domenica 27 settembre 2020

Non odiare - Mauro Mancini

opera prima non facile, un film con attori molto bravi, sulla storia, i motivi dell'odio, il rimorso, i ricordi.

non si può vivere nell'odio e nel pregiudizio permanente, sembra dirci questa storia, bisogna fare un passo nel terreno del nemico e provare a smontare le radici dell'odio.

i tre protagonisti si incontrano, con difficoltà ciclopiche, e riescono a  parlarsi, pensando al futuro.

e i gatti e i cani hanno un ruolo importante nella storia.

un film non perfetto, certo, che merita comunque molto.

buona visione - Ismaele

 

 

 

Dunque, ritorniamo all’emblematico titolo, quasi un imperativo. Perché, se non estirpato, l’odio genera odio: una macchia nera inarrestabile dalle conseguenze distruttive. E, l’unico modo per sconfiggerlo – capisce Stefano –, è un estremo gesto d’amore, arma per annientare e zittire un pericolo, ancora, dilagante. Proprio per questo, Non odiare, dovrebbe essere una visione necessaria, costruita su misura per i suoi interpreti, amalgamata alla realtà dei fatti, coesa al senso di giustizia che troppo spesso (e troppo facilmente) oggi viene scambiato per buonismo, in un circolo di sproloqui indefiniti e indefinibili. Ed ecco che il Simone Segre di Gassmann fa da lezione: restare in silenzio, osservare e compiere la scelta giusta. Liberandosi dai demoni, che siano quelli della mente, o che siano quelli con svastica tatuata sul petto.

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…lo spunto più interessante del film riguarda gli attori, il loro modo di mettere in scena i personaggi e il modo in cui la scrittura tratta in maniera originale gli stessi, perché mai rinchiusi in uno stereotipo o nel già visto. Il ricco chirurgo ebreo è un single, non ha una famiglia, una casa molto grande e l’apparente desiderio di liberarsi da un’eredità paterna che sembra ingombrante. La giovane protagonista invece sceglie di sacrificarsi per il fratelli, abbandonato un’aspettativa di vita che le piaceva per provvedere a loro dopo la morte del padre filo fascista, eppure, nonostante sia chiaramente contraria all’approccio del padre alla vita e alla sua ideologia, ne parla sempre con tenerezza. Il fratello mezzano, che vuole a tutti i costi percorrere il sentiero paterno, invece, si rivela quello che è, un ragazzino con tante idee confuse nella testa, idee che non capisce davvero ma che segue ciecamente.

Per tutti e tre questi personaggi ci sono degli interpreti assolutamente superbi, con Gassmann e Serraiocco che consegnano due interpretazioni molto delicate e gentili e con il giovane Luka Zunic, vera e propria rivelazione del film. Il suo volto dai tratti angelici, gli occhi chiari e profondi, si scontrano con la rubidità che il suo personaggio ostenta e che, in fondo, non gli appartiene.

Fedele al titolo dell’opera, Non Odiare, Mancini mette in scena dei figli orfani che cercano la redenzione e l’affermazione da parte dei padri defunti. Occupano capi opposti di una linea retta, ma tutti gli eventi e i comportamenti che assumono nel corso della vicenda li portano ad avvicinarsi, a cercare gli uni negli altri, gli elementi di similitudine e non quelli di contrasto, allontanandosi così dall’odio.

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…allo spettatore attento non sfuggirà, nel corso della visione, la sottile metafora insita nella progressiva metamorfosi comportamentale dell’inquietante quadrupede quando questi, esattamente come i protagonisti bipedi, conosciuto a fondo quello che prima era considerato un minaccioso estraneo, inizia gradualmente un viraggio che lo condurrà verso un atteggiamento ben diverso da quello inizialmente ostentato. Atteggiamento che gli altri comprimari della metafora, in primis Simone e ancor più Marcello, non avrebbero mai ritenuto possibile si potesse realizzare.

Mancini dipinge una realtà a tinte fosche, plumbee e nebbiose, tendenti al grigio scurissimo e al nero nelle sue varie gradazioni. Ma il nero è anche il colore delle pompe funebri il cui patron, indirettamente e paradossalmente, innescherà la graduale evoluzione di Marcello, il quale si ritroverà suo malgrado ad interagire con uno dei suoi tanto odiati giudei. Ma proprio questi, Simone, coadiuvato da Marica - sorella di Marcello ma dotata di tutt'altro senno -  favorirà quasi inconsapevolmente il “viraggio” del fanatico “camerata” il quale, poco a poco e sempre più spontaneamente, avvertirà una tenue ma progressiva lucina essenziale per quella rilettura ideologica che gli consentirà comunque una soluzione, seppur non indolore, attraverso l’elaborazione di una colpa grave: l’omicidio del nazi bastardone senza scrupoli, quello che lui pensava essere uno stinco di santo ma che, con delusione, aveva a sue spese ben compreso trattarsi di un vile strozzino! Per di più uno strozzino affetto da quella meschina viltà che lui in primis, con tutti i compari, Marcello compreso, andava accusando essere prerogativa degli Ebrei…

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…I luoghi comuni sono tutti lì, in agguato, Mancini, anche autore della sceneggiatura con Davide Lisino, procede come fosse uno slalom cercando di saltare tutti i paletti disseminati lungo la vicenda che potrebbero farlo saltare. Per far questo si affida anche molto ai suoi interpreti. Alessandro Gassmann che si presta con generosità e talento a indossare i panni, anche scomodi, del medico. Sara Serraiocco che nasconde una grande forza dietro un’apparente fragilità e Luka Zunic che irrompe con la (in)giusta cattiveria violenta del naziskin. Temi forti quindi quelli che il film vuole andare a toccare: l’odio, la vendetta, il perdono, la memoria, il senso di colpa legati all’onda lunga e giustamente mai sopita della Shoah. Ma nonostante le intenzioni c’è qualcosa che lascia un retrogusto amaro. Non tutto scivola via come dovrebbe.

Così Non odiare suona un po’ troppo come frase importante da usare come claim per una vicenda che comincia a sembrare lontana nei tempi e nei modi. Vero che ovunque assistiamo a rigurgiti antiebraici, a violenze razziste a ragionamenti e approcci che non avrebbero stonato tra i gerarchi del ventennio fascista e neppure tra gli artefici del nazismo, ma il filo nero che lega quella storia terrificante alla realtà contemporanea è più complesso, articolato e contraddittorio. Certo non è un film che deve mandare «messaggi» o compiere analisi minuziose di quel che succede oggi nel mondo, ma forse Non odiare rischia di semplificare tutto questo, al di là delle intenzioni. E questo non aiuta, pur rimanendo un esordio coraggioso e inconsueto che punta a un livello di racconto e di storia più alto di quel che di solito viene offerto al cinema.

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