giovedì 12 maggio 2016

Trumbo (L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo) - Jay Roach

Trumbo è apparso come una meteora in un pugno di sale per qualche giorno, nel febbraio 2016.
per fortuna tutto (anzi, solo molto) si può recuperare.
il film è incentrato sulla storia di Dalton Trumbo, uno sceneggiatore leggendario, il più famoso di quelli privati del diritto di lavorare, o almeno di mettere il proprio nome ai loro lavori, a causa del maccartismo.
regista di un unico e immenso film, ecco qui qualcosa su Dalton, per chi non lo conosce.
era il più grande sceneggiatore dei suoi tempi, e tutti lo sapevano.
attori bravissimi, tutti e non solo il protagonista (Bryan Cranston, candidato all'Oscar).
una storia di tempi bui, di caccia alle streghe, e galera, per chi non faceva il delatore, mancava solo il rogo, tempi di miserie umane, ma anche di grandezza.
alcune scene memorabili rendono il film da non perdere, Kirk Douglas e Otto Preminger riportano Trumbo al posto che gli spettava.
peccato però non averlo visto al cinema - Ismaele


QUI una bellissima intervista di Roger Ebert a Dalton Trumbo, nel 1971



Trumbo è un film prevalentemente attoriale, interamente basato sulle performance di chi è riuscito a riportare sullo schermo, con una sensibilità incredibile, tutti i protagonisti di questa storia "senza vincenti". Bryan Cranston in primis meriterebbe l'Oscar perché il suo Dalton Trumbo è perfetto: in primo luogo, per l'aderenza a quello vero, come si può evincere da uno stralcio d'intervista riportato durante i titoli di coda, secondariamente per l'intensità messa nell'interpretazione, tanto che spesso ci si commuove davanti a quest'uomo che rifiuta, cocciutamente, di venire messo in ginocchio da un sistema sbagliato. Persino le figure più "banali" (mi si passi il termine) o più caricate risultano realistiche, questo vale sia per la figlia Nikola, interpretata da una Elle Fanning che ormai ha surclassato la sorella Dakota (a proposito, che fine ha fatto??), sia per l'enorme Frank King, incarnato da un John Goodman in stato di grazia; a queste persone magari poco conosciute si aggiungono le magistrali rappresentazioni di miti viventi quali John Wayne, Kirk Douglas, un esilarante Otto Preminger e la stronzissima "regina del gossip" Hedda Hopper, ennesimo ruolo capace di confermare la grandezza di una Helen Mirren che non sbaglia un colpo, che Dio la benedica.  L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo è un film che ha cuore, una pellicola interessantissima e capace di causare nello spettatore l'insana voglia di saperne di più non solo sullo sfortunato Dalton Trumbo ma anche e soprattutto su un periodo nerissimo della storia di Hollywood in particolare e dell'America in generale. Ecco perché in Italia lo hanno distribuito solo in una cinquantina di sale, bravi!!

…Il marpione Jay Roach fa la cosa giusta, assemblando un prodotto di sicuro successo, divertente e coinvolgente, che ruota tutto attorno al suo protagonista incontrastato, il volto eterno di Walter White di Breaking Bad; è lui a vestire i panni (e a sfilarseli, pure) di Dalton Trumbo, e a correre (per quanto ce ne freghi) verso l’Oscar. Roach e lo sceneggiatore John McNamara fanno la cosa giustissima, usando le stesse identiche armi di Dalton Trumbo, confezionando cioè un prodotto d’intrattenimento pop e mainstream – piegando la realtà, semplificando e inventando personaggi di contorno – per raccontare una storia e schierarsi nella maniera più schietta e sincera possibile dalla parte giusta…

...Il meglio di questo film, tutto sommato convenzionale, di quelli artigianalmente ben fatti ma senza guizzi di stile, linguaggio, messinscena, sta nel suo tono non lagnoso. Nel suo essere inaspettatamente comedy oltre che drama. Nel presentarci e raccontarci storia, vita e opere – manifeste e clandestine – del più famoso dei dieci blacklisted di Hollywood, lo sceneggiatore – ma diciamo pure, e meglio, scrittore di cinema – Dalton Trumbo senza troppi piagnistei né lagne. Anzi restituendoci del suo protagonista non solo le sofferenze patite e il senso di umiliazione e sconfitta, ma pure lo smagliante charme intellettuale, il dandysmo beffardo, il coraggio irridente e sardonico di chi va con allegrezza e sfacciataggine a sfidare i mulini a vento, in questo caso i cacciatori di comunisti (presunti) infiltrati nella capitale del cinema. Se Trumbo fu un martire, grazie a Dio questo film, che pure ne ricostruisce fedelmente tutte le traversie – un anno di galera compreso -, non adotta lo stile compunto della agiografie e il tono plumbeo dei martirologi. Fin qui, i pregi. Per il resto, non aspettatevi sorprese…

