venerdì 3 gennaio 2020

Il mistero Henri Pick - Rémi Bezançon

un bel giallo senza morti e feriti, un libro scritto da un uomo misterioso, senza nessun testimone.
un critico leterario si improvvisa Sherlock Holmes (senza Watson), e alla fine, per caso, trova la soluzione.
attori convincenti rendono il film davvero interessante, non sarà un capolavoso, ma non annoia mai.
buona visione - Ismaele




«Rémi Bezançon ha realizzato un film felice» afferma Fabrice Luchini. La migliore definizione a questa pellicola, che scivola davanti agli occhi leggera, leggera. La prima cosa, preziosa, è l’immersione nel mondo dei libri: li respiriamo, li vediamo, dentro le stanze della casa editrice, nelle abitazioni private, sono solidamente e spiritualmente presenti. Li ascoltiamo, nelle conversazioni che fanno riecheggiare gli autori più famosi e amati: Marguerite Duras, Marcel Proust, Fernando Pessoa… Il fluttuare de Il mistero di Henri Pick riesce a darne il valore di senso e di significato nella vita di tutti.
Il giallo che li racchiude riguarda l’adorata e odiata scrittura, recondito sogno nel cassetto di molti (In Francia ci sono più scrittori che lettori, si dice), il desiderio di vedersi riconosciuti in una pubblicazione, il senso inafferrabile del talento, la sua carica di ‘rivelazione’ nella capacità di catturare l’attenzione di molti, critica in primis, di venir letti e consacrati.
Fabrice Luchini si muove abilmente in un ruolo a lui congenialissimo, riuscendo a restare cinico ed ancorato tuttavia alla ricerca di una verità che si fa necessità della oggettività del talento. Camille Cottin è il suo contraltare perfetto, brillante nel tenere Jean Michel Rouche e il suo narcisismo intellettuale ancorato alla realtà, pur restando fedele essa stessa ad una ricerca della verità che è innanzitutto amore per la letteratura…

…Giocando intelligentemente con i codici classici del genere poliziesco, pur rispettandoli tutti, il regista ci coinvolge in un intrigo senza cadaveri né poliziotti, in un’inchiesta il cui obiettivo finale non è di sapere chi ha ucciso, ma chi ha veramente scritto, divertendosi nel contempo, nello spirito dei migliori gialli, a seminare il percorso di diverse ipotesi senza mai però perdercisi dentro o annoiando. Un mistero che è nel titolo, che è nel cuore della finzione e che intriga lo spettatore con humour.
Una storia fuori del comune ed originale in una commedia poliziesca accattivante e frizzante, una messa in scena sobria ed accurata, una sceneggiatura perfetta che rende credibili tutte le false piste e situazioni, una ironia sottile puntellata da dialoghi accurati e finemente cesellati, un ritmo vivace nonché una suspense tenuta alta abilmente fino alla fine ed anche oltre il finale ed il post finale…

Bezançon non è Chabrol né Polanski, ma dando maggior rilievo nel suo film alle relazioni, e non alle rivelazioni, ne è ben cosciente egli stesso. Il dispositivo narrativo, dunque, seguendo i canoni di un genere codificato, punta certamente agli indizi, alle piste e ai dettagli che possono smascherare il famigerato Pick, ma il tentativo di svelamento di un temuto imbroglio arretra via via su uno sfondo sul quale innestare il gioco delle affinità elettive celate dietro ad apparenti idiosincrasie, il bisogno di contatto umano nascosto (quello sì) da aguzze spigolature esistenziali. Così, ne viene fuori un ritratto di provincia niente affatto ‘in nero’, dove la leggerezza dei toni, però, non sempre appare in sintonia con la puntigliosità della trama. La distanza che separa la realtà dall’immaginazione resta difficile da riassumere in un solo sguardo. In letteratura come al cinema.

Il Mistero di Henri Pick è una commedia che ha il rimo del giallo: trovare il vero autore del romanzo, tra una serie di appetitosi indiziati. E’ una commedia che strizza l’occhio un po’ beffarda al mondo dell’editoria, in cui sembra importare più cosa serve a scalare le classifiche dei romanzi, che la letteratura stessa.
E’ una commedia da non perdere.

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