dopo tanti film di personaggi più vecchi dell'età anagrafica, per i dolori della vita, qui appare un bambino e tutti si impegnano ad aiutarlo nel suo sogno.
bello tutto, i dialoghi, la luce, le persone, è una favola, ma concreta.
il quartiere vecchio di Le Havre mi ha ricordato la Marsiglia di Marius e Jeannette.
cercatelo e non ve ne pentirete, promesso. - Ismaele
...la battuta più bella ed emblematica del film è proprio: “restano i miracoli”, dice il dottore, “non nel mio quartiere”, chiosa Arletty. È tutto qui il miracoloso (questo sì) nodo di poesia e disincanto, ottimismo e amarezza di cui è fattoLe Havre , uno dei migliori Kaurismaki in assoluto. Il finale si preoccuperà poi di illuminare il concetto, con uno splendido e improbabile ciliegio in fiore: un altro mondo è possibile o ci vorrebbe davvero un miracolo perché una storia come quella di Idrissa accadesse nella realtà? Entrambe le cose, sembra dire il regista: il cancro che affligge il nostro modo di vivere e di agire è a un livello più che mai avanzato, ma “restano i miracoli”...
...Miracolo a Le Havre è film popolare nel senso più nobile, con una storia universale e commovente, personaggi cui è impossibile non voler bene, un film che sa arrivare al cuore senza rinunciare all’autorialità e al rigore dela messinscena. Forse il migliore di sempre di Kaurismaki, di sicuro il più risolto e armonico...
...Kaurismaki stempera il realismo poetico d’antan con il fatalismo tipico della sua visione del mondo. Che questa volta, però, non prevale. La rivincita dei diseredati, che evoca l’ottimismo di Zavattini, è un’opzione filmica tra le possibili, un appello alla resistenza contro l’ottusità del mondo, affidata alla parte sana di una società irrimediabilmente malata. Come la moglie del lustrascarpe (Arletty!), che un “miracolo” strappa a un destino apparentemente segnato, senza che la trovata risulti zuccherosa o fuori luogo. Merito della fiducia assoluta nel cinema che consente a Kaurismaki di osare l’inosabile, sfidando la realtà sul terreno della mozione degli affetti. Il vero miracolo, in fondo, è quello di un film dove non c’è una sola inquadratura di troppo, una battuta superflua, un dettaglio fuori posto. Immenso Kaurismaki, che ha avuto l’ardire di fare un film massimalista travestito da racconto minimalista...
...È di pochi saper trattare temi alti con sincerità e al tempo stesso leggerezza, e in questo sta la grandezza di Kaurismaki: nel riflettere sull’Europa senza frontiere e sull’immigrazione clandestina, sull’identità e sulla solidarietà sociale, rinuncia da subito ai toni predicatori e conferisce a Miracolo a Le Havre la giocosità di un fumetto. A questo fanno pensare sia il suo stile di regia, fatto di immagini quasi sempre fisse ma con colori così netti e vividi, sia la caratterizzazione dei personaggi, sempre fortemente tipizzati: il lustrascarpe vietnamita, il rocker Little Bob, il vicino spione, l’esilarante Commissario Monet che mantiene il suo volto impassibile anche girando per Le Havre con un ananas in mano. Il regista finlandese è aiutato in questo da un cast straordinario, con molti habitué dei suoi film, dei quali asseconda minuziosamente ogni gesto e mimica facciale...
bellissimo, sono stato in adorazione dall'inizio alla fine.
RispondiEliminaun film così scalda il cuore, e non mi ha nemmeno infastidito il doppiaggio, che anzi qui sembrava abbastanza buono.
l'intuito di Kaurismaki per i volti, le "facce da cinema", è unico: personaggi splendidi.
Carmen, non perderlo, come dice Einzige, "scalda il cuore".
RispondiEliminaEinzige, è vero, sembrano facce che escono dai film francesi o italiani degli anni '50 o '60, mica facce di plastica.
quel ciliegio in fiore, rimarrà sempre con me.
RispondiEliminanon solo con te:)
RispondiEliminami è venuto in mente "Welcome" di Lioret, quello tragico, questo di Kaurismaki favolistico, hanno in comune un "messaggio", se esistono ancora, e cioè che disobbedire alle leggi ingiuste è giusto, sono film pericolosi per l'ordine costituito.
Ecco, ad esempio questo non mi è piaciuto granché. Quella leggerezza sentimentale tipica dei registi francesi, che di solito tanto mi piace, qua m'ha ammazzato. Eppure ho cercato di farmelo piacere a tutti i costi, se non altro perché c'era Darroussin, che adoro da quando ho visto Il mio amico giardiniere. Però niente. C'è anche da dire che forse non l'ho visto nel giorno giusto. Mi ricordo che non ero per niente di buon umore quel dì, ed ero anche un tantino cinica. :)
RispondiEliminaE comunque la teoria delle magre mi aveva fatto molto sorridere. :D
Eliminanon è un film per cinici, bisogna avere gli occhi e lo stupore di un bambino
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