sabato 22 giugno 2024

L’Arte Della Gioia - Valeria Golino

La serie di Valeria Golino, tratta dal libro di Goliarda Sapienza, appare in anteprima, in due parti, al cinema.

Attrici bravissime e convincenti, svetta Tecla Insolia, protagonista della storia, Modesta è sempre al centro delle vicende che la riguardano, amata da tutti.

Pochi siamo andati al cinema, per dirvi di non perdervi la serie, quando apparirà in tv.

Un film (serie tv) che merita moltissimo.

Buona (gioiosa) visione - Ismaele 


ps: Modesta bambina si assomiglia ad Adriana, se vi ricordate L'Arminuta, simpatica e furba.


 

 

l'abilità della regista sta soprattutto nell'indirizzare le performance di un cast di attori eccezionale, potenziando al massimo l'ambiguità di Jasmine Trinca nei panni della badessa Eleonora e la petulanza dittatoriale di una monumentale Valeria Bruni Tedeschi nel personaggio della principessa Brandiforti. Fanno loro corona molti ruoli maschili memorabili (in questa storia che ha le donne al centro), soprattutto il giardiniere del convento (Giovanni Calcagno) e l'irresistibile gabellotto (Guido Caprino). Il migliore è Lollo Franco nel ruolo tragicomico del maggiordomo Antonio. E fra le interpreti femminili sono molto efficaci Alma Noce (Beatrice) e Alessia Debandi (Ilaria). I dialoghi non sono mai frasi ad effetto o gesta eclatanti e la regia non indugia, non sottolinea, sceglie di "buttare via" quelle che in uno sceneggiato tradizionale diventerebbero scene madri.

La Modesta di Golino è una ragazza selvaggia che si muove a quattro zampe e legge Baudelaire, una creatura vorace di conoscenza e di piacere, non vuole Dio ma la vita, ama sapere e sedurre, e fa fiorire chiunque incontra per poi abbandonare ognuno al suo destino, qualora diverga dal proprio. È un personaggio intimamente letterario che rimanda a Jane Eyre come a Barbablù, e che Golino rende accessibile al grande pubblico, senza inutili vezzi intellettuali.

Modesta è un vettore di libertà, Maudit ma mai autodistruttiva, concentrata come una freccia sulla realizzazione di sé a dispetto delle sue circostanze, anzi, facendole fruttare tutte, come in un fuiletton vecchio stile: è Angelica la marchesa degli angeli senza pretese di virtù; è una Giovanna d'Arco che invece di ardere sul rogo brucia tutto quello che si frappone fra lei e il suo futuro luminoso - tanto è il mondo stesso ad essere in fiamme. E sa mantenere anche una misura di carità, in un universo pieno di disabilità fisiche ed emotive che per lei non sono mai una scusa, ma possono essere un'opportunità di emancipazione. Ed è ipermoderna nella concezione dell'amore, quando dice che "si può amare un uomo, una donna, un cavallo".

Se della scrittura di Sapienza non ha l'anarchica sgrammaticatura o l'invenzione linguistica, Golino ne rivendica le ombre che ci vengono dietro e le infinite rifrazioni, scompone e ricompone per immagini ciò che in letteratura resta disarticolato, e si concede piccoli passi nel delirio solo nei riflessi, nelle inquadrature da finestre e finestrini (memorabile quella del giardiniere mentre Modesta si allontana dal convento), dietro a tende avvolgenti.

L'arte della gioia è una fiaba iniziatica dominata da più di una strega, ed è anche il resoconto di un secolo (Modesta nasce il primo giorno del '900) pieno di contraddizioni e di scoperte. Golino, come Modesta, unisce l'utile e il dilettevole, facendo della sua volontà di regista il prodotto del suo desiderio di autrice. E l'ironia della regista-sceneggiatrice, come la risata di Modesta, è il loro gesto di suprema rivendicazione femminile.

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In questo continuo chiaroscuro che determina in maniera lampante anche il percorso del personaggio centrale, ruolo di affascinante ambiguità che Tecla Insolia sa governare con sorprendente equilibrio, si fa preponderante il ricorso ai flashback (alcuni episodi decisivi della sua infanzia, come la violenza subita dal padre, la morte della capra, il primo approccio con l’amichetto Tuzzu, etc., arrivano in altrettanti momenti cruciali della sua seconda vita) e assume sempre più importanza l’insistito ma mai banalizzato riferimento all’ombra che, in più di un’occasione, accompagna l’incedere di Modesta (insieme a quella carrellata evocativa nel campo bordo strada dove, di volta in volta, si aggiungono i morti che la ragazza si lascia dietro di sé), che in quell’incendio iniziale perde la madre e la sorella maggiore, disabile, solamente le prime due di una lunga serie. 

Sicuramente audace nel saper restituire quel tumulto d’emancipazione che animava le pagine del libro, la serie – cosa peraltro mai nascosta dalla Golino anche durante la lavorazione – non vuole farsi trasposizione “fedele” per quello che riguarda l’intera dinamica di fatti e/o situazioni, piuttosto incarnare del romanzo la mutevolezza e lo squilibrio che ne caratterizzava l’indole, così sfumata, irregolare e anche per questo difficilmente collocabile in “un” genere…

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Stupendo: un film dal valore estetico e umano meraviglioso, quella firmato Valeria Golino e Gelormini. Il plauso cresce ancor di più se si pensa che si tratta di un prodotto concepito per la tv-  giustamente, vista l’estensione. Eppure anche al cinema l’impressione è augusta. Ho visto il film al cinema, nelle due puntate lunghe, ma mai noiose, da due ore e mezza l’una.

Come sempre, la Sicilia si conferma regina, italiana e forse mondiale, per l’immaginario estetico che offre: tanto sociale e psicologico, quanto artistico e paesaggistico.

Profondissimo lo scavo psicologico, autentico e sconcertante per quanto la realtà possa essere terribile. Infatti un’opera d’arte non ha bisogno, qui come purtroppo in tanti altri casi, di chissà quale creatività nell’inventare trame, se parla del possibile e reale ruolo del dolore morale.

Il gabelliere amante è il padre che la violentò. Ippolito è la sorella: entrambi, accomunati dalla disabilità, rivelano la splendida sensibilità umana della protagonista Modesta – dimostrata anche dalla rinascita del disabile Ippolito (una volta morta la sua terribile madre) che può vivere normalmente grazie a Modesta, capace di compiere un miracolo umano ed educativo, al netto della terribile e opportunista seduzione operata sul minorato mentale. La nobile è la madre, arrogante. La coazione a ripetere guida la protagonista…

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