domenica 8 maggio 2016

Il grano e la volpe - Vincenzo Guerrizio - Raffaele Manco


Il 2 marzo del 1994 succede qualcosa, sparisce un elicottero della Guardia di Finanza in mare, a sud est della Sardegna, il nome in codice è Volpe 132, i piloti sono Gianfranco Deriu e Fabrizio Sedda, i corpi non verranno mai trovati.
Il 20 marzo 1994 Ilaria Alpi e Miran Hrovatin saranno assassinati.
Quasi da subito nessuno crede che i due giornalisti siano morti a causa di proiettili vaganti sparati durante il carnevale somalo, ci vuole più tempo a farsi strada la versione che i due piloti sardi siano stati colpiti da un missile.
E l’anno prima scoppia qualche bomba (non bombola) in giro per l’Italia, di origine mafiosa.
La storia di Volpe 132 è una di quelle perfette per un giallo sui misteri d’Italia, solo che bisogna scriverlo.
Pochi la conoscono, o perché la ignoravano dall’inizio o perché se la sono dimenticata.
(qui un interessantissimo dossier de La Nuova Sardegna, di Piero Mannironi e Pier Giorgio Pinna)
Vincenzo Guerrizio e Raffaele Manco hanno fatto un documentario sobrio e impietoso insieme, alla fine del quale nessuno potrà dire “non mi interessa”.
Mica facile vederlo, qualche proiezione qua e la, sono 82 minuti che non lasciano scampo (pare che verrà tratta una versione da 52 minuti, per la tv, se compreranno i diritti (per farlo vedere, non per non farlo vedere, speriamo).
Cos’hanno in comune l’esecuzione di Mogadiscio, quella di Volpe 132, quelle dell’estate prima, quelle di Falcone e Borsellino?
C’è qualcuno nell’ombra che manda un messaggio, sono cose nostre, non rompete i coglioni, per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, e per Volpe 132 il messaggio è che non si parla, non si indaga, non si disturba il traffico d’armi.*
Gianfranco Deriu e Fabrizio Sedda erano due militari, e come sempre, in tutte le istituzioni umane, ci sono i buoni e i cattivi, chi si è venduto, o è parte integrante di un potere parallelo (e più forte) e chi compie il suo dovere ed è un agnello da sacrificare, nelle dimostrazioni di forza di chi butta i suoi carichi pesanti sul tavolo da gioco.**
Sapevate che la nave da cui è partito il razzo che ha distrutto l’elicottero dopo quattro mesi era ormeggiata in un porto algerino da un mese, e che fra il 6 e 7 luglio del 1994, appena 4 mesi dopo Volpe 132, tutti i marinai furono sgozzati, e che quella nave trasportava grano, ma anche armi, dicono in molti?
Grazie ai testimoni, testardi e coraggiosi, e ai registi.
Non perdetevi questo documentario, appassionante come un film giallo, o anche dell’orrore, purtroppo - Ismaele


* qui qualcuno canta:“lo sanno tutti che in Finmeccanica i soldi veri li fanno con le armi”, la stessa Finmeccanica che adesso ha cambiato nome, si chiama già Leonardo (povero Leonardo, si starà rivoltando nella tomba).
Finmeccanica è quell’ambasciatore dell’Italia nel mondo, capitanata da Mauro Moretti, ex segretario nazionale della Cgil Trasporti per cinque anni, e da Giovanni de Gennaro, ricordate la scuola Diaz?

** Alle 18,58 sorvola un traghetto della Tirrenia. L'ultimo contatto con Elmas è delle 19,15 e qui c'è un piccolo mistero. L'elicottero annuncia: "Ci dirigiamo a Sud"; in realtà piega a Nord, fa un lungo giro sul monte dei Sette fratelli ed esce in mare praticamente all'altezza del punto in cui è all'ancora la "Lucina". La manovra, secondo gli esperti, serviva a non farsi sentire dalla nave. Quella notte, infatti, soffiava il Maestrale (dal mare verso terra) e da quella direzione, a bordo del "Lucina" non avrebbero potuto sentire il rumore dell'elicottero in avvicinamento almeno finché non fosse stato molto vicino. La comunicazione "errata", poteva servire a "depistare" chi, eventualmente, fosse stato in ascolto.






