venerdì 13 settembre 2024

Patagonia - Simone Bozzelli

Yuri e Agostino sono due ragazzi ai margini della società.

decidono di lavorare insieme e vivere insieme, e il loro rapporto è speciale, amore/odio, ricatti e punizioni.

Yuri è poco più di un bambino, si consegna ad Agostino e vivono in simbiosi, in quel camper di Agostino.

opera prima di Simone Bozzelli, attori bravi e convincenti.

cercatelo, da non perdere.

buona (tormentata) visione - Ismaele

 

 

 

Patagonia è un esordio composto e sentito. Si attiene al restare aderente a questi due corpi che sussistono l’uno sull’altro, non fa il passo più lungo della gamba e per il momento è giusto così. Sottolinea un po’ qua e là, si accerta di specificare l’assorbimento totale a una condizione insostenibile. Ma funziona e introduce al palcoscenico un nuovo talento che sarà interessante seguire da qui in poi.

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Patagonia ricorda una fiaba inversa e macabra, dove punizioni e ricompense sono estreme e le regole non sono quelle universali. 

 

Tra i due protagonisti aleggia la figura di un Peter Pan inedito e spaventoso, come le dinamiche di rapporti in cui non si scorgono gli estremi: tra la mancanza di empatia di Yuri e l’unica relazione sana che Agostino sa instaurare - quella con i bambini, soprattutto con il figlio dell’amica Alma di cui si prende cura ogni giorno con rigore - l’unica cosa che può salvare il rapporto dalla subalternità, la gabbia in cui ci si è imbattuti, è la maturità delle scelte. 

Simone Bozzelli affronta in Patagonia temi mancanti nella cinematografia contemporanea, e lo fa benissimo: la normalità estranea al buon pensiero, lo sporco e lo schifo, la decisione sbagliata, i rapporti non definibili (ma lontani dall'amore)…

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Tutto è però propedeutico a quel che sarà: Per Ago, che con il fuoco tenta di alleggerire il peso dell’esistenza e delle relazioni senza riuscire a liberarsi delle radici che rispuntano nel suo sogno di libertà, per Yuri, che abituato a dipendere da qualcuno e a non essere abbastanza conquista gradualmente la forza di decidere da solo di voler subire anche le punizioni più ingiuste, e per gli spettatori. Che il film sottopone a diverse prove – molestie fisiche e psicologiche comprese – prima di ricompensare con un finale che giustifica le vessazioni, la perdita della speranza, dell’innocenza, il rischio di esser passati dal vivere rinchiusi in una famiglia tradizionale a un camper malmesso. Per una volta, la scuola della strada – e dell’arte di strada – tanto citata a sproposito dal popolo della rete, acquista corpo, e dignità. E offre spunti di riflessione sui concetti di libertà e dipendenza, anche nella fissità esasperata di certe sequenze, nell’accettazione del dolore e del male come reagente o dell’attesa di un Godot che stavolta potremmo essere noi.

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Patagonia è un film crudo, onesto nella sua “disonestà”, passionale e glaciale, tanto “corretto” quanto “scorretto”, un lungometraggio i cui protagonisti sono “santi” e “demoni” che siedono insieme in un “pezzo” di mondo, arcadico, aspro, selvatico. Yuri e Agostino, Andrea Fuorto e Augusto Mario Russi, vivono una relazione che mangia il cuore e consuma il fegato: prevaricazioni, abusi, perimetri asfissianti costruiscono una gabbia che sembra allontanare dal senso di sopravvivenza; sembra saccheggiare un’identità già isolata.. già smarrita nella profondità dell’umanità di un rapporto di dipendenza che assume i contorni di un reciproco tossico, distruttivo.  

Simone Bozzelli denuncia un romanticismo puritano, tratteggiando una narrativa difficile e contrastante. Fatalità e fatalismo sono gli elementi dissacranti in una storia che si suicida sul sipario dell’etica e della moralità. Un film che necessita più punti di vista, ripetute visioni, osservazioni ossessive per delineare la grandezza e la cura impeccabile del lungometraggio che rendono Patagonia un film che affina la sperimentazione cinematografica nell’epoca della sua stessa desertificazione…

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Attorno alla presa di coscienza del giovane Yuri, che fin lì ha vissuto una vita nell'abbraccio ovattato e stringente di una famiglia dai contorni imprecisati, Bozzelli riesce soprattutto a evocare un mondo distinto di giovani che, in un Abruzzo svuotato e soporifero, vivono nella loro versione di una società alternativa. Agostino, che preso da solo con il suo camper e il lavoro con i bambini sembrava un esemplare unico, è in realtà parte di un sistema che si apre agli occhi di Yuri e inizia a presentargli delle scelte che il ragazzo non ha mai avuto prima.
Nel rapporto tra i due sta la sostanza dell'opera, che indaga come nascono i rapporti di potere, la dipendenza, la proiezione del proprio desiderio su quello dell'altro. Gli animali e le gabbie sono un motivo ricorrente, la corrente omoerotica e sentimentale è forse lasciata a un'eccessiva ambiguità, ma c'è del rigore autentico nel modo in cui Bozzelli mette in fila le piccole manipolazioni di Agostino, dotato di un istinto innato nel capire cosa l'altro è disposto a cedere per poi prenderselo col sorriso.

L'esordiente Augusto Mario Russi ha il giusto carisma per renderlo verosimile, e soprattutto sembra avere una conoscenza intima e naturale del milieu in cui si muove la storia. Il lavoro a quattro mani trova nel protagonista Andrea Fuorto un valido contraltare, più costruito, che delinea una condizione infantilizzata ma lentamente ricettiva alle esperienze del mondo, di cui si prende il bene come il male…

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