venerdì 24 novembre 2023

Il migliore dei mondi - Maccio Capatonda

il primo film che vedo di Maccio Capatonda, e non mi è dispiaciuto, pieno di gag divertenti, e con una storia interessante dietro.

bravi gli attori ( c'è anche Stefano Lavori), una specie di Ritorno al futuro, o al passato, a Roma.

non ve ne pentirete, promesso.

buona (smartfonica) visione - Ismaele



 

…L’espediente narrativo è sapido anziché no, e dà la stura a gag molto riuscite come quella in cui il protagonista tenta di spiegare al commesso di un redivivo “Blockbuster” la differenza tra le sottocategorie di pornhub (big tits, mature, squirting, ecc.); oppure quella in cui per ovviare all’assenza di Google a portata di touch è costretto a consultare ponderosi tomi enciclopedici nascosti nel bagagliaio della macchina. Il problema però è che dopo lo sketch manca un’elaborazione davvero all’altezza di un tema così ambizioso, e si finisce per accontentarsi di una facile retorica nostalgica affidata a frasi come questa: “viviamo in un mondo pieno di persone che si trincerano dietro agli schermi per paura di avere dei rapporti reali”.

La verità è che al progresso tecnologico non vuol rinunciare nessuno, nemmeno il protagonista de Il migliore dei mondi, che è addirittura pronto a combattere una rivoluzione col fratello alias Pietro Sermonti pur di tornare al futuro; indeciso se optare per un’ideologia del “si stava meglio quando si stava peggio” che parrebbe contradire l’elegia del piccolo mondo antico andata in scena fino ad allora.

In definitiva però il limite maggiore de Il migliore dei mondi risiede in un approccio stilistico eccessivamente legato ai retaggi televisivi del suo autore, che non riesce mai a farsi davvero cinema. Dichiarandolo: il cinema di Bergman viene definito “palloso” e quello di Yorgos Lanthimos quasi. Col che, direi, tutto torna.

da qui

 

Si ride e si sorride, un mix inedito che però spinge anche a rivalutare l'odierna contemporaneità, dove si va a mangiare in un ristorante soltanto perché ha buoni voti e non si sa più utilizzare una cartina stradale, ormai abituati alle indicazioni dei navigatori satellitari.

Senza giudicare se era meglio prima o sia meglio adesso, ma con uno sguardo acuto che sfrutta la comicità per raccontare un qualcosa forse andato perduto per sempre, per la serie "si stava meglio quando si stava peggio": ecco, forse questo famoso detto spesso in voga è il modo migliore per racchiudere il significato intrinseco di un'operazione come Il migliore dei mondi.

da qui

 

al di là del suo bizzarro svolgimento tra il comico e il distopico, Il migliore dei mondi soffre lo stiracchiamento di una storia ben incorniciata da un incipit efficace e una parte finale che non dimentica l’angoscia dietro la battuta ma in deficit d’ossigeno nella parte centrale. Maccio funziona soprattutto sullo sketch, sui feticci di un repertorio che funziona da usato sicuro, sulle sterzate tendenti all’assurdo (citiamo solo le analogie tra Silicon Valley e Puglia…), sulla chimica con Martina Gatti nel ruolo di una ragazza per cui varrebbe la pena viaggiare nel tempo se non fosse che, insomma, le cose si fanno in due.

Dove appare meno a fuoco, perfino timido laddove l’avremmo preferito spericolato come sa essere, è quando la faccenda si complica un po’ troppo al limite della paranoia (Black Mirror non è un’evocazione campata in aria) e nell’allegoria affiora un sottotesto moralista. Non è vero che Il migliore dei mondi è più ambizioso dei suoi film precedenti (anche perché in un certo senso il sottostimato Omicidio all’italiana era più urticante): è solo, che alla fine, ha uno sguardo poco storto.

da qui 



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