domenica 26 luglio 2020

Arbitrage - Nicholas Jarecki

Richard Gere è marito, padre e amante di un'artista francese, la moglie fa beneficienza, i figli seguono le orme del padre, imprenditore/finanziere di successo, finché...
Puoi imbrogliare una persona tutte le volte, puoi anche imbrogliare tutti almeno una volta, ma non puoi imbrogliare tutti tutte le volte. diceva Abraham Lincoln e canta Bob Dylan.
attori bravissimi, come spesso capita.
non trascurate Arbitrage, non vi deluderà - Ismaele






QUI il film completo in inglese

Jarecki ha l'efficacia di chi non si perde in rivoli narrativi inutili e la sensibilità per raccontare la ferocia gentile di un'aristocrazia economica che non ha regole. Lo afferma proprio Miller-Gere nel dialogo cruciale con la figlia, sua dipendente (è il direttore finanziario della sua società). Lui è "il patriarca, è dio. E tu lavori per me, tutti lavorano per me". Il denaro e il potere sono le colonne d'Ercole oltre cui il mondo non può andare, se non fa parte di un club esclusivo e plaudente che può considerare un assegno di due milioni di dollari come una manciata di spiccioli. Nulla conta più del cerchio magico di questa comunità di eletti: persino quando si fa largo la questione razziale, in verità, tutto si fonda solo su un rapporto di sudditanza che con il colore della pelle non c'entra nulla. E il taglio sulla scena finale, che arriva con qualche secondo di troppo, non lascia consolazioni ma solo riflessioni…

Una storia tutt’altro che edificante, un protagonista che disturba nella sua capacità di mantenere il controllo di fronte a tutto e tutti, nella sua irriducibile corsa verso la propria salvezza. Un finale aperto, quasi destabilizzante nel rimanere sospeso, ci mostra una legge che non riesce a essere uguale per tutti, non almeno per chi – grazie a soldi e giro di giuste conoscenze – è nella cerchia degli intoccabili, come ha dichiarato lo stesso Gere sul suo personaggio. Una borghesia finanziaria che può essere distrutta solo dal suo interno, ma sempre e comunque senza mostrare nessun graffio da fuori.
Quello che ci racconta Nicholas Jarecki è un mondo dove tutti sanno come vanno le cose e dove chi cerca di opporsi sembra destinato a rimanere con un pugno di mosche in mano. La sceneggiatura e la regia sono ben costruite, soprattutto se si pensa che il regista è qui al suo primo lungometraggio. Buono il ritmo del film, sostenuto da una colonna sonora che contribuisce a suggerire l’idea dominante della corsa contro il tempo, e da un ottimo cast: da un Tim Roth sempre perfettamente calato nel suo ruolo, a una credibilissima Susan Sarandon e un Richard Gere che sembra voler dimostrare la sua raggiunta maturità di attore, superando a pieni voti la prova di un ruolo meno confortante ed edulcorato del solito.

Ogni personaggio della pellicola agisce per ragioni giuste, ma compie azioni moralmente ed eticamente scorrette per arrivare al proprio scopo, diventa quindi impossibile, e probabilmente anche inutile, distinguere il buono e il cattivo; non esiste nel film una visione manichea del bene e del male, tutti coloro che prendono parte alla vicenda tendono a difendere se stessi, quindi agiscono nel loro più stretto interesse, cercando di mettere con le spalle al muro chi li ostacola. In questo scenario di corruzione e immoralità dilagante emerge un quadro cupo e degradante dell'essere umano, il compromesso si insinua in tutte le sfere della vita, da quella professionale a quella intima della famiglia e degli affetti, niente viene risparmiato, la sete di bramosia pare travolgere tutto, anche contro la volontà dei soggetti implicati, come se la degenerazione fosse inarrestabile…

Senza poter ambire a chissà quale perfezione, né nella scrittura del genere né nella lettura di una realtà quotidiana, il film di Jarecki riesce comunque a convincere, anche per via di un finale del tutto privo di consolazione, o di quello che potrebbe essere definitivo come lieto fine. Perché in una società corrotta fino al midollo – ne La frode non c’è praticamente nessuno che non si venderebbe per riuscire a raggiungere i propri obiettivi – non è prevista alcuna catarsi, e non si può pretendere che il cerchio si chiuda alla perfezione, tutt’altro. Una morale forse facile, ma di cui si può avere bisogno: un discorso che torna ancor più valido per un film imperfetto e affascinante come La frode.

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