venerdì 26 dicembre 2014

Jimmy’s Hall – Ken Loach

come sempre, anche questo film di Ken Loach è prevedibile.
ogni volta prevedo che mi piace, e ogni volta la previsione si avvera.
certi suoi film sono eccezionali, questo è “solo” un bel film, pulito, chiaro, onesto, con i buoni e i cattivi senza mezze misure, e con il parroco che concede a Jimmy l’onore delle armi.
sembra solo una storia del passato, in molte parti del mondo (anche da noi) è presente, per moltissimi sarà il futuro.
e c'è un ballo, da trattenere il respiro, di Jimmy e Oonagh, verso la fine, che da solo si vale il biglietto - Ismaele





…Quello che Jimmy Granton (attivista socialista realmente esistito) edifica per due volte è di fatto un centro sociale ante litteram in cui si possono condividere saperi ma anche la gioia dello stare insieme. Definire 'peccaminose' le danze che vi si praticano è, per la chiesa locale e per gli esponenti della destra, solo un pretesto per impedire la circolazione di idee ritenute pericolose. Chi frequenta la Pearse-Connolly Hall è spesso anche un buon cristiano che partecipa alla messa domenicale. È proprio questo che va colpito e debellato da quel potere ecclesiastico che però, a differenza dei reazionari più retrivi, è ancora capace di comprendere l'onestà degli intenti dell'avversario. Il film esce in un tempo in cui a Roma siede un pontefice che ha dichiarato di saper ballare la milonga e di non sostenere ovviamente il comunismo ma anche di aver conosciuto tante brave persone che erano comuniste. Jimmy's Hall potrebbe piacergli.

Le récit est efficacement construit, l'histoire d'amour sous-jacente fait mouche. Mais surtout, Loach enfonce le clou sur les périls qui guettent ses personnages et l'être humain en générale. Il fait même dire à l'un de ses personnages, une phrase qui résume presque tout un pendant de son œuvre : « nos opposants sont toujours les mêmes ; les maîtres et les prêtres ». Il rappelle aussi que l'ennemi n'est pas une mouvance politique, « mais la pauvreté ». Choisissant de mettre en avant les rouages d'une persécution facile de la part des gens installés, le scénario signé une nouvelle fois Paul Laverty, fait un parallèle évident avec la situation de crise actuelle, désignant clairement le coupable de celle de 29 : l'homme, « pas le destin ». Superposant une nouvelle fois à tous ces enjeux politiques, une histoire d'amour contrariée, l'émotion s'impose, ample et belle.

Decía Rust Cohle que no existe el perdón como acto voluntario, sino que es la corta memoria del ser humano lo que nos lleva a remitir la merecida deuda ante la ofensa recibida. Precisamente por ello, el nihilista y ateo protagonista de True Detective colgaba sobre su cama un crucifijo; no para rendirle pleitesía o como una frívola representación de su austeridad idiosincrásica, sino como recordatorio del sacrificio personal que marca su carácter. Y a base de sacrificio ha conseguido Irlanda mantenerse con vida en su corta historia como república independiente, donde no lo ha tenido nada fácil —salvo quizá, aquella fugaz etapa en la que fue conocida como “Celtic Tiger”, pese a que ésta no fue más que un espejismo pre-recesión—. Un pueblo dividido, a menudo por la propia iglesia, cuyas calles están inundadas de estatuas y placas conmemorativas que, como el crucifijo, recuerdan a sus habitantes el motivo de su lucha. Grandes personalidades como Jim Larkin, C.S. Parnell o James Gralton (protagonista de esta Jimmy’s Hall), han jugado el rol de mártir para escribir el curso de una historia que será recordada gracias, no sólo a sus protagonistas, sino también a sus historiadores. Y aquí es donde reside la gran importancia del cine de Ken Loach, un director que, como el detective Cohle, siempre ha permanecido fiel a sus principios sin importarle las críticas subyacentes.
Loach se retira —o eso ha anunciado— de la misma manera que empezó, retratando las injusticias que han sufrido los “working class heroes” en su intento de liberarse de las opresoras garras del capitalismo…

Non si può che volere bene a Ken Loach, cineasta da sempre politicamente impegnato, coerente, disponibile. Un uomo del popolo, il portavoce cinematografico della working class, in tutte le sue possibili declinazioni, a qualsiasi latitudine. Ma l’affetto, come il senso di gratitudine, comporta qualche responsabilità. In primis, almeno dal nostro punto di vista, il dovere di rilevare la progressiva e preoccupante deriva del suo cinema, di una poetica che sembra essersi impelagata da anni nelle sabbie mobili della retorica politica, della comunicazione didascalica, nella mappatura frettolosa delle ingiustizie sociali e storiche, nella beatificazione degli eroi di una lotta senza fine. In Jimmy’s Hall le vallate sono verdi, la colonna sonora è coinvolgente e onnipresente, gli eroi sono giovani e belli e i proprietari terrieri frustano le figlie ribelli, i fascisti digrignano i denti, i preti bacchettano e comandano, la polizia esegue gli ordini. Non c’è una crepa, una sfumatura…

7 commenti:

  1. Vale si... anche per altre "sollecitazioni", che non sono mai abbastanza di questi tempi :)

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    1. una storia che ti ha fatto prigioniera, vedo dal tuo blog (http://lasantafuriosa.blogspot.it/2014/12/ken-loach-jimmys-hall-storia-damore-e.html) :)

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  2. Vedrò... vedrò prima o poi.. qui l'hanno passato qualche mese fa in un cineteatro in zona.... too late...

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    1. in effetti i tempi non sono quasi mai contemporanei, se non escono prima Inghilterra i film inglesi (al posto di Inghilterra forse va messo Gb, o UK, o altro, ma ci siamo capiti, spero)

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  3. io invece con Loach ci litigo, sbuffo, non ho voglia di vederlo, probabilmente in un pub faremmo a cazzotti, però poi alla fine mi piace sempre, e non poco :-)
    il film che mi porto dentro è The navigators, perché spiega con dieci o dodici anni di anticipo quello che sarebbe successo anche qui da noi nel mondo del lavoro. (in Italia ha un titolo balordo, "Paul Mick e gli altri"). La cosa che mi fa più rabbia è che nessuno ne ha parlato, il film è scivolato via nel silenzio totale: è da qui, da The navigators, che ho cominciato a capire che la sinistra non c'era più.
    (un film sul quale litigherei con Ken Loach è quello su Eric Cantona, mah...)

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    1. se si deve farlo, si litiga con gli amici, c'è speranza di convincerli o di convincersi, con gli altri non serve.

      anche a me quel film aveva colpito (come tutti i primi), sono nerissimi e dicono pane al pane e vino al vino, senza mollare l'osso.

      Ken Loach è come le canzoni di Guccini, si assomigliano tutte molto, ma ti piacciono, in modo diverso, tutte :)

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