martedì 28 maggio 2024

A book of vision - Carlo Hintermann

modi diversi di intendere la medicina, la malattia, il malato.

Eva ritrova il libro di Anmuth e le sue lettere.

e il mondo cambia, per Eva, nel passato c'era un modo diverso di approcciare medicna, malattia e malato.

le immagini del film sono davvero belle e memorabili, e da sole meritano la visione.

un film pieno di suggestioni e invenzioni visive (non per niente il regista ha lavorato con Terrence Malick.

buona (malickiana) visione.

 

 

QUI il film completo, su Raiplay

 

 

The Book of Vision è un’opera che lascia interdetti sul piano narrativo, confondendo lo spettatore con una resa da sceneggiatura che forse avrebbe meritato maggiore attenzione, ma che allo stesso tempo riesce a parlare allo spirito, alla pancia dello spettatore, attraverso la bellezza luminosa delle immagini che lo compongono.

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"The Book of Vision" non si esaurisce tuttavia con un discorso sul corpo, ma presenta anche frequenti elementi di spiritualità, seppure neopagana. La stessa fotografia, soprattutto quella caravaggesca degli interni, con i volti e i corpi che emergono dall’oscurità, suggerisce l’idea che vi sia qualcosa da cui tutto si origina e che tende a rimanere al di fuori della nostra portata. Frequenti le sequenze che trasportano l’azione, talvolta in modo anche troppo insistito, nei boschi, presso laghi, dove la continuità tra vita e morte, la simbiosi tra uomo e natura ci proietta nelle atmosfere della religiosità wicca, ma anche in quelle del fumetto ambientalista ("Swamp Thing"). Popolano questi luoghi feti di bambini abbandonati ai piedi di alberi le cui radici hanno palpitanti sembianze umane, esseri terrigeni che emergono dal fango, dalle acque, e le cui vicende si intrecciano con quelle dei protagonisti. Qui la messa in scena ripartisce abilmente queste sequenze in una casistica evenemenziale ampia che va dalle letture fatte da Eva, agli incubi che la perseguitano, o alle visioni avute dai protagonisti nei secoli precedenti.

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Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, sosteneva già Dante. Non stupisce dunque la storia d’amore nascente tra Eva e Stellan nel leggere le pagine di Anmuth e le lettere che lo stesso scambia con l’amata Elizabeth. Se da un lato il libro diviene simbolo, per usare le parole di Eva, del corpo stesso, dall’altro lato le lettere ne sono il cuore pulsante, in grado di generare e nutrire nuovi sentimenti. Reduce da un’unione non proprio felice (come dimostra la prima sequenza), Eva trova in Stellan e nella sua capacità di vedere oltre la realtà quella perfetta metà di cui ha bisogno. E la figura di Stellan potrebbe trovare nuovi spunti se solo volessimo addentrarci nella simbologia religiosa del Nuovo Testamento e azzardassimo il paragone con Giuseppe. E di riferimenti eccellenti potremmo parlare anche per quanto concerne le figure dei due fratellini Valentin e Günther, novelli Remo e Romolo.

Accattivante nella sua perfetta ricostruzione scenica e nell’accompagnamento musicale, The Book of Vision stordisce nella perfetta interpretazione dei suoi attori. Al trio Verbeek, Sverrir Gudnason e Charles Dance, tocca sdoppiarsi: i tre attori recitano doppi ruoli tra il passato e il presente, evitando con destrezza di creare confusione. Vanno sottolineate anche le prove del mai così ambiguo Filippo Nigro e della visionaria Isolda Dychauk (rispettivamente, il marito di Elizabeth e Maria) mentre richiede particolari attenzioni il piccolo Justin Korovkin, che dopo Favolacce nei panni di Günther mette a segno un altro colpo di non poco peso.

Il risultato degli attori è frutto di certo della maestria è di Hintermann che come un abile burattinaio muove fili e fila senza mai perdere di vista il risultato finale, nonostante sia alla prima prova con attori professionisti. Un paio di movimenti di camera, di sovrapposizioni sceniche e di visioni (come quella dell’albero della vita) valgono già da soli la visione.

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2 commenti:

  1. Infatti, The Book of Vision è il primo film di "piccolo Justin Korovkin" non il secondo (è uscito con quasi due anni di ritardo). Neanche Gunter di "Favolacce" è il secondo ma il terzo: il secondo è "Il Nido, The Nest" nel ruolo di protagonista Samuel. Grazie comunque per un'analisi attenta e benefica

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