lunedì 20 maggio 2024

Niente da perdere - Delphine Deloget

Sylvie, dopo tanto combattere, si trova nella condizione di non avere niente da perdere, così finisce il film, prima Sylvie, e Jean-Jacques, cercano in tutti i modi di riportare a casa Sofiane.

è difficile crescere da sola due figli, solo le madri lo sanno, gli altri possono provare ad intuirlo, ma non è lo stesso.

Virginie Efira è perfetta nella sua parte, e nessuno degli attori sfigura, tutti sono bravi.

un film da non perdere, in poche sale, purtroppo.

buona visione - Ismaele




 

 

Niente da Perdere pone il dilemma di cosa sia più importante tra il benessere del bambino, visto attraverso gli occhi asettici di assistenti sociali che sembrano creature senza cuore e senza scrupoli, e il legame affettivo indissolubile di una madre, a prescindere dalla situazione economica in cui si trova. E alla fine non è difficile empatizzare con la protagonista e tifare per chi, in questi casi, le regole non le vuole seguire.

La Deloget debutta con un bel dramma sociale con buon ritmo e profondità. La dolcezza e la spigolosità della protagonista ci fanno chiedere come ci si debba comportare in una situazione del genere senza impazzire. Insomma, un salto in una realtà decisamente fumosa come, purtroppo, è spesso quella della rigidità delle istituzioni con cui sembra impossibile poter avere la meglio.

Niente a Perdere è l’ennesimo film francese che non delude. Magari un po’ lungo nella descrizione dei dettagli di momenti che un regista più smaliziato avrebbe saltato, e forse un po’ ridondante nella cronologia degli eventi. Ma comunque una bella pellicola che non fa rimpiangere le due ore passate in sala. Da vedere.

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Costretta a dimostrare di non essere la madre assente e incapace di badare ai suoi figli in cui purtroppo viene incasellata, con Niente da perdere la protagonista affronta una discesa dove, alla fine, c’è solo un vicolo cieco. Ma un genitore può scavalcare ogni cosa.

Virginie Efira è meravigliosa in questo. Sa perfettamente come calibrare le emozioni, sa quando mantenere la calma per dimostrarsi integerrima e quando invece si può lasciare ai sentimenti di prendere in mano la situazione – dalla rabbia all’angoscia, dallo sconforto, fin anche all’esasperazione.

È una donna reale la sua Sylvie, non sembra mai di star guardando un personaggio, ma una persona che riesce ad affrontare le problematicità che, pur senza motivo, le si sono innalzate davanti. Perché si è trattato soltanto di un incidente. Un piccolo, per nulla determinate, incidente.

Sapendo mantenere lontano un pietismo che avrebbe rischiato di sovraccaricare la drammaticità, articolato con una penna attenta e una narrativa asciutta (alla sceneggiatura anche Olivier Demangel e Camille Fontaine), Niente da perdere non scade mai nel vittimismo e fa combattere lo spettatore accanto alla protagonista. Mostra come tutti possano avere le proprie buone ragioni, anche quando ci si ritrova su di un binario del tutto sbagliato – persone o istituzioni. E che, spesso, non resta che a noi raddrizzarlo.

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…Delphine Deloget, qui al suo lungometraggio d’esordio alla regia, è molto precisa nel creare il ritratto di una madre felice di quello che ha, dignitosa nonostante le difficoltà della vita, che ottiene i favori del pubblico senza risultare subliminalmente pietosa. Ad indossarne i panni è una strepitosa Virginie Efira, che conferma (qualora ce ne fosse ancora bisogno) di essere una delle più interessanti attrici del panorama francese contemporaneo. Con il procedere del film e quindi della battaglia di Sylvie contro le istituzioni, questa compie dei gesti incauti, considerati inaccettabili dalla società che la osserva. Lo spettatore è chiamato quindi ad interrogarsi sulla natura del personaggio: si tratta di gesti soliti per la protagonista e che quindi in qualche modo giustificano ciò che le sta capitando, oppure sono reazioni indotte dal sistema contro il quale sta lottando? Quanto quindi c’è di naturale nel comportamento di Sylvie, o – ecco il meccanismo kafkiano – è la società ad imporle di accettare una condizione paradossale e ad assegnarle un ruolo a cui non può sottrarsi?...

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Qui mieux que Virginie Efira au jeu mâtiné d’émotion et de burlesque pouvait se glisser dans la peau de cette lionne désemparée et créer une telle connivence ? Pourtant, la palme du personnage le plus surprenant pourrait bien revenir à India Hair. En choisissant une comédienne à la fragilité et à la douceur naturelles, Delphine Deloget, tordant le cou à tout risque de caricature, transforme cette fonctionnaire immédiatement insupportable et sûre de son bon droit en un être humain capable de doute et surtout d’un frémissement de compassion que sa fonction n’aurait pas laissé supposer. Enfin, pour rendre vivante et solidaire cette histoire d’une famille luttant contre l’adversité, il fallait bien quelques comédiens ingénieux. C’est ainsi que l’on retrouve Arieh Worthalter dont a pu récemment apprécier l’immensité du talent grâce au Procès Goldman ou encore Félix Lefebvre (vu dans Eté 85 et Mon crime de François Ozon), parfaitement investi dans son rôle de grand frère, victime collatérale de tout ce grand chambardement, sans oublier l’époustouflant Alexis Tometi dans le rôle de l’enfant sacrifié…

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