere in punta di poltroncina lo spettatore, oltre che instillargli una certa riluttanza a deglutire per lungo tempo.
È questo mix di contenuti visivi sconvolgenti che si mescolano con temi incredibilmente pesanti come l’abuso, lo stupro, il gaslighting e la repressione sociale che trasforma Swallow in un titolo contemporaneamente da non perdere e da non voler rivedere una seconda volta. Nel secondo caso, l’aspetto peggiore sarebbe il probabilmente perdersi molti dei dettagli dell’impressionante lavoro orchestrato da Carlo Mirabella-Davis, così come la devastante performance di Haley Bennett, anche se una menzione doverosa va fatta a Denis O’Hare (American Horror Story), in un ruolo piccolo, ma importante e credibile. In definitiva, è un film indie di genere, ma di quelli di cui quasi sicuramente non vedremo altri esempi nel prossimo futuro.

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