martedì 29 settembre 2020

Divines (Bâtarde) - Uda Benyamina

come in Bande de filles, protagoniste del film sono alcune ragazze delle banlieues.

Dounia (una straordinaria Oulaya Amamra) abbandona la scuola e,  come la sua amica del cuore Maimouna, amano i soldi, biglietto verso la felicità, i vestiti, il successo.

e inizia la crescita "professionale", come assistente e complice di Rebecca, la giovane e invidiata boss del quartiere.

e Dounia incontra anche l'amore, la bellezza, un'altra forma di libertà.

gran bel (terribile) film.

buona visione - Ismaele

 

 

 

…Si la réalisatrice signe un film éblouissant, elle le doit aussi à son trio de comédiennes: Jisca Kalvanda, incroyable dans le rôle de Rebecca mélange de furie et de duplicité, Deborah Lukumuena, tornade de bonheur, drôle et touchante jouant tout autant avec sa gestuelle qu’avec ses mots, tout bonnement étincelante de justesse et enfin Oulaya Amamra (la sœur de la réalisatrice), une bombe thermonucléaire jonglant avec une même facilité entre le rire et le drame, une boule d’énergie en fusion qui déploie déjà un tel naturel et un tel talent, qu’on a forcément l’impression de voir éclore une immense actrice. On pourrait chercher la petite bête, pinailler sur deux ou trois détails, tenter d’expliquer l’inexplicable à ceux que cela ne touchera pas, mais enflammons nous plutôt pour ce film enthousiasmant. On pourra coller toutes les étiquettes et tous les qualificatifs que l’on veut à Divines, il n’en reste pas moins un film vivant qui s’enflamme sous les doigts avant d’allumer nos cœurs d’une lumière salvatrice. Un film qui donne encore envie de croire au pouvoir du cinéma sur nos vies, qui, aussi difficiles qu’elles soient, ont eu besoin un jour de voir pousser ce cri sur l’écran noir de nos nuits blanches. Le mot est facile mais on ne peut plus vrai: Divines touche au divin.

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…la giovane regista franco-marocchina Houda Benyamina si lancia e ci lancia a 200 all’ora in un viaggio mozzafiato dal quale uscirete affannati come da una corsa a tutta velocità su una Ferrari immaginaria. Al volante di questo bolide, ostinatamente piazzata al posto di guida, troviamo una ragazza sfrontata di nome Dounia (incarnata con forza da Oulaya Amamra) il cui sguardo intelligente, tenero e spesso sorridente, dietro le lenti dei suoi Ray-Ban (sempre immaginari), indica senza equivoco che la sua impertinenza nasce dalla ribellione – alla vita nella bidonville alla quale si è rassegnata quell’irresponsabile di sua madre (il che è tutto dire), al futuro servile che le viene proposto, al soprannome "la bastarda" che le hanno sempre affibbiato…

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Divines finisce per diventare un meraviglioso chiaroscuro tra bellezza e dannazione: lo sguardo sensuale ma pulito del ballerino fa da contraltare a quello lurido del gangster, a cui Dounia si offre, ballando sul cubo, per loschi propositi; al rosso del rossetto che Dounia per la prima volta, furtivamente, prova al supermercato, nella scoperta del proprio fascino, si contrappone il rosso sangue dei pestaggi. Se ne potrebbero dire tante, ancora. Così anche nel montaggio sonoro: la potenza dei requiem, ma anche i bassi opprimenti dell’hip hop e – peggio – le sirene della polizia, o dei vigili del fuoco.

È un film sporco e sensuale, Divines, di angeli caduti o che cadranno; tra il baratro e l’ebbrezza; in cui errare è umano, anche quando – inconsapevolmente – si ha una bellezza divina. L’atmosfera spesso notturna confonde i vicoli oscuri degli spacciatori alla penombra dei riflettori spenti del teatro, se non ai fumi dei club dove il “money” si versa assieme allo champagne. Quanto è luminoso – e bello, e acerbo, come Oulaya Amamra – questo racconto di Houda Benyamina.

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Divines esprime un’urgenza espressiva debordante, ma il reticolato della drammaturgia e della scrittura filmica la imbrigliano, disegnando per le due protagoniste una strada senza uscita, in cui la lotta per la sopravvivenza si confonde ambiguamente con quella per la sopraffazione. Alla fine della partita ad uscire sconfitta è l’interrogazione materialistica del presente, davanti a uno spiritualismo in cui tutte le vacche sono nere e gli incendi, una volta accesi, fanno il loro lavoro.

