martedì 23 dicembre 2014

Il ragazzo invisibile – Gabriele Salvatores

come nell'ultimo film di Tornatore, anche qui Trieste è "teatro" dove il film respira.
ho letto molti giudizi prudenti, se non peggio, a me è piaciuto molto.
è una bella storia di avventura, ci sono i buoni e i cattivi, ma non lo sai fino all'ultimo minuto, questa e altre cose, ci sono tanti colpi di scena, c'è la Russia (L'educazione siberiana ha fatto scoprire un mondo nuovo a Salvatores), ci sono dei supereroi che sembrano un po' così, ma sono veri supereroi, i ragazzini sono convincenti, anche se a volte quasi caricaturali, ma ci sta, e poi Valeria Golino sembra a suo agio, insomma, il cinema vi aspetta - Ismaele





Gli effetti speciali de Il ragazzo invisibile sono artigianali nel senso migliore del termine: niente di fantasmagorico o strabiliante, piuttosto un recupero della meraviglia e dell'incanto infantile, sempre profondamente radicati nella concretezza di una quotidianità riconoscibile. Anche il montaggio si tiene lontano dalla frenesia da action movie hollywoodiano, ancor più se legato all'immaginario fumettistico. 
Il ragazzo invisibile lavora soprattutto sulla costruzione dei personaggi e sulla semina dei grandi quesiti esistenziali di cui sopra, sempre enunciati a misura di adolescente…

Sicuramente “Il Ragazzo Invisibile” è diverso dai prodotti tipici di questo periodo, probabilmente vincerà al botteghino, complice la curiosità di quella fetta di pubblico normalmente non Salvatores oriented, e con un po’ di fortuna tra qualche anno tutti ci beeremo di avere dato i natali a una saga di super-ragazzini di successo (inter)nazionale, speriamo…

Salvatores rimarca le origini fumettistiche del film (già diventato romanzo, edito da Salani, e graphic novel presentata a Lucca Comics dalla Panini-Marvel), gira con didascalismo, forse segno di umiltà, ma a tratti esasperante. Nella parte centrale il film diventa soporifero e si attende con impazienza il finale, qualunque sia purché ristabilisca la normalità. La location per la resa dei conti è il porto vecchio di Trieste, città mai nominata, ma che ha ospitato tutte le riprese esterne. All'azione, comunque sempre soft, si accompagna la rivelazione progressiva dei legami che uniscono le forze in gioco. Ci sono tutti i presupposti perché il ragazzo invisibile abbia un seguito: Salvatores ci ha messo il coraggio, noi tutti una buona dose di amor patrio, il botteghino farà il resto.

Salvatores lavora di continue semplificazioni narrative, scegliendo di non problematizzare mai la materia che si trova a maneggiare. In questo modo i personaggi risultano superficiali, spesso spediti nell’agone della contesa in maniera improvvida, creando un inevitabile spaesamento nello spettatore e impedendo quel percorso di identificazione che è al contrario indispensabile per un prodotto cinematografico di questo tipo. Gli stessi Michele e Stella, di fatto i veri e propri protagonisti della vicenda, appaiono in fin dei conti sfocati, scialbi agli occhi del pubblico, anche per una doppia scelta di casting in tutta sincerità poco convincente…

…Al di là del fatto che questo film ha certamente scardinato un tabù davvero resistente (secondo cui i comic movies sono superficiali, privi di significato e adatti al solo pubblico giovanile, e dunque appare privo di utilità procedere con la produzione di un progetto cinematografico di questo tipo), in questo caso più che il coraggio, è l’ingegno a garantire la buona riuscita del film.
I rischi di incappare in errori non erano un miraggio (e in parte dal punto di vista della sceneggiatura, nella seconda parte la storia ha subito una netta accelerazione, affievolendo la qualità complessiva della narrazione), ma dietro la macchina da presa c’era Salvatores, e la pellicola dal punto di vista tecnico ha dell’incredibile…

Salvatores realizza così un’opera intima e tenera nella rappresentazione dei disagi adolescenziali e del loro riscatto, dei quali la cornice superoistica diventa un’efficace metafora, uno strumento più che il vero “focus” narrativo principale. Sapendo di non potersela giocare, non solo per motivi di vil denaro, sullo stesso campo delle grandi produzioni americane, il regista prende in prestito, cita, e rielabora tutto in una cornice più intimista, cercando un difficile equilibrio tra le regole del genere e le convenzioni nostrane. Laddove il film si mostra più debole è proprio nelle scene in cui non si smarca abbastanza da un certo orizzonte del nostro cinema: momenti didascalici, spiegoni superflui e qualche sentimentalismo non necessario né ben calibrato…
da qui

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