mercoledì 20 maggio 2020

Echi mortali - David Koepp

tratto da un romanzo del grande Richard Matheson ("Io sono Helen Driscoll" è il titolo in italiano) Echi Mortali è uno di quei film che non deludono. 
si parla di una sparizione di una ragazzina, di un mistero in un quartiere di lavoratori perbene, dove tutti sono amici, ma la realtà è spesso più brutta di quello che appare.
David Koepp gira un film dove la tensione è in crescita, la soluzione appare solo alla fine, non ci sono effetti spaciali, la realta fa orrore così com'è.
a me è piaciuto e così spero per voi.
buona visione - Ismaele





Echi Mortali è un racconto, una storia lineare a classica con al suo interno un immaginario fatto di tante piccole sequenze in cui l’orrore si avvicina a piccoli passi. Non c’è mai un briciolo di sensazionalismo, in Stir of Echoes, persino quando Koepp indulge in alcuni dettagli raccapriccianti, come nella scena del dente, si tratta sempre di suggestioni minime. I momenti in cui il fantasma appare sono centellinati, non viene mai utilizzato il jump scare e ogni secondo del film è un tassello utile alla narrazione. Per questo Echi Mortali si staglia, nella filmografia horror soprannaturale di fine anni ’90, come un pezzo unico e pregiato, ingiustamente caduto nel dimenticatoio.
O forse è caduto nel dimenticatoio proprio per il suo approccio molto concreto e prosaico al soprannaturale, privo degli orpelli tipici del gotico, che sono bellissimi, per carità (e Matheson li ha usati tutti in Hell House, tanto per restare sullo stesso autore), ma ogni tanto è interessante provare a raccontare una storia di fantasmi facendone a meno, andando sempre in sottrazione, restando così ancorati al quotidiano, e mostrare, in questo modo che i fantasmi funzionano anche quando sono radicati nel reale, quando infestano la familiarità di posti anonimi e banali, quando si affacciano e spalancano porte su altri mondi nella normalità di un piccolo quartiere periferico. Si direbbe una situazione molto kinghiana, se non fosse che Matheson ci era arrivato vent’anni prima…

…così come nel romanzo, anche in questa trasposizione cinematografica i personaggi sono dei pretesti per mettere in scena l’inquietudine della normalità e criticare il modello americano; ma se nel testo di Matheson la critica era rivolta verso l’ideale di famiglia perfetta, velato da una patina di perbenismo e tipico dell’America conservatrice degli anni Cinquanta, nel film viene invece criticato il modello moderno di società, dove il sogno americano si è tramutato in un disperato desiderio di fama, nella necessità di essere qualcuno per emergere dalla mediocrità. E così nei personaggi si possono identificare molti mali del nostro tempo: Tom è un insoddisfatto, Frank idolatra le abilità atletiche di suo figlio che potrebbero farlo uscire dall’anonimato, Lisa è un’immagine perfetta di quella concentrazione di ignoranza e verità pseudo-scientifiche che affligge molti Americani. Ancor più emblematico è l’esempio di Sheila, la moglie di Frank, che tanto appare remissiva e docile, soggiogata e repressa nel romanzo, sempre sul punto di esplodere, rivelando un malessere tipico delle casalinghe degli anni Cinquanta, tanto nel film risulta cinica e sprezzante, pronta a condannare, decisamente una figlia dei nostri tempi. Il finale poi, nel colpo di scena che rivela l’identità dell’assassino della giovane Samantha, è un altro deciso e preciso affondo verso la deriva sociale
Echi mortali non sarà un capolavoro, ma è una ghost-story interessante e ben curata, accompagnata da una buona selezione di brani alternata a una colonna sonora composta da John Newton Howard che ben si amalgama alle sequenze. Sicuramente il film farà storcere il naso per la sua semplicità e ingenuità a molti amanti del genere, eppure, nonostante il basso budget, riesce a creare tensione con pochi effetti speciali, strizza l’occhio e omaggia molti capisaldi del cinema horror e, pur piegandosi alle logiche dello schermo, riesce a onorare con eleganza il romanzo da cui è tratto, rispettandone lo spirito e il messaggio. Forse ha solo avuto la sfortuna di essere uscito nelle sala nel 1999, lo stesso anno di The sixth sense – Il sesto sensoStigmate e The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair. Il primo, in particolare, complice una notevole e inquietante affinità di tematiche e punto di vista, ne ha infatti del tutto oscurato i pregi (oltre che gli incassi al botteghino). Poi per carità, i gusti sono gusti, e alcuni potrebbero trovare debole la struttura del finale, che perde molta della carica di inquietudine che il film aveva invece costruito fino a quel momento, oppure speciose le argomentazioni alla base delle capacità medianiche di Tom e Jake, ma almeno la conclusione non è del tutto scontata.


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