mercoledì 5 agosto 2020

First Reformed - Paul Schrader

i film di Paul Schrader hanno un'aura di classico.

è un film morale, nel quale le scelte non sono semplici o innocenti.

c'è un peso da portare, da sostenere, e ciascuno deve fare la sua parte.

Ethan Hawke, il reverendo Toller che scrive il diario, è da premio Oscar, senza dubbio.

è tormentato, e poi si scopre perché.

e l’offesa continua e irreversibile al mondo e alla natura è terribile e a suo modo anche Toller prende posizione.

un film da non perdere - Ismaele

 

 

 

 

urgenza che vibra nelle immagini di First Reformedfilm in cui il regista avvera l'appuntamento a lungo rimandato di rifare il proprio personale Diario di un curato di campagna dell'amato e ammirato Bresson. Quella che compie padre Toller è un'avventura mistica sul cammino dell'agonia di Cristo, rosa dalla doppia tentazione del dubbio e della disperazione, del tutto simile a quella vissuta dal curato di Ambricourt. Come lui si impone l'esercizio della scrittura, attraverso il quale fissare indelebilmente il proprio travaglio, nel quale si lega intimamente il dolore fisico, anche qui causato da un cancro allo stomaco, alla sofferenza morale, conseguenza di un duplice sentimento, quello della solitudine sociale e dell'abbandono di Dio.

Parafrasando il Borges di Pierre Menard, Schrader non vuole però comporre un altro Diario ma il Diario. Inutile specificare che egli non ha mai pensato a una trascrizione meccanica dell’originale: il suo proposito non è di copiarlo. La sua ambizione è quella di “farlo”. Quello a cui il regista si arrischia è un processo di “mimesi assoluta”, di “transustanziazione”, cioè, d'identificazione totale con il suo autore di riferimento. Schrader non vuole raggiungere l'obiettivo diventando Bresson; egli rinuncia a questo approccio. Invece, vuole rimanere Schrader e arrivare al Diario attraverso le proprie esperienze…

da qui

 

Il gesto del singolo si rivela necessario per superare l’orizzonte del dominio del nulla nella realtà. Una prospettiva quasi cristologica che, più che all’onnipresente Travis Bickle di Taxi Driver [id., Martin Scorsese, 1976], apparenta il reverendo Toller di First Reformed al protagonista di un grande e purtroppo sottostimato film sceneggiato da Schrader negli anni Settanta: Rolling Thunder [id., John Flynn, 1977]. 

Ma come superare l’ambiguità di una pulsione all’autodissoluzione che si trasforma in fondamentalismo? Non basta più, come ai tempi di American Gigolo, il riconoscimento salvifico – bressoniano – della grazia. Ancora una volta, il sacro raggiunge la concretezza di una dimensione materiale e tangibile, manifestandosi attraverso la riscoperta dell’amore terreno. L’amore carnale, in questo senso, supera la sua condizione di surrogato dell’amore spirituale per diventare contemporaneamente strumento di riscatto personale e antidoto alla “malattia” del mondo (di cui la malattia del protagonista è una sorta di succedaneo). 

Attraverso una sorta di rituale mistico-trascendente – quasi suggellando il sogno di Mishima d’imprigionare nella forma il flusso “energetico” della vita – Toller e Mary (due nomi probabilmente non casuali: se l’ascendenza biblica del secondo è più scontata, il primo rimanda evidentemente al noto scrittore e rivoluzionario tedesco morto suicida Ernst Toller9) trovano una sorta di riconciliazione tra l’uomo e il mondo attraverso il contatto dei corpi.

Più espressionista (il suo è un cinema denso di simboli che riscrivono la superficie del reale per ritrovare la profondità di un’indagine spirituale) che barocco, Schrader sonda il mistero dell’animo umano superando qualunque determinismo di natura autobiografica e religiosa. La fede diventa apertura all’imprevisto, alla riscrittura di se stessi come gesto rivoluzionario necessario per abbracciare il mondo. Non distruggerlo. 

In First Reformed convergono, originando una sorta di dialettica problematica, molte delle ossessioni di Schrader: la dimensione della religione e quella della scienza («il cancro non è una malattia così pericolosa come una volta» – dice il medico durante la visita a Toller), il corpo violato dalla sofferenza e una trascendenza raggiungibile attraverso l’azione e il silenzio (torniamo, ancora una volta, ad American Gigolo, vero e proprio testo archetipico del cinema schraderiano)…

da qui

 

Da sempre autore impegnato a districarsi tra le asfissianti maglie dell’inquietudine e del dubbio, Paul Schrader realizza uno dei suoi film forse più estremi e meno classificabili, mettendo in gioco il marcire dell’essere umano (il cancro che progressivamente divora dall’interno il reverendo) e l’inevitabile catastrofe ambientalista che metterà a breve la parole fine sul nostro pianeta, contrapponendo a questo il senso della Parola, della fede, come ultimo baluardo di speranza.

Riflessione spirituale e spiritualità ecologista, messa in scena geometrica e mercificazione della fede, trip visionario (quella del Magical Mistery Tour è una scena tanto trash quanto poeticamente commovente) e ascetismo vagamente fondamentalista, First Reformed è un film a suo modo controverso e miracoloso, disperato e pieno d’amore. Quel che è certo, difficilmente dimenticabile.

