mercoledì 8 novembre 2023

Nitram - Justin Kurzel

un film australiano nel quale Caleb Landry Jones eccelle (anche gli altri, ma è lui il protagonista).

Nitram (Martin al contrario) è un ragazzo figlio unico, con mille problemi, anche mentali, ha il cervello di un bambino di 10 anni, è manipolabile e manipolatore, con una passione (maledetta) per le armi.

lo vediamo con i genitori, due poveri diavoli che non riescono ad arginarlo, non ha amici, era bullizzato a scuola, coi genitori è come un bambino, ma con la forza di un uomo, viene "adottato" da una vecchia (ma avrebbe potuto vivere di più) e ricca cantante.

finché un giorno la testa impazzisce del tutto, ma con la lucidità di un serial killer.

un gran film, con un grandissimo attore, e un ottimo regista, in una storia che non lascia indifferenti.

buona (tasmaniana) visione - Ismaele 

 

 

 

LA PAROLA AL REGISTA

"Da quattro anni vivo in Tasmania, dove io e mia moglie (l'attrice Essie Davis, ndr) abbiamo deciso di crescere i nostri figli. Abbiamo fatto questa scelta perché non c'è posto più bello di questa regione e della sua gente. Ci sono uno spirito e una resilienza qui che non sono secondi a nessuno. D'inverno, le tempeste antartiche colpiscono le coste e, curiosamente, la Tasmania si anima di un'energia tutta particolare, di curiosità, di bisogno di esplorazione e di conoscenza del luogo stesso e del suo passato.

In effetti, il suo passato include molti fantasmi, tante tragedie irrisolte che perseguitano ancora la terra e fluttuano come una nebbia costante sulla sua incommensurabile bellezza. Tale riflessione è complessa e richiede una certa cautela perché ci sono cose di cui è meglio non parlare, un'oscurità che è meglio evitare. Le ombre tremano ma rimangono per lo più nell'oscurità.

La sceneggiatura di Nitram di Shaun Grant esce da questa zona grigia. È inaspettata, onesta e rivelatrice, dettata dal desiderio di capire e di sollevare domande su uno dei capitoli più oscuri della storia australiana, il massacro di Port Arthur nel 1996. La metodica rivelazione del personaggio nelle settimane che precedono il dramma è così vivida e insondabile che va ben oltre la sua mostruosità e mi ha portato a confrontarmi con qualcuno che sentivo di conoscere, di aver incrociato, di aver ignorato... qualcuno che avrei visto ma poi dimenticato.

Il ritratto che dipinge, la famiglia che ha creato e la stessa strada in cui vive, mi hanno parlato, mi sono sembrati familiari. Questo dispiegarsi progressivo del personaggio, questa disintegrazione e questo isolamento mi hanno spinto inesorabilmente a considerare come una persona può trasformarsi in Leviatano. E, una volta che ha raggiunto la sua fase più pericolosa e instabile, cos'è che lo ribalta e lo spinge a fare la scelta peggiore che si possa immaginare?

Il momento in cui si sente più incertezza è quando compra le sue prime armi da fuoco. L'orrore di questa scena mi porta a sostenere maggiormente una riforma legislativa sulle armi, più di qualsiasi discussione o statistica sull'argomento. Cristallizza il dramma in un modo che dimostra chiaramente gli errori del passato e come le regole sulle armi possano essere al servizio dei più vulnerabili e pericolosi.

Sin dal mio primo film, mi sono interessato al motivo per cui certi giovani cercano risposte in una forma di violenza così estrema. È a causa di un vuoto culturale, che priva questi esseri di una vera comunità, è dovuto a una mancanza di senso di appartenenza? Quando non c'è la Chiesa a unire, nessun attaccamento alle proprie radici, nessun legame con la terra o il proprio paese, quali punti di riferimento si hanno? Quali sono gli elementi che arrivano a deviarli e a spingerli verso il bisogno, insensibile e sciocco, di uccidere?

Come regista, cerco di affrontare le cose nel modo più delicato possibile. So bene che questo film parla di un evento che in molti preferirebbero evitare o dimenticare. Il dolore è profondo. Dimenticare ci aiuta a sopravvivere ma la libertà viene dalla memoria. Ho provato a sondare l'oscurità per un po' di verità e per capire l'inaudito. Non ci sono risposte assolute ma la strage di Port Arthur fa parte della nostra eredità, è un fardello della nostra storia e ci avverte dei pericoli che il nostro futuro comporta".

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Il regista australiano Justin Kurzel, dopo MacbethAssassin’s Creed e True History of the Kelly Gang,  abbandona le ambizioni da kolossal per ritornare a  dedicarsi a storie più intime e inquietanti come in  SnowtownNitram, infatti, si occupa del disagio giovanile che porta a compiere le azioni più estreme. Basato su una storia vera, quella del massacro di Port Arthur, nel 1996, nello stato della Tasmania, dove un ragazzo di 29 anni uccise a colpi di arma da fuoco 35 persone. Kurzel in Nitram prova a tracciare il profilo del giovane assassino (interpretato da Caleb Landry Jones, che si è aggiudicato la palma per la miglior interpretazione maschile), un ragazzo sociopatico, con il quoziente intellettivo di un bambino di 10 anni, pieno di nevrosi e ossessioni. Il rapporto con la famiglia è disastroso, il padre è troppo accondiscendente e la madre aggressiva.

