lunedì 28 gennaio 2019

La Donna Elettrica (Woman at War) - Benedikt Erlingsson

solo uno che ha studiato nella scuola Radio Elettra poteva pensare a un titolo così, in tutti gli altri paesi il titolo è Una donna in guerra, o qualcosa del genere.
nonostante il pessimo titolo italiano il film è davvero bello.
è un film politico ed etico, il mondo sta andando sempre peggio, Halla non gira la testa dall'altra parte e compie azioni di sabotaggio, e poi c'è una bella sorpresa, e un cugino davvero fraterno, e una musica che non è la solita colonna sonora, ma è dentro il film, un turista sudamericano in bicicletta sfortunatissmo e tante altre cose, serissime e con il poco conosciuto umorismo islandese.
un film da non perdere, per i miei gusti, poche copie al cinema, solo una decina, ma provate a cercarlo lo stesso, non ve ne pentirete - Ismaele




Erlingsson scrive e dirige una storia tutta al femminile, nella quale il fisico e l'intensità espressiva di Hallora Geirharðsdóttir sono protagoniste assolute, addirittura raddoppiate dall'espediente narrativo della gemella di Halla, interpretata dalla stessa attrice. Ma la questione femminile è anche interna al racconto, nel richiamo della maternità, nelle metafore del ventre della terra, nel patto che lega le due sorelle e anche nella solitudine dell'impegno della protagonista, che però arriva allo spettatore in forma divertente e sentimentale, tra cellulari nascosti nel freezer, cugini di campagna, automobili dai colori improbabili e accanimento delle istituzioni e del destino contro un povero turista sudamericano.
Piccola anticommedia della contemporaneità, imparagonabile alle punte cinematografiche di un Kaurismaki o di un Roy Andersson (per restare a Nord), La donna elettrica è in ogni caso una visione salutare e gradevolissima, che, sotto la confezione leggera, fa la sua dichiarazione al mondo attraverso il megafono del cinema, con modi garbati ed evitando di prendersi troppo sul serio, lasciando quel genere di serietà, drammatica e alla fine inutile, al vociare indistinto della televisione. In questa operazione, di sdrammatizzazione da un lato ed eleganza del tocco, dall'altro, ha un ruolo fondamentale il disegno sonoro del film, sofisticato ed elettrizzante, con la messa in scena ritmica ed umoristica del trio di musicisti.

La donna elettrica soffia così un po’ di spirito ribellistico, d’idealità utopica, di adrenalina della rivolta, come tanto cinema liberal anni settanta, in questa epoca di paure minimali tra spread e punti decimali del deficit. Giusto è così lasciare scritto ai posteri uno stralcio della rivendicazione di Halla dopo aver tirato giù cinque piloni dell’elettricità: “Chiedo a tutti di insorgere e utilizzare il loro ingegno per danneggiare queste imprese. L’unica cosa che questi psicopatici delle aziende multinazionali riescono a comprendere. È così che agiscono, minacciando e sabotando la natura e la società. Il sabotaggio contro la natura ha causato il riscaldamento globale. È un crimine contro l’umanità e contro la vita tutta. Siamo l’ultima generazione che può far cessare le guerre contro il nostro pianeta. I nostri figli e nipoti non potranno farlo. Dobbiamo muoverci ora. È la nostra missione”.

…Malgré sa grande propension à se débrouiller seule, elle est néanmoins assistée par un "éventuel" cousin, mais aussi involontairement aidée par un cyclotouriste sud-américain qui se trouve toujours au mauvais endroit, au mauvais moment. Ce personnage secondaire (déjà présent dans le premier film de Benedikt Erlingsson "Des chevaux et des hommes") est continuellement suspecté par les autorités d'être un migrant ou un terroriste. Malmené, il est au final toujours libéré accompagné d'un cynique « Welcome to Iceland! »
Un double discours qui montre bien toute l'ironie de la situation actuelle. Le changement climatique est déjà dangereusement engagé et les autorités mettent tout en œuvre pour neutraliser celles et ceux qui cherchent à enrayer le processus. Certes, Halla ne lésine pas sur les moyens mais la cause est noble et l'urgence bien réelle. Truculente comédie parfaitement orchestrée, "Woman at War" apporte ainsi sa pierre à l'édifice en distillant, telle la petite musique de trois musiciens désinvoltes qui vous suivraient partout, ce message simple mais essentiel : « Notre terre est précieuse, préservons-la ! »

le personnage féminin, hors-la-loi, d’emblée sympathique malgré ses prises de positions extrêmes, va se révéler être une mère plus que parfaite (elle a adopté un enfant qui vient bouleverser  ses plans terroristes) et surtout une héroïne façon Rambo qui va provoquer le gouvernement islandais et l’aciérie pour l’empêcher de signer des contrats avec la Chine.
Remarquablement écrit, mise en images avec un talent certain (il faut dire que les paysages islandais sont un personnage en soi), très bien interprété, KONA FER I STRIO (Woman at War) est un film drôle, satyrique, décalé tout en étant en phase parfaite avec son temps!

Sembra di esser perennemente catapultati in un quadro a tinte fredde, controbilanciato dal calore umano degli interpreti. Il regista si diverte a sconquassare l’animo dello spettatore, facendolo sussultare fra diverse emozioni: si passa dall’azione alla passione, dalla concretezza alla voluttuosità, dal serio al faceto, dal cinismo alla sensibilità.

Questo reiterato passaggio da uno status emozionale all’altro impone una scelta capillare di toni e registri scenici, si punta molto sul ritmo confidando nell’adesione del pubblico. L’Islanda diventa un ipotetico palcoscenico, dove Erlinggson condivide una visione del mondo: una particolare prospettiva di vita che non porta con sé la pretesa di essere capita, ma si concede alla vista dei più in maniera distinta.

Nessun commento:

Posta un commento