giovedì 1 agosto 2019

Funtaneris. Sulle strade dell’acqua - Massimo Gasole

il documentario nasce da un lavoro che il prof. Marco Cadinu porta avanti da molti anni (https://www.fontanedisardegna.eu/), lo studio delle acque e dei modi di raccoglierle, in tutti i comuni sardi.
è un film di viaggio (on the road), in macchina, toccando solo alcuni paesi.
e le fontane sono dei monumenti sacri, per tutti gli usi degli abitanti, approvigionarsi di acqua da bere, luoghi d'incontro e di dialogo, abbeveratoi, lavatoi, e, perché no, anche fare un bagno.
qui se ne possono vedere alcune in 3D
la colonna sonora, canzoni blues, e perfetta per il film.
se vi capita non perdetelo, bevetene tutti - Ismaele




Estate 2018, due architetti e un fotografo intraprendono un viaggio nell’entroterra della Sardegna alla ricerca dei custodi delle storie e delle tradizioni legate alle architetture dell’acqua. Fontane, lavatoi, abbeveratoi, pozzi… piccoli e grandi oggetti preziosi di pietra, calce e acqua. Simboli di legami, di progresso, potere e civiltà. Centri attorno ai quali nascevano non solo le città ma anche storie d’amore, discussioni politiche, leggende. Luoghi sacri, dove ristorarsi per un momento o dove si raccoglieva l’acqua durante la mietitura, di cui lentamente si va perdendo la memoria, su cui fermarsi ancora a raccontare.

Nonostante il budget minimo, hanno girato uno dei documentari sardi più belli e originali degli ultimi anni. ‘Funtaneris’ risulta una sorta di ‘on the road’, un viaggio in macchina attraverso una Sardegna sorprendente nei paesaggi e nei luoghi di pietra e di acqua. Così, vediamo, sin dalle prime scene, Cadinu guidare e raccontare la sua idea di conservazione dell’architettura del piccolo, ma anche la bellezza dei luoghi, l’antica affezione della comunità verso la risorsa acqua, mentre le riprese dal drone,  ci mostrano panorami penetrati da torrenti, pozzi, applicazioni idrauliche, archeologia dell’industria agro-pastorale. In questo viaggio si incontrano i fruitori delle fontane: quasi sempre si tratta di anziani che raccontano come, attorno a lavatoi e abbeveratoi, ci si riunisse, si discutesse, a volte, nascessero persino storie d’amore. Non sono interviste piatte e passive: gli uomini e le donne che decidono di parlare alla troupe lo fanno per amore della propria cultura, del ricordo delle madri, dei padri, dei nonni, dei concittadini diventati ombre, ma capaci di rivivere vicino a quei piccoli monumenti, simboli concreti della comunità a cui ancora si appartiene.
Durante le interviste, vengono, in alcuni casi, mostrate foto d’epoca, che riportano al tempo in cui l’acqua era un bene prezioso, ma sottintendeva anche fatica e sacrificio. In questo senso si evocano le donne di Nuragus, le quali percorrevano tre chilometri a piedi con le loro anfore in testa per andare a prendere l’acqua pura e fresca della fonte di Nurallao. Oppure, davanti al bellissimo lavatoio di Villacidro (un luogo fondamentale nel ‘Paese d’ombre‘ di Giuseppe Dessì, di cui nel film viene letto un brano) è facile immaginarsi le donne, arrivate di buon mattino, mentre si sceglievano il posto migliore per lavare i panni, cantare o mormorare i pettegolezzi del paese. Come afferma Cadinu, mentre chiacchiera con una villacidrese, la quale evoca aneddoti del passato, forse in quel lavatoio dovrebbe scorrere, di nuovo, l’acqua e magari diventare un luogo di incontro oppure di gioco per i più piccoli.
Si può poi rimanere stupiti di fronte alla fontana Grixoni di Ozieri, e nei suoi ‘sotteranei’ ammirare la struttura idraulica medioevale, e, come vien detto nel film, è “come incontrare un dinosauro ancora vivo”. La risorsa acqua, dunque, può trasformarsi pure in cultura popolare. Si pensi, a questo proposito, all’attribuzione di capacità medicamentose di alcune sorgenti e fontane. Acque che curavano gli occhi, gli arti, persino la rogna, per quanto alla ‘fontana della rogna’ di Sassari, nel 1600, cambiarono il nome in ‘fontana delle Conce’, perché, ormai, quella caratteristica farmacologica era considerata mera superstizione. In Sardegna sono presenti anche le fontane moderne, o meglio, quelle pensate e realizzate da artisti del novecento, come quella di Maria Lai e Costantino Nivola a Ulassai o, a Orani, proprio nel museo Nivola, il bellissimo lavatoio, che si vede nel film ripreso dal drone. Durante il viaggio sulle strade dell’acqua, può capitare di trovare altri gioielli artistici, dal Nuraghe di Sant’Antine alla Chiesa di San Pietro di Sorres. Un elemento, infine, capace di rendere ancor più accattivante il documentario è l’uso della musica. Per raccontare con efficacia questo percorso tra i luoghi sardi, non è necessario commentare con sonorità folcloristiche: la scelta del jazz, del blues, della musica berbera contemporanea riempie le immagini di un afflato d’avventura, di melanconia e, nello stesso tempo, di solarità, contemporaneità e classicità…

Cosa vi aspettate da questo progetto filmico?
Cadinu: Spero che le fontane diventino nell’immaginario collettivo e popolare dei paesi una piccola bandiera culturale della loro condizione civica, storico-artistica, perché, attraverso le fontane, si può leggere, come in un’analisi fatta bene, la storia della civiltà di un insediamento. I paesi che sono riusciti a mantenere intatti questi piccoli monumenti sono quelli che vantano un rilevante equilibrio civico e anche economico. Spero di vedere citate le fontane nei siti della Sardegna, oltre i nuraghi, per esempio, insomma dare spazio a queste opere d’arte, ancora non riconosciute.
Gasole: Semplicemente, mi auguro che gli spettatori salgano in macchina o in corriera e vadano a vedere le fontane che abbiamo filmato. L’architettura può regalare la felicità; tale bellezza può, in un certo senso, cambiarti la vita. Mi piacerebbe, dunque, che gli spettatori del film facessero un viaggio nei luoghi mostrati, alcuni posti magari poco conosciuti della nostra Sardegna…
da qui

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