Il ragazzo scapperà di casa quando incontrerà un’eccentrica donna, mezza pazza pure lei ma piena di soldi. I due vanno a vivere insieme e quando lei morirà (in uno spettacolare incidente di macchina, va detto) Nitram erediterà una fortuna. Ma cosa può fare un demente schizzato con tutti quei soldi? Comprare armi e giocare alla guerra. Insomma, quello che Kurzel ci vuole raccontare è semplice, chiaro e lineare, ma a cosa serva non saprei dirlo. Nel senso che, se il tentativo era quello di spiegare i meccanismi mentali/sociali che spingono un ragazzo ad armarsi come Rambo e compiere una strage a scuola, allora la scelta del killer di Port Arthur sembra un esempio un po’ troppo borderline da prendere in considerazione. Il ragazzo, chiaramente, è un sociopatico con gravi turbe psichiche e quindi non può essere certo considerato uno standard, ma un’eccezione.  La critica di Nitram potrebbe essere invece rivolta alla facilità estrema con la quale ci si procurano le armi in Australia (come in America), ma la cosa è fin troppo nota e meglio raccontata da altre parti.

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…Cada una de las escenas del film va construyendo su camino hacia la conclusión, presentando situaciones que podrían parecer banales y nimias a simple vista pero que van creando el rechazo en el corazón de Nitram. El sentimiento de estar fuera de las normas de lo social, de no encajar sin entender bien el por qué, constituye la base de esta obra que busca la controversia, el debate y la reflexión acerca de la educación y el trato para con el otro, además de la necesidad de poner freno a la discriminación social y a la venta masiva de armas.

 

La actuación de Caleb Landry Jones ex extraordinaria y soporta muy bien los primeros planos con una mirada extraviada y una expresión de desorientación ante todo lo que ocurre a su alrededor, completamente ajeno a las consecuencias de sus acciones. Kurzel logra así sacar lo mejor de cada actor en la que es sin duda alguna su mejor película hasta la fecha. En clave de realismo descarnado y drama trágico, Nitram recuerda a obras como We Need to Talk About Kevin (2011), el perturbador film de Lynne Ramsay protagonizado por Tilda Swinton basado en la novela de la escritora británica Lionel Shriver, Targets (1968), la gran ópera prima de Peter Bogdanovich protagonizada por Boris Karloff y Tim O’Kelly, y Elephant (2003), de Gus van Sant, trabajos que promueven la discusión sobre un tema que deja heridas que nunca sanan y que desencadenan preguntas sobre la ferocidad de la naturaleza humana.

 

El film ahonda en un evento complejo y trágico para ofrecer todas sus facetas con paciencia y sensibilidad, tomando una posición muy clara en contra de la portación indiscriminada de armas en su país y del maltrato y la intimidación, presentando a Nitram en toda su dimensión de victima a victimario, de joven ultrajado psicológicamente a asesino sanguinario y brutal en una línea muy fina sobre la que es imposible opinar sin caer en juicios estúpidos y simplistas que reducen un debate muy rico sobre la comunidad global que estamos creando.

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Justin Kurzel es sin duda cruel, en cierto modo. Nos ofrece estas pequeñas ventanas de felicidad, estas escenas que nos hacen plantearnos si la historia no podría acabar de otra manera.


Habrá quien se pregunte qué hacía una película como Nitram es el Festival de Sitges el año pasado. Dirán que no es "una peli de miedo", que no hay monstruos, ni fantasmas, ni ningún tipo de criatura sobrenatural. Tampoco hay demasiada violencia explícita, ni una sola gota de sangre (a excepción de un accidente de coche). Entonces, ¿Dónde está el terror de Nitram? Pues bien, su terror está en lo que no enseña, en lo que se va gestando minuto a minuto. Su terror está en hacerte pensar que alguien como Martin podría cruzarse en tu camino, tal como se cruzó en el de esas 58 personas aquel soleado 28 de abril de 1996.

Cuando terminé de verla no sentí que me había impactado en extremo. Sin embargo, a la mañana siguiente, tomando algo tranquilamente en una cafetería, un pequeño escalofrío me recorrió. ¿Y si un "Nitram" entrara en ese momento por la puerta decidido a "darse a conocer"? Ese es el terror del que hablo.


Nitram no es el clásico "true crime" al que estamos acostumbrados, si no que va más allá. Su ritmo es lento, pero completamente desasosegante. Es como contemplar una bomba haciendo "tic-tac", y no saber cuándo va a acabar explotando, pero sí que estás seguro de que lo hará.

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