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Molto meno direttamente incentrato sul cinema rispetto a The CanyonsFirst Reformed, si interroga però con forza su un problema tutto connesso al ruolo dell’autore (cinematografico o meno) quale è quello della superbia. È da essa in fondo che proviene ogni forma di espressione umana, dalla scrittura ai film, e ancor più protervo è proprio l’atto della preghiera poi, che si pone l’obiettivo di comunicare nientemeno che con Dio.

Vero e proprio atto di fede verso il suo cinema e di devozione verso il suo attore (mai Ethan Hawke è stato trattato con tali amorevoli cure, in grado di farne emergere tutto il talento), First Reformed si pone (e ci pone) inoltre un problema fondamentale: ci avviciniamo di più al divino quando proteggiamo ciò che ci è stato affidato – la Terra, come il nostro corpo – o quando, con la superbia di accostarci al Dio del Vecchio Testamento, puntiamo a distruggerlo?
La risposta è semplice e Schrader la affida alle parole della preghiera di un profeta tutto americano:

Protect the wild
Tomorrow’s child
Protect the land
From the greed of man
Take down the dams
Stand up to oil
Protect the plants
And renew the soil
Who’s gonna stand up and save the Earth?
Who’s gonna say that she’s had enough?
Who’s gonna take on the big machine?
Who’s gonna stand up and save the Earth?
This all starts with you and me!
Proteggi la natura
Bambino di domani
Proteggi la terra
Dall’avidità dell’uomo
Abbatti le dighe
Ribellati al petrolio
Proteggi le piante
Rinnova il terreno
Chi vuole ribellarsi e salvare la Terra?
Chi vuole dire che ne ha avuto abbastanza?
Chi vuole prendere parte alla grande mobilitazione?
Chi vuole ribellarsi e salvare la Terra?
Tutto dipende da me e da te!
Neil YoungWho’s gonna stand up and save the earth.

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…Nel complesso, First Reformed sembra pertanto rientrare in quella tipologia di film dallo stile trascendentale da Schrader stesso teorizzato. A tal proposito, il film del regista americano adotta, come lui stesso l’ha definita ironicamente, «la tecnica della noia»: invece di riempire la propria opera di momenti ricchi di azione, in cui in ogni istante sembra accadere qualcosa, decide invece di ricorrere all’utilizzo di numerosi tempi morti. Così, Schrader tiene costantemente sulle spine lo spettatore con il ritmo lento del suo film, con il suo indugiare su elementi che a prima vista potrebbero non sembrare importanti, con il minimalismo sonoro delle composizioni di Lustmord, per poi colpirlo e lasciarlo spiazzato con l’impatto dell’inatteso: uno stile trascendentale come arte del disorientamento e della libertà ultima, sia per i personaggi del film sia per lo spettatore stesso.

Tutto questo sarebbe tuttavia risultato vano se a trainare First Reformed non ci fosse stata una grande prova attoriale di Ethan Hawke, tra le migliori della sua carriera. Attraverso la sua metodica performance, Hawke ci restituisce un reverendo Toller estremamente segnato dalla tragedia che lo ha colpito e che sente di avere in parte causato. Toller è una figura che non riesce più ad assegnare al suo ruolo di rappresentante della sua religione un significato ben preciso, tormentato dalla consapevolezza che la realtà sia fuori controllo e che l’uomo sia incapace di mettere un freno alla sua pleonexia. In qualche modo, Toller sente che forse, in virtù del ruolo stesso che riveste, può dare un segnale in tal senso all’umanità, ma la domanda fondamentale per lui diventa presto se seguire il proprio stato naturale o se cercare di mettere un freno alla pulsione distruttiva che ha da tempo sopito e che sta ora cercando di prendere il sopravvento.

In ultima analisi, First Reformed è un’operazione singolare, un tentativo coraggioso di portare sullo schermo una tipologia di forma e di stile cinematografico che ormai è difficile da vedere con frequenza nelle sale. Un tentativo che, a conti fatti, appare come decisamente ben riuscito.

da qui

 

Interpretato da un dolente Ethan Hawke, il personaggio di padre Toller è inoltre omonimo del drammaturgo tedesco, rivoluzionario ma pacifista, Ernst Toller, che nel 1939 si suicidò proprio a New York all’età di quarantasei anni, la stessa del protagonista del film di Schrader. Alla pene umanistiche e sociali che soffrì lo scrittore, Schrader aggiunge le angosce teologiche peculiari di tanto suo cinema, suggellate da una citazione delle sacre scritture: “è arrivato il momento di giudicare i morti, di dare il loro premio ai tuoi servi, ai profeti, ai santi, a quelli che temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di distruggere quelli che distruggono la terra” (Apocalisse di Giovanni 11,18).

Dal punto di vista registico, Schrader realizza un’opera visivamente compatta e convincente con una messa in scena alquanto austera e consapevole che deve molto alla fotografia di Alexander Dynan e anche a un certo cinema nord-europeo, classico e non solo: Schrader ha peraltro affermato di avere deciso di realizzare questo film dopo aver incontrato Paweł Pawlikowski, l’autore polacco del film Premio Oscar 2015 come miglior film straniero, Ida (2013). La regia di Schrader, con pochi movimenti di camera e una grande attenzione ai dettagli, permette allo spettatore di abitare tutti gli ambienti in cui si svolge la prima parte del film. Nella seconda, non manca poi qualche incursione nel gore, già frequentato dall’autore, e si può forse anche cogliere un ammiccare al più recente cinema di Terrence Malick, nutrito qui da un nichilismo che prevede però tanto l’olocausto di sé quanto l’ira vendicativa; e con un finale che invita al dibattito appena terminata la proiezione.

da qui

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