...Forte di un’interpretazione d’insieme maiuscola e di una ricostruzione convincente, il film – basato sulla biografia Dalton Trumbo scritta da Bruce Cook nel 1977 (ora in Italia con Rizzoli) e sulle testimonianze delle due figlie di Trumbo, Niki e Mitzi – offre non solo un ulteriore sguardo generale sul contesto pubblico, ma anche un interessante dietro le quinte della quotidianità del celebre scrittore e sceneggiatore, le sue fisime (era solito scrivere a macchina dentro la vasca da bagno), le sue “assenze” in quanto marito e padre, contrapposte ai momenti di grande affetto e scambio all’interno della famiglia.
Non c’è la volontà di farne un santino, insomma, piuttosto di ergerne la figura a paradigma di uomo mai venuto meno ai suoi ideali, per i quali preferì rinunciare al proprio nome piuttosto che “vendere” quello di altri colleghi e/o amici.

El acertado casting de Trumbo es un punto a favor. No es poca cosa. Un biopic que depende de tantas caras conocidas podría haberse ido a pique por un mal casting, como le ocurrió a Leonardo di Caprio interpretando a J. Edgar Hoover en J Edgar, o a Val Kilmer con Jim Morrison en The Doors. La fórmula pasa por dos partes de parecido físico y una muy generosa de talento, bien mezclado, para que nos creamos a los falsos Edward G. Robinson (Michael Stuhlbarg), Kirk Douglas (Dean O'Gorman) o John Wayne (David James Elliott), que pueblan el filme. Pero los aciertos más redondos son, sin duda, los de Bryan Cranston y Helen Mirren. Es un auténtico goce ver a la actriz británica (tan elegante, tan sexy a los 70 años) como la pérfida Hedda Hopper, poderosa columnista de cotilleos. Y qué decir de la estrella de Breaking Bad, Bryan Cranston, como Dalton Trumbo, confirmando lo que ya vimos en televisión: que es un actor complejo y sólido. Cranston y Mirren son lo mejor de este tributo a uno de los genios de Hollywood, homenaje necesario y entretenido a ratos, pero decepcionante.

…Bryan Cranston was nominated for an Oscar for the title role and I can tell you flat-out that the nomination was richly deserved – in fact I like his performance better than winner Leonardo di Caprio’s. He captures a lot of the real Dalton Trumbo’s mannerisms from the clipped speech, the hunched over posture and the witticisms along with the look; his trademark moustache and cigarette holder. He looks the part and quite frankly, he dominates the screen here.
The script captures the paranoia and despair of the time. The conversations between Trumbo and Arlen Hird are really the heart of the picture, setting up the dichotomy between capitalism and socialism (again, Trumbo wasn’t really a true communist) and questioning the motives of his crusade. A speech near the end of the film is an emotional moment that underlines the true cost of the blacklist and of other events like it…

Qualche collega, nella prima metà del film, fa in effetti notare a Trumbo che sta finendo per concentrarsi su un obiettivo meramente individualista (riavere la possibilità di lavorare prima e di firmare i copioni con il suo nome poi), ma questa pulce viene ben presto estirpata per lasciare spazio alle scenette con Kirk Douglas e con Otto Preminger, che saranno i fautori della sua riammissione nell’alveo dei grandi (perché gli permisero di firmare con il suo nome sia Spartacus che Exodus). E a quel punto delle sue idee politiche non sembra fregargliene più nulla: l’importante è avere di nuovo il rispetto della propria famiglia!
Perciò, per ritrovare l’autentica dimensione di una figura come Trumbo, forse è meglio andarsi a rivedere quel capolavoro di crudele retorica antimilitarista che è la sua unica regia cinematografica: E Johnny prese il fucile.

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