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« Bâtarde » ! Tel est le surnom cruel et méprisant qui colle à la peau de Dounia. Fille d’une mère fragile collectionnant les hommes et les gueules de bois, la jeune fille tente de se construire un avenir loin du camp de roms où elle a grandi. À l’inverse, Maimouna sa meilleure amie est fille d’imam et connaît une éducation plutôt stricte mais équilibrée. Élèves en BEP pour devenir hôtesses d’accueil, les deux amies réfléchissent à une toute autre carrière. Admiratives de l’une des plus grandes dealeuse de Montreuil, elles vont tout faire pour trouver leur place au sein de cette « entreprise » lucrative, et ce, au risque de se brûler les ailes.

« Mes mains sont faites pour l’or », affirme fièrement Dounia ! Née dans la misère la plus totale, la jeune fille aspire plus que quiconque à s’élever dans l’échelle sociale. Avoir de l’argent ne fait qu’ouvrir des portes, la vraie richesse est ailleurs. Dans la Ferrari virtuelle où elle voyage la tête haute, la jeune fille rêve de reconnaissance loin des émeutes et d’un dieu qui tarde à veiller sur elle. Il suffira d’un peu de maquillage pour transformer la petite cendrillon des bidonvilles en déesse de la nuit. Mais son véritable prince charmant est ailleurs. Comme elle, Djigui veut oublier sa tenue de vigile pour danser avec les étoiles….

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…Sin dalle primissime battute, Divines fa tutto quello che può per infastidire lo spettatore: Dounia (Oulaya Amamra, unico elemento davvero convincente del film) e l’amica del cuore Maimouna vengono sballottate in salti di palo in frasca apparentemente infiniti fra le religioni differenti delle protagoniste, l’inefficacia della scuola, il night club dove la madre di Dounia è solita ubriacarsi ogni sera, il taccheggio al supermercato, la graticcia del teatro dal quale guardare, se necessario sputando, le prove dei ballerini fra cui l’aitante Djigui, fino alla decisione di diventare ricche lavorando per Rebecca, rispettata spacciatrice della zona. Fra panetti di hashish, sogni di una Ferrari, filmati con l’iPhone avuto in regalo da Rebecca, un paio di pestaggi subiti, auto bruciate, ritorni a casa trovando la madre a letto con il tirapiedi di Rebecca, usi criminosi del Requiem di Mozart su allenamenti al sacco e banconote baciate e vacui discorsi sulla necessità di avere ambizione e sapere osare per puntare in alto, oppure sul saper alternare pugni e carezze, il film di Houda Benyamina si trascina nei suoi raccordi di montaggio non funzionali, nella sua mescolanza insensata della danza come linguaggio del corpo e della seduzione come arma letale ma anche a doppio taglio, nei suoi personaggi tutti desiderosi di cambiare vita eppure nessuno, a parte proprio Djigui che otterrà la parte nel ballo e partirà in tournée, in grado di fare una sola scelta giusta. Ora fastidioso e ora patetico, ora poco credibile e ora retorico, passando per un tentativo di stupro e per un incendio invocato più volte nel corso del film, nell’esordio di Houda Benyamina non funziona praticamente nulla: tecnicamente risibile, concettualmente vuoto, umanamente preoccupante. Non resta che dimenticarlo in fretta, lavarne le scorie prima possibile, fingere che non sia mai esistito.

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Divines è un film di corpi sciupati e corpi levigati, oblio e voglia di riscatto, urla disperate e risate incontrollate, chiome raccolte in assetto da battaglia e capelli sciolti al vento, fughe a perdifiato e preghiere alle stelle, inevitabili tragedie e seducenti ironie: un frullato di emozioni uguali e contrarie, scandite da una regia virtuosa (talvolta fin troppo) e da una colonna sonora che sa miscelare lirica, techno, hip hop e sonorità arabeggianti, trovando sempre la nota giusta al punto giusto. La regista in qualche occasione si lascia prendere la mano, ma non perde mai il controllo della storia, rigorosamente espressa (e girata) in ordine cronologico, così da condurci, senza sbalzi temporali, nel percorso di formazione di una bâtarde che scava nella paura per trovare la forza di provare a darsi un destino diverso, nonostante tutti i rischi che le sue azioni comportano.
Interpretata con stupefacente intensità e completezza dalla bravissima Oulaya Amamra, la Dounia di Divines è un personaggio che si imprime nell'anima e difficilmente ne esce. In lei si aprono i cieli bui di tutti coloro che navigano allo sbando, dimenticati dalle classi agiate, visti con sospetto o addirittura con disgusto. In lei, inoltre, si concretizzano i sogni di tante adolescenti che rifiutano le distorte imposizioni sociali e culturali; proprio come la Marieme di Bande de filles, decisa a non sottostare a un avvenire già scritto da trascorrere spenta, a casa, a badare unicamente alla prole…

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