lunedì 25 maggio 2020

Niwemang (Half moon) - Bahman Ghobadi


una storia di musicisti curdi in viaggio, in un Kurdistan che esiste,  e di voci di donne che resuscitano i morti.
appassionante e coinvolgente, non sarà perfetto, ma per me è un piccolo grande capolavoro da scoprire.
aggiungo una speciale maledizione per i nazisti che mettono in galera e ammazzano chi canta, chi fa film, chi dipinge.
che il dio dell’Arte faccia scomparire in qualsiasi modo quei nazisti, con loro tutti i modi sono leciti.
intanto buona (anzi ottima) visione, non ve ne pentirete - Ismaele


QUI  il film completo, con sottotitoli in spagnolo



…Come è nato il suo amore per il cinema?
In realtà non ho mai amato il cinema in quanto tale. Vivevo in una piccola città di confine, dove c’era solo un cinema con un piccolo negozio di panini. Quando mio zio mi portava al cinema c’era una specie di rito: si comprava un panino e poi lo si mangiava in sala. Per molto tempo ho pensato che fosse una specie di cerimonia legata al cinema. Poi ho scoperto che il cinema poteva essere uno strumento per lasciare un segno, un’arma per lottare.
Lei è un regista giovane, che sta formando una generazione di cineasti ancora più giovani di lei. Come è il suo rapporto con questa generazione futura?
In Iran si corre il pericolo che i giovani che hanno talento si perdano in una situazione difficile. Il governo è come un uomo che con una mano tiene la testa dei giovani sott’acqua, impedendo loro di respirare. Ma è anche il paese in cui il 70 % della popolazione è giovane, e con una storia molto antica. Negli ultimi quarant’anni si sono dimenticate cultura e identità, ma spero che i giovani possano recuperare ciò che si è perso.
Chi produce i suoi film?
Li produco da solo, spendendo pochissimo. Ho imparato che devo procurarmi i soldi da solo. Non sono ricco, però sono sempre riuscito a recuperare quanto mi occorre per girare.
Quali autori le piacciono del cinema italiano?
Io amo Bertolucci, l’ho incontrato qualche volta, ho visto quando ero ragazzo Piccolo Buddha e L’ultimo imperatore: per me è un grande artista e una grande persona. Amo il neorealismo italiano, ma per me Bertolucci è sinonimo di perfezione.
Può raccontare qualcosa del nuovo film?
Questo è il mio primo film dopo essere andato via dall’Iran, parla di un uomo di settant’anni iraniano che, appena uscito dal carcere, cerca la sua famiglia, le sue radici e la sua identità. Ci saranno pochi dialoghi, in lingua greca, turca e farsi. Sto ancora lavorando alla sceneggiatura, a metà gennaio inizierò le riprese , ma spesso cambio all’ultimo momento. Per esempio ne I gatti persiani volevo parlare di due sorelle musiciste, ma quando ho conosciuto i due protagonisti ho capito che la storia della loro vita underground doveva essere raccontato e ho cambiato tutto una settimana prima di iniziare a girare.
La sua casa di produzione si chiama Mij Film . In lingua curda significa “nebbia”. Come quella che avvolge il Kurdistan e l’Iran, e che Ghobadi sta cercando, con il suo lavoro, di far dissolvere.

…un film rarefatto e spettrale, di una bellezza disperata ed ormai matura, dove il regista abbandona il realismo tragico delle prime opere, scegliendo la forma del realismo magico per riflettere sulla figura dell'artista. Mamo, il protagonista della pellicola interpretato da Ismail Ghaffari, tenta di compiere il viaggio che Mastorna non è mai riuscito ad intraprendere, in un film dove sono i morti a parlare ai vivi, nella speranza che i vivi non si lascino e non li lascino morire. La mezza luna del titolo si ripete in una doppia immagine, speculare ed oscura, andando a fondersi in una nuova forma che contiene allo stesso tempo inizio e fine. Nella fase iniziale della pellicola, Mamo, dalla sua fossa, volge lo sguardo verso un cielo lucente, verso la metá della luna ancora viva ritagliata in esso; al termine del suo viaggio l'unitá inizialmente dimezzata viene ricomposta nell'immagine oscura dell'altra metá della luna, che si nasconde dietro il volto bellissimo ed enigmatico di una donna, essere sospeso oltre il naturale che recide i legami con la vita, oscurando definitavemente lo schermo. Il protagonista è un corpo-fantasma che attraversa lo Stige accompagnato da un Caronte che indossa una maschera comica, un corpo che reclama ancora vita per la propria arte. Mamo è il musicista iraniano che ha aspettato 35 anni per potersi esibire liberamente nell'Iraq curdo e per riunirsi con i suoi figli musicisti, che incarnano tutti i figli curdi, e con la donna che dà voce celestiale alla sua musica, anch'essa immagine che racchiude tutte le donne. Ma Mamo è in realtá solo un morto che spera vanamente di essere ancora in vita, come morta nell'odierno Iran è la libertà di poter esprimere la propria arte…

Ghobadi has generally explored three basic themes or messages in his films:
Kurdish culture, particularly its music
1.                 The cruelty of political borders that artificially separate people of a common culture
2.                 The barbarous and unjust way women are oppressed by the laws of the Islamic Republic of Iran.
In this film, he emphasizes these three themes with more vehemence and with more artistic liberties than he has done in the past…
…Overall, the Kurdish music is the strongest and most moving aspect of the film, and I would have preferred to have more of it. A particularly strong example and the most stunning moment in the film is when Mamo retrieves Hesho from the village of 1334 women. This symbolic scene is a visual and musical master stroke – very contrived, but also stirring. It is also an exquisite needle with which to prick the Iranian social restrictions on women. According to Iranian rules, a woman may not sing in public, but a group of women, i.e. a women’s chorus, may perform in public. When Mamo goes to this penal colony, he is told that the women there are so skilled with their singing that they collectively sound like the voice of a single woman. And, yes, on the soundtrack for this scene, as they all sing together, we hear the voice of a single woman.

Half Moon displays both a sharpening of Ghobadi's filmmaking (his use of landscapes for both wry absurdism and somber reflection is especially assured) and, somewhat more problematically, an intensification of his penchant for the fantastic. The film's increasing forays into mysticism culminate with the appearance of the titular character (Golshifteh Farahani), a beautiful young woman who literally drops out of the sky just as Mamo's odyssey hits a dead end. Part heavenly envoy and part angel of death, she's a sketchy conceit that nevertheless provides a moment worthy of Kusturica when her singing briefly breathes life back into a body about to be laid into the ground. Such flourishes prove redundant, however, in a film that at its most earthbound already poetically articulates the need to keep Kurdish tradition from falling into the grave of cultural crisis.




Nûdem Durak sembra uscire da Niwemang:



da qui

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