venerdì 6 marzo 2015

Vizio di forma (Inherent vice) – Paul Thomas Anderson

Joaquin Phoenix è sempre grandissimo, e già lui sa solo vale il prezzo del biglietto.
e poi c'è tanto altro, una storia confusa, ma forse non vuole essere tanto chiara, c'è un inizio, l'immagine del mare fra le case, una fine, la stessa immagine del mare fra le case, e in mezzo succedono un sacco di cose, non necessariamente, chiare e conseguenti, a volte non sai cosa succede e cosa è immaginato.
e però, se ti lasci prendere dal flusso delle immagini e delle parole, ci sono delle grandi soddisfazioni, dialoghi che ti colpiscono, attori bravissimi, musiche che sono perfette per il film.
citazioni su citazioni, senza che disturbino mai, a volte ti sembra di vedere "Il grande Lebowski", a volte alita un soffio de "I Blues Brothers", a volte c'è la follia di "Austin Powers", a volte molte altre cose, ma tutto si tiene bene.
un film che non si può spiegare troppo,  bisogna essere disponibili al divertimento, al nonsense, a volte al deja vu, insomma un film da vedere senza aspettarsi niente degli altri di Paul Thomas Anderson, una cosa nuova, non necessariamente un capolavoro, un gran bel film da vedere - Ismaele




qui, diversamente che in Il petroliere e in The Master, non c’è una traccia narrativa forte, siamo piuttosto nell’affresco multifocale genere Magnolia dove però le traiettorie si intersecano e avvinghiano casualmente e confusamente senza mai dar vita a una storia di una qualche compattezza. Si procede per accumulo di dettagli o singoli blocchi di racconto, spesso dedicati a un singolo personaggio, innescando un nugolo di trame e sottotrame e deviazioni e ritorni e stentati raccordi, in un dedalo in cui si finisce, noi spettatori, col restare prigionieri. Per un po’ ci si illude di poter maneggiare il plot, poi si getta la spugna, si rinuncia all’impossibile impresa e ci si abbandona esausti al flusso, perdendo di vista l’insieme, e senza capirci niente. Un’opacità narrativa, una contorsione drammaturgica, che sarà pure alquanto iper- e post-moderna e decostruzionista, ma a me continua a sembrare un limite, un difetto intrinseco, un inherent vice che finisce con il corrodere, se non proprio mandare in malora, l’intera struttura…

dialoghi che strappano ben più di una risata, fotografia interessante, costumi perfetti (per il personaggio di Doc Sportello pare che si siano ispirati a Neil Young) e colonna sonora da urlo. Quando parte Harvest stavo quasi per applaudire, poi mi tenni.
E, a pensarci bene, mi rendo conto che il film mi è piaciuto molto più di quanto non mi fosse sembrato appena uscita dalla sala.
A volte succede.
Altre volte succede il contrario.

…Narrativamente, a tratti si perde il filo: e in effetti a una prima visione molte cose possono sfuggire, anche perché il protagonista stesso è perennemente confuso e annebbiato, come in un trip in cui la realtà e i ricordi del passato tendono a sovrapporsi. Il sottile velo di umorismo, onnipresente e a volte sfociante nel grottesco, può ricordare "Il grande Lebowski" (un film a sua volta dichiaratamente ispirato a Chandler, e anch'esso con un protagonista "fattone"), ma nel finale Anderson conferma di essere ben più ambizioso dei fratelli Coen, e non è detto che in questo caso sia un bene. Gran cast: ci sono anche Owen Wilson, Benicio Del Toro, Reese Witherspoon, Martin Short, Jena Malone ed Eric Roberts

4 commenti:

  1. Caspita! Dal trailer è tantissimo Lebowski, con proprio citazioni pari pari, se non ricordo male.... Incuriosisce...

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  2. Ancora non sono riuscita a vederlo, e se vale solo per l'interpretazione di Joaquin Phoenix (che trovo straordinario) spero proprio di riuscirci.

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