giovedì 16 luglio 2020

The Lighthouse - Robert Eggers

Robert Pattinson e Willem Dafoe sono i soli interpreti del film, a parte il mare, i gabbiani, il faro, la luce.
il vecchio è il guardiano del faro, l'unico che può accedervi,il giovane è il manovale, l'uomo di fatica, vorrebbe arrivare alla luce anche lui, ma non può.
la storia è quella di una lotta, a volte senza quartiere, a volte innaffiata dall'alcool, odio e amore.
un archetipo che si rinnova, arriva da migliaia di anni prima, e non muore mai.
non sappiamo se quello che vediamo succede davvero. o se sono le fantasie malate dei prigionieri dell'isola.
Malville è una potente fonte d'ispirazione, ma non solo.
un film da vedere (e rivedere) - Ismaele





…I riferimenti ad altre opere e alla mitologia sono alquanto palesi ma non subito riusciamo a coglierne tutte le sfumature. Solo sul finale di The Lighthouse le cose iniziano finalmente a quadrare ma è comunque un film che merita ulteriori visioni.
Merita per lo straordinario uso che ne fa dei due attori protagonisti. Dafoe, sempre sul pezzo, ma è Robert Pattinson ad estasiare veramente. Uno dei pochi giovani attori usciti prima dall’universo cinematografico di Harry Potter e poi dalla saga di Twilight ad aver avuto veramente successo: tutto meritato.
Con The Lighthouse, Eggers rielabora la condizione della follia umana e quel profondo senso di isolamento che è una delle chiavi di lettura del film. Partendo perciò dalla stessa follia che aveva colto ai tempi Jack Torrance, il protagonista di ShiningWinslow Wake emergono come nei grandi romanzi di metà e fine Ottocento: dal racconto gotico di Edgar Allan Poe passando per Melville e il celeberrimo Moby Dick fino ad approdare a ad opere più classiche. Collegandosi addirittura con la tradizione biblica e in particolar modo quella mitologica.
All’aspetto tenebroso e puramente horror, si lega la ricerca disperata del sapere che è insita nei più celebri personaggi della letteratura. Si pensi solo a Ulisse e alle sue peregrinazioni per tornare a casa. Ancora più palese è la trasposizione del mito di Prometeo: riletta ora dal regista in chiave onirica e con le agghiaccianti movenze di un thriller.
Il Faro è l’olimpo, sede degli dei e del loro capo supremo, Zeus. La luce che esso custodisce guida le navi e tutta la razza umana ma solo a pochi è permesso toccarla e possederla. Winslow, come l’eroe mitologico, la brama per sé e per l’umanità. Wake è il custode, forse l’incarnazione stessa di Zeus che droga l’uomo a suon di storie, canti, superstizioni e alcol.

Ci troviamo di fronte a una grande opera criminale, un tentativo rischioso e luminoso di uscire dal conservatorismo di tanto cinema contemporaneo. Correnti e autori escono da una sterile intoccabilità e si bagnano nella grande immaginazione creativa di The Lighthouse, contaminandosi con la poesia di Coleridge, il fantastico di Poe e tanta produzione di serie B – dalla fantascienza anni ’50 a Corman.
Eppure tutto si staglia in un impeccabile equilibrio, ed è questa la grandezza di Eggers: dominando il caos della materia cinematografica, il regista estrae un registro, un’estetica, una personale atmosfera.
Altrettanto straordinario – inteso come fuori norma – il rapporto di attrazione/distruzione tra Pattinson e Dafoe (entrambi eccezionali): la loro convivenza è quanto di più folle e sadomasochistico mostrato da tanto cinema recente. Spirituamente vicino a Losey, Fassbinder e Cavani, Eggers riduce i due personaggi a specchio spirituale l’uno dell’altro, saturando il suo kammerspiel di uno spettro psicanalitico in cui trionfa la pulsione di morte

Come narratore, Eggers disarticola i consueti modelli di storytelling e dona maggiore complessità all’idea oramai romanticizzata di “ambientazione storica” – in particolare per quel che riguarda il New England. Così come The Witch raffigurava gli eventi propio come se fossero la descrizione dei resoconti fantastici dei puritani del XVIII secolo, allo stesso modo The Lighthouse si fa metonimia di una porzione storica più grande. Tra i due film, Eggers si è distinto non solo come narratore immerso nel folklore anglo-americano del nord-est degli Stati Uniti, ma ha dimostrato in modo preciso come quel folklore abbia contribuito a modellare l’episteme americana a proposito di temi quali la spiritualità e la religione istituzionalizzata – e ora, con The Lighthouse, rispetto al lavoro e alle differenti forme di dipendenza.
Il guardino Thomas Wake (Willem Dafoe) e il suo assistente Ephraim Winslow (Robert Pattinson) giungono al faro del titolo, presumibilmente da qualche parte nel nord-est degli Stati Uniti, per effettuare un turno di guardia che, originariamente previsto per sole quattro settimane, li impegnerà più a lungo a causa dell’improvviso scoppio di una potente tempesta. I due diventano sempre più irrequieti e gli eventi che seguono sono una conseguenza del loro eccessivo consumo di alcol e dell’isolamento crescente. Eggers rivela gradualmente che Ephraim ha una propensione alla violenza fisica e all’omicidio – l’alcol si configura in questo caso come un catalizzatore – e suggerisce che potrebbe essere un evaso. Quando arrivano per la prima volta al faro, trova una piccola sirena di ceramica nascosta all’interno di un materasso, che più avanti nel film utilizzerà come un oggetto erotico, attivando fantasie sessuali che hanno per protagonista una sirena scolpita tra le rocce dell’isola…

L’impresa di raccontare un film come The Lighthouse può apparire ardua, ma si dimostra soprattutto completamente inutile. Lo schema che viene mostrato nei primissimi minuti, con Ephraim intimidito dall’incontro/scontro col lupo di mare Thomas e l’inizio di una dialettica quasi impossibile tra i due – e dominata dalla falsità più totale, perfino esibita – viene infatti ribadita per l’intera durata del film. L’intento evidente di Eggers è quello di trascinare lo spettatore in uno stato allucinatorio, completamente paranoide, in cui il confine di per sé labile tra reale e immaginario venga abbattuto senza mezzi termini. Per far questo non può che affidare il ruolo di Virgilio a Ephraim, interpretato da un eccellente Robert Pattinson – fa il paio con la sua recitazione quella di un sublime Willem Dafoe: i due reggono, al di là del lavoro di scrittura, l’intero impianto narrativo del film, e la sua credibilità –, che fin dall’inizio sembra particolarmente soggetto all’atmosfera del luogo, che porta con l’aria salmastra anche incubi, memorie rimosse, ipotesi di mostri marini ospitati nell’area della lampada, quella a cui lui non ha l’accesso…

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