lunedì 24 gennaio 2022

Drive My Car - Ryûsuke Hamaguchi

il titolo del racconto di Murakami (e quindi del film) potrebbe essere un omaggio-citazione a un verso di una canzone dei Beatles?

il film parte lento e poi cresce continuamente e alla fine scopri che le tre ore del film sono state necessarie.

i due protagonisti, Yosuke e Misaki, soffrono a causa di un lutto che non passa.

Yosuke, regista, ha perso la moglie, Oto, che appare nel film nella prima parte (e inventa storie), ma anche un figlio, un po' di anni prima. 

Misaki, autista bravissima, timida e silenziona, ha perso, già da molto, la mamma, poco amata.

Checov è un protagonista del film, a Hiroshima Yosuke è il regista di Zio Vanja, con diversi attori che imparano a convivere e conoscersi, recitando.

la cosa straordinaria del film è come Ryûsuke Hamaguchi riesca a fare un film di tre ore da un racconto di poche pagine, riuscendo a non far annoiare mai chi guarda.

buona visione (da premio Oscar?) - Ismaele



 

 

 

 

 

Il cinema di Ryûsuke Hamaguchi si conferma potente per come rivela la verità più profonda dei suoi protagonisti. Drive My Car è un film dall'approccio distaccato, ma non privo di comprensione ed empatia per i suoi protagonisti, dotato di una sua sensibilità che trova poesia e verità in luoghi inaspettati. Hamaguchi mostra grande maturità artistica e pieno controllo del linguaggio registico, in cui gli eventi narrativi sono incorniciati da una direzione sobria, misuratissima, sempre formalmente elegante, che rivela a poco a poco la sua presenza.

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Il continuo tragitto in macchina da e per Hiroshima e il lungo viaggio verso Hokkaido che i due affrontano diventa l'occasione di un'incredibile catarsi reciproca. Né sconosciuti né intimi, i due pian piano trovano la capacità di confidarsi i loro più angoscianti sensi di colpa, i tormenti interiori che gli hanno reso impossibile lasciarsi il lutto alle spalle. In Drive My Car la potenza della scrittura di Murakami viene amplificata dalla capacità di Hamaguchi di scomparire dentro i personaggi, facendo in modo che il pubblico senta risuonare la loro anima, fino a scuotere nel profondo qualcosa nella propria. 

Se scrivendo da sé le proprie storie Hamaguchi aveva dimostrato grandissime doti autoriali, Drive My Car evidenzia il suo talento di regista, capace di tirar fuori una recitazione naturalistica e avvolgente da un nutrito cast. Hamaguchi sa tirare fuori un grande affresco umano da quella che in partenza era una piccola storia.

Andate però al cinema preparati: vi aspettano tre ore (di cui la prima sembra quasi un pilota televisivo che ha funzione di introdurre la storia vera e propria delle due ore successive) senza sprint: una lunga, costante maratona dentro l'animo umano. Se amate il cinema d'autore capace di guardare dentro l'animo umano o la scrittura di Murakami Haruki, è decisamente un film imperdibile per voi. 

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C’è sempre uno scarto che separa la superficie delle parole dal loro senso più profondo. E ci sono molti tipi di parole. Le parole che ci appartengono, le parole altrui, le parole dell’arte. L’arte guida, riassume, illumina, ma per poter operare la sua magia ha bisogno di tempo e di orecchie che abbiano voglia di ascoltare. Drive My Car, riassunto, sta tutto qui. Il nodo, esistenziale più che fisico, che lega la banalità esteriore della parola all’emozione che sta acquattata proprio sul fondo, e per una volta li fa aderire in (più o meno) perfetta armonia. L’empatia e la comprensione che accosta le parole di uno alle parole di tutti. Il ruolo consolatore e salvifico dell’arte, nel limite del possibile. Solo così si trova il senso delle cose. Dell’amore, del rimpianto, della bellezza e della felicità. Solo così si può realmente elaborare il lutto, sanare la perdita e andare avanti. Questa la sfida dei personaggi del film.

La regia di Hamaguchi ha una forza calma, per questo la sua aggressione è più efficace. Il film funziona, da qualunque parte si guardi. Lavora bene sulla contraddizione tra apparenza e significato, usa la forma, la geometria dell’inquadratura, per accompagnare le sue verità senza mai travalicarle. Tre ore sono tante, è vero, ma soltanto se si valuta il tempo in maniera superficiale. Perché c’è il tempo, e ciò che il tempo contiene. È meglio soffermarsi su questo.

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2 commenti:

  1. Un ottimo film, hai ragione, da un breve racconto che ho letto, il regista ha allargato la storia rendendoci partecipi di un qualcosa di diverso da quanto io abbia mai visto prima. Film che andrebbe rivisto più di una volta. Bellissime alcune scene, dolci alcune inquadrature, certi passaggi ti restano dentro, mi sorprende la delicatezza, la poesia di un cinema così lontano dal nostro che mi affascina e ti fa riflettere pur con passaggi surreali (loro che si raccontano la sceneggiatura di un eventuale film nel posto meno improbabile ma soprattutto durante situazioni che non prevedono questo).
    Chissà se avrò modo di rivederlo...

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    1. appena vincerà l'Oscar riapparirà ancora al cinema, forse.
      anche il precedente film dello stesso regista (https://markx7.blogspot.com/2021/09/il-gioco-del-destino-e-della-fantasia.html) ha quella delicatezza e lentezza che sembrava sparita al cinema.
      cercalo, non ti deluderà.

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