… Quale sconcertante vicenda viene affrontata in questo documentario la cui post-produzione è stata conclusa solo da pochi giorni?
La sera del 2 marzo 1994 un elicottero della Guardia di Finanza partito dalla base di Cagliari Elmas svanisce nel nulla durante una missione di pattugliamento lungo la costa sudorientale della Sardegna. A bordo un veterano del volo, il maresciallo Gianfranco Deriu e un giovane ufficiale, Fabrizio Sedda. Due giorni dopo l’avvio delle ricerche vengono ripescati alcuni frammenti del velivolo. Poi più nulla. Manca il relitto. Mancano i corpi. A oltre vent’anni le indagini ancora aperte sulla scomparsa del Volpe 132 non hanno saputo spiegare le cause della sciagura.
Può un elicottero militare sparire durante un volo di routine senza lanciare un SOS? I familiari da subito dubitano di ciò che dicono i militari. Vanno a caccia di prove. Trovano testimoni che hanno visto l’elicottero volare in una zona diversa da quella battuta dalle ricerche, poi un bagliore, un gran boato e il silenzio. Volpe 132 è stato abbattuto. Di quei testimoni qualcuno aveva raccontato già poche ore dopo agli inquirenti quello che aveva visto quella sera, ma quando un mese dopo l’inchiesta militare si chiude l’unica causa
ritenuta plausibile è quella di un incidente. Ai familiari la verità ufficiale non basta. Troppe le omissioni, le incongruenze, i silenzi.

Due marzo 1994. Un elicottero della Guardia di Finanza, nome in codice Volpe 132, sorvola la costa meridionale della Sardegna. A bordo due militari, il maresciallo Gianfranco Deriu e il brigadiere Fabrizio Sedda, incaricati di una “ricognizione costiera notturna per la repressione di traffici illeciti via mare”. Alle 19.15 l’ultimo contatto con l’aereoporto di Elmas, alle porte di Cagliari: “Ci dirigiamo sull’obiettivo segnalato sul radar”. Risposta: “Volpe 132, quale obiettivo?". Poi un lungo, interminabile, silenzio. Alle 19.52 la sala operativa prova a mettersi in contatto con l’equipaggio: “"Volpe 132, mi sentite? Passo. Volpe 132, mi sentite? Qual è la vostra posizione?". Ma è troppo tardi. Il velivolo è sparito nel nulla.
Cosa sia successo lo spiega un testimone oculare, Luigi Marini: “La sera del 2 marzo 1994, intorno alle 19:15, 19:25, mentre pescavo sul fiume Picocca, ho sentito un rumore di motori in lontananza e, scrutando il cielo, ho cercato di capire da dove venisse. In quell'attimo, in direzione di Capo Ferrato, sul lato sinistro, guardando il mare, ho visto un fascio di luce salire dal basso verso l'alto e subito ricadere verso il basso. Da quel momento il rumore è cessato”.
Nel corso della stessa giornata, gli armadietti di Deriu e Sedda nella caserma della Gdf di Elmas furono forzati. Per rinvenire le pistole dei due, secondo le motivazioni ufficiali. Diversa l’idea che si è fatto Peppino Sedda, fratello del brigadiere morto: “La spiegazione non regge, perché l’arma è un’appendice del militare. Io credo invece che stessero cercando il telefonino di mio fratello, temevano che lo avesse in volo con sé e che potesse aver comunicato con qualcuno pochi attimi prima della tragedia”.
Cosa ha abbattuto il velivolo? Perché quel silenzio radio durato troppo a lungo? Perché un presunto timore di comunicazioni private dei due negli istanti prima di scomparire? Ma soprattutto: perché appena due mesi e mezzo dopo la scomparsa la commissione tecnico-formale (presieduta dal tenente colonnello dell’Aereonautica Enrico Moraccini) nominata dalle autorità militari ha archiviato il caso, spiegando l’inesistenza di riscontri obiettivi per formulare un’ipotesi sull’accaduto, e senza citare due testimoni (tra cui Marini) sentiti a verbale?...


C’è un filo invisibile, come la tela di un ragno, che lega il disastro aviatorio dell’elicottero Volpe 132, precipitato in Sardegna il 2 marzo 1994, con l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (avvenuto a Mogadiscio, 20 marzo 1994). Probabilmente anche la caduta di questo elicottero fa parte di quelle stragi avvenute in Italia fino agli inizi degli anni ‘90 e, probabilmente, se Pasolini fosse stato ancora in vita avrebbe incluso questo fatto di cronaca nera nella famosa lettera che pubblicò sul Corriere della Sera nel 1974, intitolata: Cos’è questo golpe? Io so. “Io so – scriveva Pasolini – Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi! […] La ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia, a partire dal 1968, non è poi così difficile”.
Siamo a Salto di Quirra, in Sardegna, davanti al poligono missilistico di Feraxi, a nord di Capo Ferrato (costa sud orientale della Sardegna), quattro persone del luogo, intorno alle 19:15/30, Giovanni Utzeri, Luigi Marini, Antonio Cuccu e Giuseppe Zuncheddu, vedono da angolazioni diverse un elicottero della Guardia di Finanza, velivolo Volpe 132, A-109 (Augusta 109), sorvolare questa zona, incendiarsi, esplodere e precipitare in mare. Tutti e quattro i testimoni oculari hanno dichiarato che l’elicottero in questione è caduto in prossimità di una nave portacontainer (in seguito identificata con il mercantile Lucina), ancorata in quel tratto di mare, dove la motovedetta G.63 Colombina della GdF seguiva l’elicottero. Nell’immediatezza dei fatti le forze dell’ordine della zona hanno raccolto le dichiarazioni dei quattro testimoni; in seguito, hanno negato addirittura l’esistenza del mercantile a Feraxi. Secondo alcuni abitanti della zona, invece, il Lucina avrebbe preso rapidamente il largo dopo l’abbattimento dell’elicottero. Alla presenza del t. col. dell’Aeronautica militare, Enrico Moraccini, capo della Commissione d’Inchiesta per accertare la dinamica dei fatti, al mar. llo di P.G. Angelo Anedda e al brig. Giuseppe Madera, Luigi Marini, alcuni giorni dopo la tragedia, sono state messe per iscritto le dichiarazioni rese il giorno dell’”incidente”: […] “La sera del 2 marzo 1994, intorno alle 19:15/:25, mentre pescavo sul fiume Picocca, ho sentito un rumore di motori in lontananza e, scrutando il cielo, ho cercato di capire da dove venisse. In quell’attimo, in direzione di Capo Ferrato, sul lato sinistro, guardando il mare, ho visto un fascio di luce salire dal basso verso l’alto e subitoricadere verso il basso. Da quel momento il rumore è cessato”. La luce salita dal basso verso l’altro e ridiscesa al suolo era un missile terra aria,forse uno FIM-92 Stinger?…

