martedì 4 giugno 2024

L'angelo dei muri - Lorenzo Bianchini

un film soprendente, nessun effetto speciale, eppure questo thriller della memoria e dell'anima coinvolge e sconvolge fino alle ultime immagini, quando si scopre tutto.

un film da non perdere, promesso.

buona (fra i muri) visione - Ismaele


 

 

"L'Angelo dei Muri" è una favola che via via si tinge di nero, ma mai troppo, tutta girata per sottrazione, in una grande casa di Trieste, dove un anziano (un bravissimo Pierre Richard) vive solo. Sfrattato, decide, con uno stratagemma, di continuare ad abitarla. I nuovi inquilini sono una madre e una bambina cieca, con la quale s'instaurerà un tenero rapporto fino allo svelamento del bel finale. Un racconto minimale ma perfettamente oliato, profondamente sentimentale senza essere sentimentalistico e retorico, che fugge benissimo alle trappole, evidenti, di una storia così particolare. Nell'insopportabile melassa dei film più o meno natalizi, buonisti e chi più ne ha, più ne metta, questo film è una bellissima eccezione, un mini vademecum su come trattare certi argomenti. "L'Angelo dei Muri" è una fiaba da 45 giri, di quelli che si mettevano nel giradischi, tanti anni fa. Bel cinema italiano, finalmente.

da qui

 

Peter Zeitlinger, direttore della fotografia legato al cinema di Werner Herzog, dipinge un appartamento triestino che sembra uscito direttamente dalle pagine di un racconto horror inglese, fatto di stanze segrete, ampie camere e luci soffuse. A dare forza al racconto sono anche le interpretazioni dei protagonisti, che hanno in un instancabile Pierre Richard il fulcro del racconto. Una rappresentazione di un uomo disperato e sciupato, il cui attaccamento alla dimora va al di là della semplice indigenza.

L’angelo dei muri è un racconto gotico italiano, in cui gli spazi sono protagonisti tanto quanto i personaggi che li abitano. Con la sua operazione di rilettura delle storie classiche di fantasmi, Lorenzo Bianchini riesce ad accompagnare lo spettatore alla scoperta di un mondo sovrannaturale famigliare, ma non per questo meno sfuggente.

da qui

 

La minaccia che proviene dall’esterno (l’ufficiale giudiziario preposto allo sfratto, il nuovo proprietario, l’operaio che mura letteralmente Pietro, i nuovi inquilini) ci vengono descritti, ogni minuto che passa, come un palliativo verso una minaccia ben più grande e profonda che risiede nell’animo stesso del protagonista. Ci sono visioni, dettagli, indizi che ci suggeriscono un non detto, svelato a poco a poco con una perfezione narrativa chirurgica, un progredire nella storia che non lascia davvero nulla al caso.

Ma la bella sceneggiatura che lo stesso Lorenzo Bianchini ha scritto insieme a Michela Bianchini e Fabrizio Bozzetti è solo uno dei tanti elementi impeccabili de L’angelo dei muri, che si avvale anche un incredibile lavoro scenografico curato dallo stesso regista capace di rendere l’appartamento di Pietro un personaggio stesso della storia. Come se si trattasse della leggendaria casa degli Usher dell’opera di Edgar Allan Poe o l’inquietante Hill House raccontata da Shirley Jackson, la casa di Pietro riflette la personalità del suo proprietario, si trasforma con lui, cambia morfologia e ci suggerisce il passare del tempo che il film intenzionalmente lascia vago. La casa sembra dotata di una sua vita propria: le finestre si spalancano per far entrare la neve, l’acqua improvvisamente si infiltra nelle pareti, i fori sui muri consentono al suo inquilino nascosto di avere una panoramica su cosa accade nelle altre stanze e, all’occorrenza, le pareti crollano e mostrano quel cielo stellato che non sembrava appartenere a questa dimensione…

da qui 

 

Nessun commento:

Posta un commento