giovedì 10 ottobre 2013

Anni felici - Daniele Luchetti

Ci sono dei film cha nascono per far esercitare lo spettatore nella difficile arte della stroncatura, e questo film è uno di quelli, e bisogna ringraziarlo.
Daniele Luchetti ha fatto un film bellissimo, ma non era questo, era “Il portaborse”.
Daniele Luchetti ha fatto un film bellissimo, ma non era questo, era “La scuola”.
Daniele Luchetti ha fatto un film bellissimo, ma non era questo, era “I piccoli maestri”.
Daniele Luchetti ha fatto un film bellissimo, ma non era questo, era “Mio fratello è figlio unico”
in “Anni felici” la storia è scontata, prevedibile, noiosa, fatta di cliché, l’opera finale dell’artista Kim Rossi Stuart, intitolata “La tua assenza” è un colpo come pochi, comicità di alto livello, credo involontaria.
il momento migliore del film è quando il bambino narratore Dario urla ai genitori: “Siete degli stronzi!”.
“questa non è una stroncatura” direbbe Magritte, è solo un film che non era necessario, oggi siamo gentili - Ismaele



…C'è però qualcosa che non torna in Anni felici, anche se tutto sembra essere al suo posto. Non è facile capire cosa. Forse il fatto che Luchetti non è riuscito a prendere, anche legittimamente, la giusta distanza. È troppo dentro per vedersi da fuori. Forse anche lui è vittima a posteriori di un narcisismo represso, tant'è che il film chiosa con l'affermazione urlata del proprio Io. Dei suoi ultimi tre film, questo è forse il più fragile ma certo comunque autentico e onesto, anche solo per aver avuto il coraggio di ri-affermare che per lui il personale è politico.

Una cosa buona Luchetti l’ha fatta, bisogna riconoscerlo: non presentarlo a Venezia.
Purtroppo ci ha sputtanato in Canada, ma credo che il mondo intero sappia a quali minimi termini è ridotto il nostro cinema, così amato dalla critica de noantri (non dimentichiamo però che, se a Venezia non c’era Anni felici, c’era Sacro Gra  a pareggiare i conti)…

Contrariamente a quello che può apparire dalla forma leggera e mobile, che rende il film come una sorta di diario scritto a mano, l'opera riesce però a mettere in campo una molteplicità di temi, una ricchezza di spunti, che sono la sua vera forza. Il primo, forse il più urgente, è il rapporto tra genitori e figli. E' un filo rosso che dà corpo e unisce i vari momenti della storia, nascosto dall'intenso racconto della vita di una coppia via via sempre più squilibrata, priva di punti di appoggio, unicamente ancorata sulle spinte contrastanti dei due protagonisti. In una famiglia in cui ognuno viene "stretto a sé con calore o con freddezza", i bambini sperimentano sulla propria pelle la distanza da quei genitori all'apparenza così passionali, in realtà impegnati a bloccarsi l'un l'altro. Il rapporto genitori-figli assume allora i contorni di una lotta alla ricerca della propria originalità; a volte si rende necessario un grido, un insulto urlato a pieni polmoni, altre è obbligatorio respingere con decisione un abbraccio materno che ha il gusto del ricatto. E Serena e Guido, a loro volta figli di padri e madri glaciali, vagano confusi alla ricerca di stabilità che sanno trovare solo quando trovano il coraggio di mollare la presa, quell'asfissiante bisogno che l'altro ci sia per essere completi, quella volontà di rendere il proprio partner la causa di ogni frustrazione…
da qui

4 commenti:

  1. Le autobiografie sono una brutta bestia per tutti, anche per un regista misurato e rigoroso come Luchetti: troppo 'sentito' il film, troppa carne al fuoco, troppa voglia di strafare... ne viene fuori una pellicola confusa, pasticciata e anche noiosetta, didascalica e con una voce off davvero irritante. Peccato.

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  2. Anch'io ho amato Portaborse e - tantissimo - e l'ho visto e rivisto - La scuola. Anche come aiuto in La messa è finita mica male. Una delusione come quella che descrivi l'ho vissuta con - mi pare il titolo sia questo - Dillo con parole mie.... Da dimenticare. Peccato... Non tutti i registi riescono col buco... PS: anche Arriva la bufera (mi pare si intitolasse così) mi aveva lasciato perplesso, ma non da delusione.

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