La verità è prigioniera di un silenzio assordante. Due marzo 1994: serata di stelle lucenti e di vento che accarezza le nuvole sommerse. «Volpe 132 a Elmas, mi sentite? Passo». «Avanti Volpe 132, vi sentiamo forte e chiaro. Qual è la vostra posizione?». «Sorvoliamo Capo Carbonara, fra qualche istante saremo sull’obiettivo a Capo Ferrato». «Volpe 132, quale obiettivo?». «Volpe 132, mi sentite? Passo. Volpe 132, mi sentite? Qual è la vostra posizione?».  Alle ore 19.15 l’elicottero  - in missione perlustrativa - mantiene l’ultimo contatto radio; alle 19.18 scompare dagli schermi radar. Per oltre 40 minuti c’è un silenzio ingiustificato della base operativa delle Fiamme Gialle di Cagliari. L’Agusta A 109 decolla dalla base aerea di Elmas alle ore 18,44. Dopo circa 25 minuti, il velivolo, nel rispetto del piano di volo, compie una virata di avvistamento a 360 gradi contattando la centrale operativa e riferendo di aver individuato una nave sospetta, possibile obiettivo. Le condizioni meteomarine sono buone; il supporto via mare è fornito dalla motovedetta “Colombina”. Dopo Serpentara la “G. 63” stranamente cambia rotta per puntare su Capo Ferrato. Gli uomini della motovedetta inizialmente dichiarano di aver perso l’elicottero su Serpentara, salvo poi confermare quel che i tracciati testimoniano inequivocabilmente. Quando sparisce dal radar l’elicottero è proprio sulla motovedetta, così basso che ne leggono le insegne, ma poi ognuno prosegue per conto suo. Fatto sta che l’elicottero scompare, non vengono mai recuperati i corpi dei piloti -Gianfranco Deriu (41 anni) e Fabrizio Sedda (28 anni) - né il relitto, a parte alcuni rottami sospetti. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Cagliari - archiviata e riaperta a più riprese - affidata al magistrato Guido Pani, è ancora in corso, ma sembra impantanata in un vicolo cieco, nonostante le schiaccianti evidenze e i depistaggi dei servizi segreti nostrani (alla voce exSismi). Le indagini del G.I Mauro Mura e del P.M. Guido Pani, vertono sull’accusa di “disastro aviatorio” e di “omicidio colposo plurimo”. Le perizie effettuate dai carabinieri del Ris subiscono però diversi rallentamenti nel corso delle indagini, per accertare se sui rottami del velivolo ci fossero tracce di esplosivo. «La risposta del Ris non è mai arrivata», dichiara Carmelo Fenudi, l’avvocato delle parti civili Deriu e Sedda. «L’accertamento se ci fosse stata traccia di esplosivo o di altro materiale che potesse far pensare all’abbattimento dell’elicottero sarebbe stata importante per trasformare l’accusa da omicidio colposo plurimo a duplice omicidio volontario, che prevede l’ergastolo e l’imprescrittibilità del reato - puntualizza il legale - Da parte del Ris sono arrivate solo due richieste di proroghe di 30 giorni: la prima avvenuta il 19 maggio 2005 e la seconda il 18 agosto dello stesso anno. Appare pertanto non giustificata una richiesta di archiviazione fondata sul fatto che, ancora oggi, la consulenza tecnica non sia stata ancora espletata e depositata»...

1 commento:

  1. qualche movimento:

    http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2016/10/12/elicottero_abbattuto_col_lanciarazzi_le_intercettazioni_choc_sul-68-540639.html

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